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Salvini-Meloni: uniti contro Putin ma divisi sulla lotta al prezzo dell’energia

Congelate per qualche giorno le polemiche sul governo. La premier in pectore ha condiviso con il ministro Cingolani gli sviluppi del vertice a Bruxelles. Nuovo rinvio al tetto del preso del gas. Passi avanti su un meccanismo “a forbice”. Lega chiede di fare “come la Germania”. La polemica con Jebreal

Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)

Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)

I referendum illegali di Putin compattano la maggioranza. La crisi del gas, invece, la dividono. Oggi Giorgia Meloni farà la sua “prima” uscita pubblica da candidata premier a Milano dove la Coldiretti ha riunito le forze per manifestare, anche, contro i rincari delle materie prime e l’inflazione che sta strozzando famiglie e produttori. “La mia priorità adesso è l’emergenza energetica non certo la squadra di governo” ha sto ieri sera lasciando gli uffici del gruppo parlamentare a Montecitorio. Il nodo Salvini, fuori o dentro governo, tutte ricostruzioni che ormai non vengono  più nemmeno smentite, ieri è sembrato almeno in secondo piano. Nei vari incontri e colloqui di giornata, quello più importante è stato con il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani impegnato a Bruxelles nel vertice straordinario dei ministri dell’energia. Il terzo da luglio ma anche quello di ieri senza grossi passi avanti sul fronte del tetto al prezzo del gas. Da oggi è previsto un aumento delle bollette pari al 59%. Vengono stimati numeri impressionanti. E’ evidente che così non è possibile andare avanti. E se la reazione unitaria e compatta dell’Europa continua a restare l’unica strada percorribile, per Draghi e anche per Meloni, la decisione della Germania di mettere in campo uno scudo di 200 miliardi per aiutare l’economia domestica e le famiglie irrita e preoccupa. Mancano ancora come minimo tre settimane alla nascita del governo, un arco di tempo che comprende ben altri due vertici europei (Praga in settimana, Bruxelles il 20-21 ottobre) e che certo non può passare invano. Draghi insiste nel chiedere una risposta europea - dal tetto al prezzo del gas alla tassazione degli extraprofitti  - e sulla stessa falsa riga si muove Meloni che ritiene inutile e sbagliato fare debito per andare a tamponare una falla - la speculazione - che deve prima di tutto essere riparata. Salvini, che ieri è stato ad Arcore per un incontro con Berlusconi, invece insiste nella richiesta di scostamento perché deve essere lo Stato a pagare le bollette “come succede in Francia e in Germania”. Ma ieri lo ha fatto con toni meno esasperati. Per dare seguito anche all’appello “all’unità” della premier in pectore.

Il braccio di ferro a Bruxelles

La Commissione europea e gli Stati, o almeno un quindicina di loro, continuano il braccio di ferro sul tetto al prezzo del gas per ridurre i costi dell'energia e alleviare il peso, sempre più insostenibile, su famiglie e imprese. Il Consiglio straordinario dei ministri dell'Energia si è chiuso con l’impegno di favorevoli e contrari (che temono rischi alle forniture) di continuare a lavorare e a limare le proprie proposte. Un punto d'incontro potrebbe essere un price cap a range (forbice o forchetta) che prevede un minimo e massimo del prezzo in modo da ridurre i costi senza però mettere a rischio la fornitura. “Continueremo il lavoro che abbiamo iniziato, in particolare un gruppo di sette-otto Paesi energivori. Contiamo di fornire entro questa settimana alla Commissione dei pilastri chiave che dovrebbero aiutarla a costruire una proposta legislativa accurata” ha annunciato il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani. “L'obiettivo - ha spiegato - è fare il cosiddetto 'peak shaving', tagliare i picchi. Evitare questa volatilità eccessiva che porta il prezzo del gas a variare in poche ore del 20%. Ma nello stesso tempo bisogna fare in modo che il prezzo non sia troppo basso da scoraggiare gli operatori, quindi la realtà è che discutendo un po’ con i principali Paesi si è pensato a un range tra un minimo e un massimo in cui ci possa essere sempre una variazione sulla base del mercato ma che non sia una variazione totalmente fuori controllo com’è adesso”. Una regolazione del mercato e non un vero e proprio tetto.

La Commissione si impegna a prendere in considerazione l'ultima limatura presentata dagli Stati. “Il price cap generalizzato è un'opzione legittima ma richiede un intervento radicale nel mercato che necessita di diverse condizioni non negoziabili che dovranno essere attuate prima che entri in funzione” ha spiegato Kadri Simson, la commissaria all’Energia. Una delle precondizioni “non negoziabili” messe sul tavolo dell'esecutivo europeo è “l'impegno vincolante ad una forte riduzione obbligatoria dei consumi di gas, ben oltre il 15% previsto dal piano attuale”. Questo perché una riduzione del prezzo porterà sicuramente ad un aumento della domanda che potrebbe superare di gran lunga l'offerta, portando quindi ad un'interruzione dell'approvvigionamento. Uno scenario che terrorizza la Germania, nemica del price cap. “La mia contro-proposta è sempre la stessa: chi mi dice cosa succede se non arriva abbastanza gas all'Unione europea?” ha fatto presente il ministro tedesco per l'Economia, Robert Habeck. “Finora mi è stato detto solo che la carenza sarà ridistribuita in tutta l'Europa. Ma questo non basta, rischia di portare la Ue al limite se non alla sua fine”.

Il “tetto” per l’elettricità?

