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Serena Mollicone, perché l'omicidio è rimasto senza colpevoli: "Indizi contrastanti, depistaggi mai provati"

"Carenze probatorie"

Le motivazioni della sentenza che il 15 luglio scorso ha assolto tutti gli imputati. "Alcuni tasselli sostenuti dall'accusa si sono rilevati inconsistenti", si legge nel documento, e nel corso del dibattimento "sono emersi elementi" a favore della difesa

Sono state depositate le motivazioni della sentenza sull'omicidio di Serena Mollicone, la giovane di Arce (Frosinone) uccisa nel giugno del 2001 quando aveva solo 18 anni. Il verdetto della Corte d'Assise del tribunale di Cassino, arrivato il 15 luglio scorso (a distanza di 21 anni dal delitto), aveva decretato l'assoluzione di tutti e cinque gli imputati: l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola, la moglie Annamaria, il figlio Marco e i due carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.  

Le motivazioni sono state redatte dal presidente della Corte d’Assise, Massimo Capurso e dal giudice a latere, Vittoria Sodani in un faldone di 236 pagine. "Gli esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata" scrivono i giudici. "Come già ampiamente esaminato", si legge nelle motivazioni, "numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell'impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio". 

Nell'omicidio coinvolti "soggetti terzi rimasti ignoti"

"A fronte delle carenze probatorie 'nei confronti dei singoli imputati", spiega la Corte, "si deve evidenziare come dall'istruttoria dibattimentale siano emersi consistenti e gravi elementi indiziari dai quali si deve necessariamente desumere l'implicazione nella commissione del delitto in esame di soggetti terzi, che sono rimasti ignoti''.  Quanto all'assenza di prove certe, i giudici sottolineano che "non solo alcuni tasselli sostenuti dall'accusa si sono rilevati inconsistenti" ma nel corso del dibattimento "sono emersi degli elementi a discarico" degli stessi imputati. 

"I depistaggi non sono stati provati"

In effetti, si legge nel documento, "non sono stati" provati molti degli "asseriti depistaggi che secondo l'accusa il maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini". 

Dalla stessa istruttoria dibattimentale, proseguono i giudici che hanno redatto il documento, "sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa". "Ci si riferisce in primo luogo - spiegano i giudici nelle motivazioni - agli ordini di servizio della stazione di Arce" dei quali "non solo non è stata provata la falsità ma sono emersi numerosi elementi probatori di segno contrario, che inducono a ritenere, sulla base delle risultanze e valutazioni già svolte, che i citati servizi esterni siano stati effettuati dai militari interessati".

Serena Mollicone, le tappe di una vicenda lunga 21 anni

Il caso della morte di Serena Mollicone si trascina avanti da più di vent'anni. Ripercorriamo dunque le tappe principali di questa dolorosa e tragica vicenda. La giovane scompare da Arce, in provincia di Frosinone il 1 giugno del 2001. Ha 18 anni ed è una studentessa del liceo socio pedagogico di Sora. Il suo corpo viene ritrovato domenica 3 giugno 2001 a Fonte Cupa, in un bosco situato nel comune di Fontana Liri. 

Il 6 febbraio del 2003 viene arrestato un carrozziere di Rocca d'Arce, conoscente della famiglia Mollicone e accusato del delitto. Il processo in corte d'assise celebrato a Cassino nel 2004 scagiona completamente l'imputato. E lo stesso succede in Appello e in Cassazione. L'uomo trascorre dunque 17 mesi in cella di isolamento da innocente. Svanita questa pista le indagini entrano in una fase di stallo e dal 2004 al 2008 non emergono nuovi elementi sul delitto.

Un nuovo impulso all'attività degli inquirenti arriva l'11 aprile del 2008 quando si suicida un brigadiere che all'epoca dell'omicidio era in servizio presso la caserma dei carabinieri di Arce. Il sottufficiale pochi giorni prima di spararsi un colpo di pistola al petto racconta ai superiori e al magistrato dell'epoca di aver visto la ragazza entrare nella caserma dei carabinieri di Arce il 1° giugno del 2001 e di non averla più vista uscire.

 Nel 2011 a tre anni da questa ulteriore tragedia, la procura di Cassino chiede l'archiviazione delle cinque persone indagate per insufficienza di prove. Si tratta del maresciallo Franco Mottola, ex comandante della caserma di Arce, del figlio Marco, della moglie Anna Maria e dei carabinieri in servizio all'epoca della scomparsa di Serena, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. La famiglia Mollicone presenta opposizione alla richiesta di archiviazione e il gip del tribunale di Cassino Angelo Valerio Lanna accoglie questa istanza e rinvia gli atti alla procura chiedendo ulteriori approfondimenti.

Nel 2016 si dispone la riesumazione della salma della ragazza. I risultati dell'autopsia vengono ritenuti clamorosi e sufficienti dalla procura per poter chiudere le indagini e chiedere il processo, A essere accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere sono l'ex maresciallo Mottola, la moglie e il figlio. L'ex vicecomandante Vincenzo Quatrale è accusato di concorso esterno in omicidio e istigazione al suicidio nei confronti del brigadiere che si è tolto la vita, l'appuntato dei carabinieri Francesco Suprano  deve rispondere nel reato di favoreggiamento. 

Il processo ha inizio il 19 marzo 2021 in corte d'assise di Cassino. I pubblici ministeri Beatrice Siravo e Maria Carmen Fusco chiedono le condanne di tutti gli imputati: 30 anni per Franco Mottola, 24 per il figlio e 21 per la moglie. E poi 15 anni per Quatrale e 4 anni per Suprano. La tesi dell'accusa: "La famiglia Mottola è tutta coinvolta nell'omicidio di Serena Mollicone, così come la famiglia Ciontoli lo era nell'omicidio di Marco Vannini": Il riferimento è al 19enne ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 da un colpo di pistola mentre era a Ladispoli nella casa della famiglia Ciontoli, condannata definitivamente in Cassazione.

Gli indagati hanno sempre respinto le accuse. Nel corso dell'ultima udienza il legale della difesa ha puntato il dito contro "l'incalzante ed esasperante interesse mediatico". Secondo la difesa della famiglia Mottola, ''la procura di Cassino ha indicato una serie di supposizioni nemmeno presunzioni e attraverso di esse ha tentato di mettere in piedi un cartello accusatorio che non sta né in cielo né in terra. Non c'è una prova che possa definirsi tale a carico dei Mottola e pertanto non credo che la Corte possa emettere una sentenza di affermazione della responsabilità". La sentenza del luglio scorso ha dato ragione alle tesi della difesa. Il delitto di Serena resta senza colpevoli.