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Segrè a Mantova ammonisce sul pericolo abbondanza: «Il cibo è un bene, non merce»

Lo studioso al Bibiena: «Al supermercato non fatevi guidare dal carrello». Tra i temi gli agricoltori in ginocchio: «Bisogna smetterla con le aste al ribasso»

MANTOVA. Il cibo non è una merce ma un bene: abbiamo dimenticato questa sostanziale differenza. La causa l’abbondanza di prodotti, l’inevitabile conseguenza lo spreco alimentare, da portare a “zero”. A partire dal frigorifero di casa, se si vuole favorire in modo più esteso il “D(i)ritto al cibo”. Parte dal titolo di uno dei suoi libri di successo l'intervento del cattedratico dell’università di Bologna Andrea Segrè, ospite al Bibiena del Food&Science festival.

È una ricerca universitaria a dimostrare che un terzo di ciò che si produce non arriva alle nostre tavole e che «il 60-70% dello spreco sta nelle nostre case». Segrè cerca di dare una spiegazione a questo comportamento che contraddistingue la cultura occidentale e, in Europa, ancor più quella italiana: «Non sappiamo più cosa è il cibo e che valore ha, compriamo il 2x3 pensando che, se non costa, si può anche rottamare» spiega l’economista, che prospetta un aumento della povertà alimentare qui e nel mondo e invita a riflettere sul paradosso che in appena un secolo ha ribaltato le cose portando al primato di persone affette da obesità su quelle malnutrite.

Incalzato da Marco Cattaneo, direttore di National Geographic e Le Scienze, Segrè, docente di politiche agricole internazionali e comparate, distingue tra Paesi poveri e ricchi: «In Africa lo spreco è elevato nella fase di raccolto, i piccoli produttori non riescono a conferire circa un quarto di quanto producono e in questo il mondo agricolo può fare cooperazione e aiutare alla trasformazione tecnologica».

Qui, sotto accusa sono i comportamenti e i magazzini che traboccano di prodotti. E il surplus di guru tv: «Esistono settanta format televisivi. Questi chef che spadellano mostrano una cucina che non c’è ma avrebbero una grande potenzialità se solo in ogni puntata dessero una pillola di insegnamento, ad esempio la lettura delle etichette».

Testimone storico del fenomeno degli sprechi alimentari, Segrè indica da dove dovrebbe iniziare il cambiamento. In ciascuno di noi la risposta: «Si deve riflettere, non è il carrello che ci guida quando facciamo la spesa, siamo noi». Si dovrebbe partire dalla scuola, dove andrebbe insegnata una corretta alimentazione: gli stessi Comuni possono incidere attraverso le mense.

I temi si addensano. Il cibo spazzatura è uno di questi. Per Segrè è un’emergenza, non solo nel continente a stelle strisce: «Sono in aumento i costi sanitari legati alle malattie metaboliche: è qui che dobbiamo cambiare e l’agricoltura può migliorare molto le cose». Il lavoro illegale nei campi: «Nella piana di Gioia Tauro ho visto cose impressionanti. Se pagassimo gli agrumi 3-4 centesimi in più al chilo consentiremmo il lavoro legale, senza schiavitù».

Dal pubblico la richiesta di come fare a «far contare di più» i contadini nella grande distribuzione, messi in ginocchio da aste al ribasso. «La forbice è troppo grande e iniqua tra chi produce e chi vende – concorda Segrè – al punto che dovremmo iniziare a parlare anche qui di commercio equo e solidale. A imporre i prezzi sono poche multinazionali ma a condizionare il mercato siamo noi».

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