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Pil, rivista al rialzo stima Def: +3,3% nel 2022

I dati della Nadef prevedono per il 2023 una crescita dello 0,6%, in forte ribasso dal precedente 2,4%

Consiglio dei ministri che ha approvato la nota di aggiornamento al Def. È stata rivista al rialzo la stima tendenziale sulla crescita del Pil in Italia nel 2022: dal 3,1% previsto ad aprile, la Nadef è passata al 3,3%. Il dato viene rivisto, viene spiegato, grazie alla crescita superiore al previsto registrata nel primo semestre e pur scontando una lieve flessione del Pil nella seconda metà dell’anno.

Non altrettanto buone le previsioni per il 2023: secondo le nuove stime, la crescita il prossimo anno sarà solo dello 0,6%, un forte ribasso dal 2,4% precedente. 

Nel 2023 deficit al 3,4% del Pil

Per il 2022 si stima un rapporto deficit/Pil del 5,1%, un livello inferiore all’obiettivo programmatico del 5,6% definito nel Def e in netto calo dal 7,1% registrato nel 2021. Un’ulteriore decrescita è prevista il prossimo anno: 3,4% contro il 3,9% posto come obiettivo ad aprile. Anche il rapporto debito/PIL è previsto in netta discesa quest’anno, al 145,4% dal 150,3% del 2021, con un ulteriore sentiero di calo negli anni a seguire fino ad arrivare al 139,3% nel 2025.

Nella prefazione alla Nadef il ministro dell’Economia Daniele Franco ha scritto che “si continua a prevedere che il tasso di inflazione cominci a scendere entro la fine di quest’anno” e precisato: “Le prospettive economiche appaiono, tuttavia, meno favorevoli. Nei mesi estivi si sono registrati un peggioramento della fiducia delle imprese e una flessione di diversi indicatori congiunturali, tra cui l’indice della produzione industriale. L’economia globale e l’economia europea sono in marcato rallentamento“. I segnali di possibile inversione del ciclo economico espansivo sono ascrivibili a due ordini di fattori, ha spiegato: “Il primo è l’aumento dei prezzi dell’energia, dovuto non solo alla ripresa della domanda mondiale, ma anche e soprattutto alla politica di razionamento delle forniture di gas naturale all’Europa intrapresa dalla Russia già l’anno scorso e poi inasprita dopo l’aggressione all’Ucraina, anche in risposta alle sanzioni dell’Unione europea”.”La seconda causa di rallentamento della crescita globale, strettamente legata alla prima, è l’aumento del tasso di inflazione“, ha aggiunto. E concluso: “Il rialzo dei tassi rende più complesse le prospettive economiche, anche per via della rapidità con cui è stato attuato. Avrà un impatto depressivo sull’attività economica e sui mercati immobiliari“.

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