Una mini apertura della Commissione riguarda la fissazione di un tetto al prezzo del gas per la formazione del prezzo dell'elettricità. Ma la differenza - tra il tetto amministrato e il prezzo di mercato - sarebbe a carico degli Stati. Come avviene già in Spagna, Portogallo e come avverrà anche in Germania grazie all’arrivo dei 200 miliardi. Berlino è molto criticata in queste ore. Peggio, accusata di rompere l’unità ritrovata ai tempi della pandemia e proprio nel momento in cui l’occidente e le democrazie hanno bisogno di avere l’Europa unita e compatta. “Non accettiamo critiche, altri l'hanno fatto prima di noi” ha replicato il ministro Habeck puntando il dito proprio Spagna e Francia. Paesi come l’Italia, con margini di manovra fiscale molto limitati per via del mastodontico debito pubblico, non possono fare come Francia e Germania. Tutti d’accordo, tranne l’Olanda, sulla necessità di intervenire sul Ttf, la borsa del gas di Amsterdam. Il modo potrebbe essere di sviluppare un indice dei prezzi Ue complementare che rifletta meglio la realtà energetica di oggi e non gonfi artificialmente i prezzi.

La condanna di Putin

Aggiornata in serata dallo stesso ministro sugli esiti del vertice di Bruxelles, Giorgia Meloni ha comunque dedicato la maggior parte degli incontri di giornata al dossier energia, materia non facile, con meccanismi di formazione del prezzo che vanno masticati bene per poi decidere come intervenire. Il rischio di iniziare a governare nel pieno di una tempesta perfetta è molto concreto. Di sicuro Fratelli d’Italia lo ripete in continuazione, un modo per mettere le mani avanti rispetto a decisioni che probabilmente scontenteranno e molto l’elettorato di destra che ha issato Meloni alla guida del governo. Sarà difficile. E servirà “unità d’azione tra i partiti della coalizione”. Ieri è arrivata, e non era scontata in questi termini, in relazione ai referendum “illegittimi” nelle quattro regioni ucraine e all’annessione ufficiale celebrata ieri in pompa magna da Putin in un cerimonia nella piazza Rossa.   Meloni ha condannato la dichiarazione di annessione alla Federazione Russa delle quattro regioni ucraine pochi minuti dopo la firma con cui Vladimir Putin l'ha formalizzata. Una “ulteriore violazione delle regole di convivenza tra Nazioni da parte della Russia conferma la necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali” si legge nella nota che sottolinea come “la visione neo imperialista di stampo sovietico” del presidente russo “minaccia la sicurezza dell'intero continente europeo”. Una nuova rassicurazione alle cancellerie straniere sul fatto che l'Italia non cambierà linea.

“Unità d’intenti” di Salvini

Poco dopo è arrivata la condanna anche di Salvini.“La Lega condanna fermamente ogni aggressione, annessione e minaccia nucleare. Il prossimo governo italiano dovrà lavorare con ancora più determinazione per la pace e il disarmo, al fianco delle democrazie e delle forze occidentali” si legge nella nota scritta da Matteo Salvini. Parole non scontate e utili per fare chiarezza circa le simpatie filo russe del leader della Lega. Utili soprattutto a mettere un po’ da parte le tensioni di questi giorni sulla formazione della squadra di governo. Ieri Salvini ha incontrato Berlusconi ad Arcore. Alla fine, ancora una volta, una nota ufficiale dal sapore del miele: “E’ stata ribadita massima comunità d’intenti con Giorgia Meloni: è necessario dare presto all’Italia un esecutivo compatto, di alto livello, capace di affrontare sfide complicate a partire proprio dall’emergenza originata dai prezzi record dell’energia".

Sembra essere scoppiata la pace. I toni sono quasi ecumenici.  Ieri Meloni è stata attaccata via social dalla giornalista Rula Jebreal che ha citato un articolo della stampa spagnola in cui si dava conto di una condanna per droga del padre di Giorgia Meloni. Padre che ha abbandonato la famiglia e interrotto ogni rapporto quando le figlie erano piccolissime. La leader di Fratelli d’Italia ha promesso querela. Tutti i leader politici si sono schierati in difesa della leader di Fratelli d’Italia che una volta di più sfoggia doti di equilibrio e responsabilità. “La propaganda di demonizzazione contro di noi - perdurata nel corso di tutta la campagna elettorale - ha inasprito gli animi e diviso gli italiani. Noi lavoreremo per unirli, perché questo non è il tempo di polemiche strumentali o di divisioni, ma quello della responsabilità”.

La squadra di governo

Certo poi la formazione della squadra di governo costringe ad abbassare molto i toni sostituiti da “bilancino”, “posti”, “poltrone”, “incarichi”, “ministero di peso”, “pari dignità” e via di questo passo. Accantonata per ora l'ipotesi dei due vicepremier. Blindato, invece, il pari numero di ministeri destinati a Lega e FI (un paio), che dovrebbero avere alla fine anche le presidenze delle due Camere. Salvini ha ribadito di puntare al Viminale e ha sostanzialmente rivendicato per la Lega Agricoltura e Pesca (Centinaio). “Salvini può fare quello che preferisce, poi deciderà il futuro presidente del consiglio” lo ha gelato il forzista Antonio Tajani in corsa per Esteri o Difesa. A Forza Italia potrebbe andare anche la Salute. A Palazzo Chigi comincia a circolare il nome di Giovanbattista Fazzolari per il ruolo strategico di sottosegretario alla presidenza; in alternativa un tecnico proveniente dal Consiglio di Stato. In calo l’ipotesi Crosetto. La prima casella da riempire, la più importante, resta quella del Mef. Meloni vorrebbe Panetta che però punta al vertice di Bankitalia. In alternativa l’ex ministro Domenico Siniscalco. O lo spacchettamento tra Tesoro (con la conferma di Franco) e Finanze (Leo). Meloni deve fare molta attenzione a non umiliare i partner di coalizione. E a dare però soddisfazione, al tempo stesso, ai numeri di una vittoria schiacciante. La sua.