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Sanremo 2023: è scoppiato il "caso" Zelensky

Zelensky sì, Zelensky no. L'ultima incursione del presidente ucraino è stata ai Golden Globes l'11 gennaio ma lo scorso anno si era già visto ai Grammy, ad aprile, poi al Festival di Cannes e a quello di Venezia. Niente Oscar, niente Mondiali (causa freno della Fifa) ma Sanremo sì. Salvo colpi di scena, Volodymir Zelensky sarà alla finalissima del Festival, sabato 11 febbraio, riproducendo un copione sperimentato con successo da abile stratega comunicativo qual è: irrompere con i suoi videomessaggi in mimetica sui palchi più importanti dello show biz globale e non solo ai vertici dei summit politici ed economici internazionali. Sanremo chiama, Zelensky risponde. Anche se non è andata esattamente così. «Nella preparazione del mio viaggio in Ucraina, Zelensky ci ha fatto sapere che avrebbe gradito partecipare al Festival», ha rivelato Bruno Vespa. L’iniziativa è infatti partita mentre il giornalista Rai preparava l’intervista con il presidente ucraino, facendo poi da tramite con i vertici Rai e Amadeus. Che ha colto l'opportunità. Ma la notizia dello sbarco in Riviera è montato con un prevedibile “effetto valanga” solo negli ultimi giorni, alimentata delle inevitabili prese di posizione della politica. E non solo. Intellettuali, personaggi dello spettacolo, addetti ai lavori (e ai livori).

Tutti, o quasi, hanno detto la loro. È gusto che Zelensky parli (per quanto in collegamento registrato) a Sanremo? O c’è il rischio di “normalizzare” se non addirittura banalizzare un tema come la guerra, si chiedono? Da Salvini a Calenda, da Cuperlo a Conte, il fronte dei perplessi è più bipartisan che mai. «Mi chiedo quanto sia opportuno che il Festival della canzone italiana abbia un momento con la guerra e le morti in corso. Non mi sembra che le cose vadano d'accordo», ha spiegato il leader leghista. La scelta non è piaciuta nemmeno a Giuseppe Conte: «Non credo francamente che sia così necessario che il presidente Zelensky sia in un contesto leggero come quello di Sanremo». Fronte che più trasversale non si può, una parte del quale è persino pronto a scendere in piazza. Lo annunciano un gruppo di intellettuali, dal giurista Ugo Mattei allo storico Franco Cardini, dall'attore Moni Ovadia all’ex direttore di Rai2 Carlo Freccero, protagonisti di una manifestazione di protesta nella città dei fiori. Ha firmato la petizione ma non sarà in piazza l’ex grillino Alessandro Di Battista, secondo il quale il videomessaggio di Zelensky è “una ridicola buffonata”. Una scelta che non è piaciuta nemmeno a Fabio Volo: «Sono cose che personalmente fatico a comprendere, capisco l’attenzione però mi sembra anche una spettacolarizzazione. Mi sembra che l’Italia non sia nel dubbio, quel che deve fare lo sta facendo. Non so: quando poi è venuto cosa cambia?». «Sanremo rimanga il festival della musica», tuonano sui social i contrari. Ma è tutto molto più complesso di così, perché da sempre il Festival non è “sono solo canzonette”. «Messa da parte la vacuità del dibattito tutto italiano, far finta che Sanremo non sia e sia stato un evento decisamente (potremmo elencare decine di casi) è semplicemente ridicolo. A volte persino altamente politico. Dunque sì, certo, a Zelensky a Sanremo», dice Massimo Scaglioni, docente di Storia dei media e di Economia e marketing dei media all’Università Cattolica di Milano.

Del resto, la politica è da sempre intrecciata a filo doppio con Sanremo, fonte di polemiche e di diatribe clamorose, dal Papaveri e papere di Nilla Pizzi (considerata una canzone “a rischio” perché alludeva al potere dei papaveri della Dc) alle battutacce di Benigni contro Berlusconi (con Giuliano Ferrarra che, contestandolo, tirava uova contro la tv), passando per Grillo che se la prese con l’allora leader della Dc De Mita. Lo stesso Grillo che dal suo blog tuona oggi contro la presenza di Zelensky. Certo, un conto sono le battute dei comici, un altro che il tema della guerra entri a gamba tesa a un passo dalla proclamazione del vincitore. Unico precedente passato agli annali, il collegamento esterno con le Forze di pace italiane impegnate a Nassirya, nel 2004, fortemente criticato da Adriano Celentano. A sorpresa, dice sì alla presenza di Zelensky, Al Bano, uno che fino a pochi anni fa si esibiva davanti a Putin: «Mi auguro di non sbagliarmi, ma penso che la presenza del leader ucraino possa portare un messaggio di pace tra le due parti». «Il leader di un paese invaso e sotto missili e bombe da un anno non può parlare alla più grande platea televisiva italiana? E perché mai?», si domanda Bruno Vespa. Che poi ha aggiunto parlando al Corriere della Sera: Una parte dell’opinione pubblica italiana sta un po’ sottovalutando quello che sta succedendo in Ucraina – dice Vespa – Quello che ho visto con i miei occhi è che c’è un popolo di un coraggio eroico che è stato brutalmente aggredito. Solo delle persone distratte possono pensare che non si possa essere al fianco di questo popolo. Anche dando a Zelensky qualche minuto a Sanremo. L’abbiamo dato a Saviano, perché no a Zelensky?».La Rai, però, tira dritta e non arretra. Salvo colpi di scena, l’intervento di Zelensky durante la finale di Sanremo dovrebbe durare pochi minuti e andare in onda dopo mezzanotte, alla fine dell’esibizione dei cantanti e poco prima dello sprint finale dei cinque più votati per decretare il vincitore. Comunque vada, non sono solo canzonette.