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San Marino: il clima anomalo sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle api

“Possiamo solo cercare di salvare il salvabile”. L'apicoltore sammarinese Armando Giacobbi, 76 anni, residente a Chiesanuova, e una passione smisurata per sua attività, non nasconde una forte preoccupazione per la situazione delle sue amate api che, soprattutto a causa delle copiose e frequenti piogge degli ultimi mesi, non riescono a riprodursi e neanche a nutrirsi. Il maltempo primaverile, ricostruisce Giacobbi, ha fatto sì che le api nuove consumassero le scorte; nel contempo l'ape regina, non avendo sufficiente cibo e nutrimento, ha diminuito la deposizione delle uova. Arrivate a fine maggio, le api erano al “collasso”, pochissime e molto affamate. “Quando me ne sono accorto, ho provato subito a correre ai ripari – racconta ancora Giacobbi –, preparando uno sciroppo a base di zucchero”. Non un vero cibo che serve allo sviluppo, ma solo alla sopravvivenza.

Ma qual è la causa? Come al solito non ce n'è solo una, ma di certo, secondo l'apicoltore, troppa pioggia e umidità hanno “dilavato” i fiori; di conseguenza di nettare ce n'era ben poco. Una situazione purtroppo comune a tutti gli apicoltori sammarinesi, come conferma la presidente della cooperativa, Melissa Marzi, che parla, tecnicamente, di Sindrome da spopolamento dell'alveare. “Le api non hanno bottinato (raccolto), stavano sempre dentro l'alveare – ci racconta – e anche nelle giornate migliori, abbiamo notato che erano stanche, stremate”. Possibile, secondo la presidente degli apicoltori, che anche le piante si stiano adattando al nuovo sistema climatico, producendo più rami e foglie, piuttosto che “impegnarsi” nelle fasi di riproduzione.

Una situazione rilevata anche da Coldiretti che, in occasione della giornata mondiale delle api del 20 maggio, ha rilevato “una perdita di produzione dei mesi di aprile e maggio 2023 pari anche dell’80% rispetto alla scorsa stagione”. “Le bufere di pioggia e vento e il crollo delle temperature in diverse parti d’Italia – si legge in una nota dei coltivatori diretti – hanno impedito alle api di volare e danneggiato i fiori facendo crollare le produzioni. Inoltre considerando in aggiunta ad esso la calamità naturale, è stato praticamente azzerato il raccolto di miele negli alveari della Romagna e delle aree settentrionali delle Marche”.

Dunque cosa aspettarsi? “Al momento non è possibile pensare al miele”, asserisce sconsolato Giacobbi che aggiunge: “Se va bene, avremo una produzione pari al 5/10% rispetto alla norma”. Ma l'importante è “salvare quante più api possibile”. Se a breve la stagione dovesse migliorare, le api potrebbero anche riprendersi nel giro di un mese. Ma a quel punto, conclude l'esperto apicoltore, “siamo ormai arrivati a luglio e quindi in forte ritardo”. Gli apicoltori però, proprio come le api, sono persone laboriose e di certo non si rassegnano. E di certo, come accaduto con la siccità della scorsa primavera, stanno facendo di tutto per mantenere in salute questi insetti così fondamentali per il benessere di tutte le specie vegetali.