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Rapporti Stati Uniti – Israele sull’orlo della crisi

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto mercoledì il suggerimento del Presidente Joe Biden di “abbandonare” un controverso piano di revisione del sistema giudiziario, affermando che il Paese prende le proprie decisioni senza influenze esterne.

Lo scambio è stato un raro episodio di disaccordo pubblico tra i due strettissimi alleati e segnala il crescente attrito tra Israele e gli Stati Uniti in merito ai cambiamenti giudiziari di Netanyahu, che ha rinviato la riforma dopo le massicce proteste.

Alla domanda dei giornalisti su cosa spera che il premier faccia con la legislazione, Biden ha risposto: “Spero che se ne allontani”. Il presidente ha aggiunto che il governo di Netanyahu “non può continuare su questa strada” e ha sollecitato un compromesso sul piano che sta mettendo a dura prova Israele. Il presidente ha anche aggirato il suggerimento dell’ambasciatore statunitense Thomas Nides di invitare Netanyahu alla Casa Bianca, dicendo: “No, non a breve termine”.

Netanyahu ha risposto che Israele è sovrano e “prende le sue decisioni in base alla volontà del suo popolo e non in base a pressioni dall’estero, anche se a farle sono i migliori amici”.

Il gelido scambio di opinioni è avvenuto un giorno dopo che Netanyahu aveva deciso di fermare la controversa legislazione proposta dal suo governo “per evitare la guerra civile”, dopo imponenti proteste di massa sulle strade di Israele.

“Si spera che il primo ministro agisca in modo da cercare di trovare un vero compromesso. Ma questo è tutto da vedere”, ha detto Biden ai giornalisti mentre lasciava il North Carolina per tornare a Washington.

Netanyahu e i suoi alleati religiosi e ultranazionalisti hanno annunciato la revisione del sistema giudiziario a gennaio, pochi giorni dopo la formazione del loro governo, il più di destra nella storia di Israele.

La proposta ha fatto precipitare Israele nella peggiore crisi interna degli ultimi decenni. I leader del mondo degli affari, gli economisti più importanti e gli ex capi della sicurezza si sono schierati contro il piano, affermando che sta spingendo il Paese verso la dittatura.

Il piano darebbe a Netanyahu, che è sotto processo per corruzione, e ai suoi alleati l’ultima parola nella nomina dei giudici del Paese. Darebbe inoltre al Parlamento, controllato dai suoi alleati, l’autorità di annullare le decisioni della Corte Suprema e di limitare la capacità della Corte di rivedere le leggi.

Secondo i critici, la legislazione concentrerebbe il potere nelle mani della coalizione in parlamento e sconvolgerebbe l’equilibrio dei pesi e contrappesi tra i rami del governo.

Netanyahu ha dichiarato di “sforzarsi di raggiungere un ampio consenso” nei colloqui con i leader dell’opposizione iniziati martedì.

Yair Lapid, leader dell’opposizione nel parlamento israeliano, ha scritto su Twitter che Israele è stato l’alleato più stretto degli Stati Uniti per decenni, ma “il governo più radicale nella storia del Paese ha rovinato tutto in tre mesi”.