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Pmi, alt alle verifiche invasive. Caro ministro Urso, ribadisco il mio appello e le offro una soluzione

In foto Adolfo Urso (Imagoeconomica)

di Ninni De Santis*

Siamo a febbraio. quindi oltre 5 mesi dalla pubblicazione del decreto che offriva l’opportunità alle aziende che hanno utilizzato il bonus in R&S ex Industria 4.0 di scudarsi da verifiche invasive e spesso realizzate da personale (ADE o guardia di Finanza) poco esperta nella materia. Tale scudo lo si otterrebbe sottoponendosi ad una compliance realizzata da università e centri di ricerca pubblici e privati da trasmettere al Ministero per approvazione (con silenzio assenso) o diniego.

Questo naturalmente semplificherebbe la vita delle imprese che hanno utilizzato i benefici di legge ed esonererebbe lo stato dall’impegnare propri funzionari in controlli che hanno già portato ad innumerevoli contenziosi, indagini penali e processi basati su una norma quantomeno foriera di interpretazioni controverse , anzi a mia notizia sempre favorevoli al ricorrente a meno che esso non abbia posto in essere un comportamento fraudolento (leggasi false fatturazioni).

Avevo scritto a dicembre su questo giornale che anche a Siena la CTP ha dato ragione al contribuente che aveva utilizzato il credito di imposta in R&S ed a cui era stato contestato il famigerato criterio della novità non previsto dalla legge ed introdotto solo successivamente a valere dal 2020, avendo il legislatore splittato la misura in due categorie: quella di R&S (Manuale di frascati) ed Innovazione (manuale di Oslo).

Sono infatti numerosissime le sentenze che, nell’ambito di un contenzioso connesso al recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate del credito in R&S, danno ragione al Contribuente rispetto alle contestazioni sollevate dall’ente accertatore.

Come più volte evidenziato da varie ctp e da tributaristi di chiara fama il filone giurisprudenziale che si sta consolidando ammonisce il fisco in merito ad una serie di aspetti tra cui l’assenza di adeguate competenze tecniche ed il correlato mancato coinvolgimento dell’ex MiSe, l’erronea interpretazione dei manuali di Oslo e Frascati ante 2019 alla luce soprattutto dell’assenza di una traduzione giurata in lingua italiana fino al 2022 ed il pressoché automatico inquadramento delle violazioni nell’ambito della fattispecie di credito inesistente e non del credito non spettante, con i conseguenti rilevanti aspetti sanzionatori.

Molti giudici di merito hanno inoltre affrontato un ulteriore profilo critico sul tema relativo alle fonti di diritto che individuano la nozione di “innovazione”.

Sia la CTP di Roma che quella della CTR della Valle d’Aosta (sentenza 22/2022) hanno infatti rilevato che i documenti di prassi emanati dall’Amministrazione finanziaria fino al 2018 ai fini della corretta fruizione del credito, fanno riferimento al concetto di “Innovazione” così come definito dal manuale di Oslo che, a differenza di quanto rappresentato nel manuale di frascati non richiede l’apporto di un beneficio per una intera categoria economica.

In ossequio a quanto previsto dal manuale di Oslo sarebbe sufficiente che il prodotto (oggetto del progetto) sia nuovo o, in alternativa significativamente migliorato per la singola azienda e non per l’intero mercato.

Nella precedente sentenza n. 46 del Tribunale provinciale di Aosta, è stato sancito che ai fini della corretta fruizione del credito R&S, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa. Non deve, quindi, necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza.

La difesa del contribuente, opponendosi alla legittimità dell’atto impugnato, richiama l’art.3 del DL 145/2016 concernente gli investimenti in R&S, il quale ammette al beneficio fiscale in esame le attività consistenti in “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”. Il tribunale accoglie il ricorso riconoscendo che, dal tenore della norma richiamata, “deve trattarsi di innovazioni per il contribuente conseguenti all’adozione di conoscenze e capacità già esistenti che rappresentano un’innovazione per l’azienda”.

A suffragare tale posizione viene altresì richiamato il manuale di Oslo “che considera come requisito minimo, che il prodotto o processo sia nuovo (o significativamente migliorato) per l’azienda (non deve essere nuovo per il mondo)”.

Infatti solo a partire dal 2018 il MISE ha precisato che la fonte interpretativa per la corretta applicazione del Credito d’imposta R&S fosse il manuale di Frascati, mentre per l’ADE il riferimento al manuale di Frascati sarebbe stato implicito da sempre.

Sul punto i giudici di merito della valle d’Aosta rilevano che seppur la disciplina normativa sopravvenuta riguardi la medesima tipologia di investimenti non è possibile una applicazione retroattiva della stessa non trattandosi di una norma di interpretazione autentica. Infine in ragione della disciplina molto poco chiara e resa tale proprio da questi continui interventi discutibili interpretativi sia in ordine al perimetro di applicazione che in ordine alle modalità di determinazione del quantum agevolabile, i Giudici hanno statuito che le sanzioni potrebbero essere irrorate unicamente nei casi in cui il contribuente abbia posto in essere un comportamento fraudolento (leggasi false fatturazioni).

Sempre in queste sentenze si rileva che lo stesso è stato introdotto nella legge Transizione 4.0 a partire dal 2020 unitamente a quello di Oslo per l’innovazione, dando praticamente atto che fino al 2019 R&S ed Innovazione erano entrambe ammesse al contributo: infatti la distinzione tra le due aliquote è stata introdotta dal 2020.

L’appello che rivolgo nuovamente al ministro Urso, anche da rappresentante associativo, , è di emanare al più presto i decreti attuativi per l’utilizzo della certificazione Universitaria e invitare l’Agenzia delle entrate a sospendere i controlli per quest’anno cosi’ da permettere alle aziende di effettuare le operazioni di compliance con gli enti di ricerca preposti ed eventualmente utilizzare il riversamento entro la data al momento prevista a fine novembre 2023.

Siccome temo che tale ritardo sia dovuto alla individuazione dei requisiti che il controllore debba avere, sarebbe il caso di iniziare a concedere tale possibilità di controllo a tutte le Università pubbliche ed ai centri di ricerca pubblici che sicuramente hanno le competenze per valutare i progetti delle aziende (sicuramente molto di più dei funzionari ADE) e nel mentre far partire un bando per selezionare i soggetti privati.

Altrimenti continuerà questo gioco al massacro che vede tutti sconfitti.

Le aziende cha hanno creduto ad una norma dello stato e lo Stato che impiegando personale non adeguato a tali controlli fa loro perdere tempo ad imbastire recuperi e processi di dubbia consistenza.

*Vice Presidente ABIE/Confindustria Digitale