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Plateroti: «Dietro la crisi del mondo finanziario il fallimento delle banche centrali»

Banche troppo esposte al rischio, regole finanziarie che vengono puntualmente allentate, politiche monetarie restrittive e un contesto internazionale complicato sono gli ingredienti principali dei recenti scossoni in ambito bancario. Il clima deteriorato a causa della guerra in Ucraina sta avendo pesanti ripercussioni sui sistemi finanziari occidentali. Le sanzioni americane contro la Russia, e in parte anche contro la Cina, hanno dato vita ad un meccanismo che non incentiva i soggetti esteri ad investire nei nostri sistemi finanziari dato che temono, nel caso la situazione geopolitica peggiorasse ulteriormente, di vedersi congelati i patrimoni. “Quello che prima era un ruolo di supporto delle banche centrali asiatiche e dei paesi emergenti ora non c’è più. Si stanno tagliando fuori, dal mercato dei titoli di stato, dei compratori che sono importantissimi per questioni politiche”, spiega Alessandro Plateroti, Direttore di Notizie.it.

Svb, First Republic Bank, negli Usa, e poi Credit Suisse e Deutsche Bank in Europa: ci troviamo all’inizio di una crisi sistemica?

«No, non siamo sull’orlo di una crisi sistemica ma è sicuramente l’ennesima crisi di un sistema che nel bene o nel male, per quanto si sia tentato di regolare, è sempre un passo avanti alle Autorità di vigilanza. Un passo avanti che deriva dall’estrema difficoltà di tracciare un mercato finanziario sempre più sofisticato ma soprattutto perché il quadro delle regole che viene fatto viene puntualmente smontato. E’ il caso di questa crisi. L’elemento più dirompente in America, iniziato con Svb e First republic Bank, è stato proprio un’allentamento delle regole, dopo la stretta che era stata fatta in seguito alla crisi della Lehman Brother. Continua ad essere un sistema (quello americano, ndr) anarchico nella sua gestione e che costringe le Autorità a prendere decisioni, che da una parte, cercano di placare gli animi, ma dall’altra continuano a dare segnali sbagliati al mercato: ogni salvataggio è quasi un incentivo a ripetere lo scandalo».

E in Europa, come possiamo inquadrare le crisi di Credit Suisse e Deutsche Bank?

«Per le crisi europee c’è una situazione diversa perché, per quanto riguarda Credit Suisse, avevamo sicuramente una crisi annunciata. In Svizzera c’è un grave problema con le Autorità di vigilanza. L’intervento su Credit Suisse è stato fatto tardi. Da diversi anni la banca aveva problemi sotto il profilo della governance e della redditività e diciamocelo, cambiare 3 amministratori delegati in 4 anni è troppo per una banca di quelle dimensioni. L’effetto contagio con Credit Suisse si è poi andato ad abbattere sulla situazione più debole, ma simile, all’interno dell’Ue, ovvero Deutsche Bank. Il mercato si è reso conto, già con il caso di Svb, che tutti quegli impegni a moderare le cartolarizzazioni e la frammentazione del rischio, che avevano portato la crisi del 2008, sono continuati ad andare avanti. Nel caso di Deutsche Bank l’effetto contagio è stato la pericolosità del bilancio. D’altra parte è tipico dei mercati finanziari, nei momenti di grandi tensioni, andare a colpire le banche che rappresentano il modello di rischiosità più elevato e Deutsche Bank ne è l’esempio».

In Svizzera la situazione Credit Suisse è stata risolta con un matrimonio (poco convito) con Ubs. Le unioni, nel mondo della finanza, non sono sempre semplici: cosa ne pensa di questa?

«Ubs è vero non voleva farla, ma le condizioni a cui alla fine ha detto sì sono drammatiche; ci sarà una ristrutturazione draconiana di Credit Suisse. Fare ordine non dovrebbe essere così complesso per Ubs e poi ottiene delle quote importanti di mercato in settori chiave della finanza, come quello dell’investment banking e dei titoli di stato, dove Credit Suisse era molto forte. Certo, in questa unione, tutte le regole dell’antitrust, ancora una volta, sono sparite. La concentrazione tra le due banche è una chiara violazione delle norme».

Non pensi possa creare un precedente negativo importante?

«Certo che lo crea. Questo dimostra però che le banche non possono fallire: Credit Suisse non è fallita; l’hanno venduta prima che lo facesse e così anche Svb che è stata rilevata dalla First Citizens Bank, prima che portasse i libri in tribunale. Continua la prassi del salvare le banche ad ogni costo”.

Le Banche centrali hanno giocato un ruolo importante in questa crisi, come giudichi il loro operato?

«Tutto quello che è successo questo anno è il fallimento delle Banche centrali. Sono arrivate troppo tardi nell’affrontare l’inflazione. Fino ad un anno fa dicevano che non era un problema e fatto sta che in 12 mesi l'aumento dei tassi, fatto solo dalla Fed, è stato del 1.800%. Le Banche centrali hanno dovuto inseguire l’inflazione alzando i tassi e dando, soprattutto, l’idea di voler continuare questa politica ad oltranza fino a quanto la situazione non fosse rientrata. Mossa che ha colpito e indebolito la capacità delle banche di fare la banca. Proseguire su questa strada continuerà a mettere tensione nel sistema bancario».