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Spike Lee al Red Sea International Film Festival 2022: «Raccontiamo le nostre storie senza affidarci agli altri»

Con la proiezione speciale in Arabia Saudita di Malcolm X, il film del 1992 considerato da molti il suo capolavoro, Spike Lee sente di aver chiuso un cerchio. Il film, che ha visto la sua scena chiave girata proprio alla Mecca trent'anni fa durante l'Hajj, l'annuale pellegrinaggio islamico alla città, non è, infatti, mai stato proiettato in Arabia Saudita fino a oggi. Il che è un peccato, visto che il regista è sempre stato particolarmente fiero e orgoglioso della sua impresa perché Malcolm X è stato il primo film hollywoodiano a documentare dal vivo una scena monumentale come quella del flusso di fedeli in Terra Santa. «Abbiamo realizzato il primo film a cui è stato concesso portare una telecamera all'interno della città santa della Mecca durante l'Hajj. Per farlo ho assunto una troupe musulmana al completo, e non posso che dirmi soddisfatto per come sia andata. Oggi, con la proiezione del film qui, a Jeddah, abbiamo chiuso il cerchio», ha spiegato il regista durante un incontro speciale nel corso del Red International Film Festival, che ha, appunto, permesso a Lee di proiettare Malcolm X per la prima volta in terra araba.

Spike Lee al Red Sea International Film Festival 2022 «Raccontiamo le nostre storie senza affidarci agli altri»

Eamonn M. McCormack/Getty Images

«Avere finalmente la possibilità di visitare l'Arabia Saudita e incontrare dei giovani cineasti è un'esperienza molto emozionante», ha continuato Spike Lee, che ha colto l'occasione dell'incontro anche per parlare di temi più profondi come la famiglia - «I miei antenati non erano schiavi, sono stati ridotti in schiavitù» - e la sua lunga amicizia con il direttore della fotografia Ernest Dickerson, che ha collaborato a tutti i suoi film. «Volevamo che fosse un film epico, come il Dottor Zivago di David Lean o Lawrence d'Arabia. Girare l'hajj di Malcolm X ha aggiunto una certa spiritualità al film. Non avremmo potuto girare quelle scene alla Mecca in nessun altro modo: non si potevano ricreare quelle folle enormi in maniera alternativa, nessun budget avrebbe potuto raggiungere quell'obiettivo. Questo ha dato al film quella sensazione speciale di cui avevamo bisogno». 

Spike Lee al Red Sea International Film Festival 2022 «Raccontiamo le nostre storie senza affidarci agli altri»

AMMAR ABD RABBO/Getty Images

Durante l'intervista, però, Spike Lee ha ricordato anche il suo solido rapporto con il regista Oliver Stone, che attualmente presiede la giuria del Red Sea Film Festival, riportando alla memoria la lunga battaglia con la Warner Bros. che voleva ridurre la durata di Malcolm X a due ore. Alla domanda se sia importante sostenere la fiorente industria cinematografica saudita, Lee non ha avuto dubbi: «Assolutamente. Non puoi fare affidamento sugli altri per raccontare le tue storie. All'inizio della mia carriera molte persone mi dicevano che i film neri non funzionavano. Dissero che non poteva esserci un supereroe nero. Dissero che i film sui neri non potevano sfondare all'estero. Sappiamo che non era così». È per questo che il consiglio di Spike Lee ai giovani registi sauditi è molto semplice: «Dovete darvi da fare. Tutti quelli con cui ho lavorato avevano una forte etica del lavoro: da Miles Davis a Michael Jackson, da Prince a Michael Jordan, da Stevie Wonder ad Aretha Franklin». Infine, un'ultima riflessione sulla cultura dell'annullamento che investe sempre più spesso il mondo dell'arte: «Molti artisti oggi sono condannati per il loro lavoro, ma dobbiamo separare l'arte dagli artisti», ha concluso Spike Lee, concentrato nel suo racconto di personaggi iconici come l'ex quarterback dei San Francisco 49ers e attivista per i diritti civili Colin Kaepernick, espulso dalla federazione nel 2016 dopo essersi inginocchiato durante l'inno nazionale per protestare contro l'ingiustizia razziale.