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Stefano Dal Corso morto suicida in carcere, Ilaria Cucchi: "Non cali il silenzio. Anche noi mostrammo le foto del corpo di mio fratello"

I lividi sul braccio destro, il lenzuolo intonso e il letto rifatto. Le immagini fornite a Repubblica dai familiari di Stefano Dal Corso evidenziano i tanti punti oscuri sulla morte del 42enne originario del Tufello scomparso nel carcere Casa Massima di Oristano il 12 ottobre del 2022.

Dal Corso ufficialmente si sarebbe impiccato alle sbarre della cella singola in infermeria, ma per la sorella Marisa, assistita dall'avvocato Armida Decima, non è cosi. "Anche un'altra famiglia 13 anni fa - dice la senatrice Ilaria Cucchi  - era stata costretta a mostrare delle foto per obbligare lo Stato a dare delle risposte".

I Dal Corso, sostenuti dall'assessore alla Cultura del municipio III Luca Blasi, hanno lanciato una raccolta fondi su GoFundme ("Verità per Stefano Dal Corso) per  finanziare l'utopsia "che la procura - dice Marisa - ci ha riufiutato per due volte".

"È passato tanto tempo  - aggiunge Cucchi - ma la nostra battaglia è stata portata avanti anche e soprattutto per sensibilizzare le persone su storie come questa. Queste vicende non devono restare nel silenzio e le famiglie vanno aiutate."

Le immagini del corpo di Stefano sollevando molti sull'ipotesi di suicidio. La famiglia non crede che il 42enne si morto impiccato con il lembo di un lenzuolo alle sbarre della finestra.

"Fin dal 13 ottobre la documentazione sul caso era scarna - rileva Decima - Sono abituata a trovare un album fotografico diverso.", racconta l'avvocato. Decima decide così di rivolgersi al medico legale incaricato di visionare la documentazione, secondo la quale l'immagine di un solco al collo come unico elemento non può bastare per dire che si tratta di un suicidio.

 Molte cose non tornano. Stefano sarebbe dovuto rimanere all'interno del carcere di Oristano solo nove giorni. Il processo del 6 ottobre era andato bene e il rientro a Roma era previsto per il 13 ottobre. Ventiquattro ore prima è stato trovato morto.

"Non credo che mio fratello abbia potuto uccidersi - prosegue Marisa - aveva un figlia. E le lettere che ha spedito pochi giorni prima che morisse lasciano intendere tutt'altro. Parlava di ricominciare.

Raccontava alla sua compagna di aver fatto dei colloqui e di aver sentito delle persone che avrebbero potuto aiutarlo lavorativamente. Tra settembre e ottobre del 2023 sarebbe stato scagionato. Non aveva motivo di suicidarsi".

Le fotografie mostrano il letto integro, senza impronte, e Stefano avrebbe dovuto salirci sopra per riuscire a impiccarsi alle sbarre della finestra.

Eppure dormiva in una cella singola, dove ha preso il lembo di lenzuolo per togliersi la vita, se il letto era perfettamente in ordine?

Per la procura il 42enne si sarebbe impiccato e sarebbe morto a causa della frattura dell'osso del collo, ma non è stato ancora eseguito nessun esame diagnostico in grado di certificarlo.

Allora la sorella e le persone vicine a Stefano si sono messi in moto. L'obiettivo è raccogliere 8 mila euro il prima possibile per effettuare l'autopsia privatamente. I soldi vengono donati su GoFundMe, direttamente sulla pagina di Marisa Dal Corso.

L'onorevole Giuseppe De Cristofaro alla conferenza di stamattina ha garantito il totale sostegno del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e ha promesso di lavorare sul piano legislativo per rendere l'autopsia obbligatoria in circostanze come queste.

Anche l'assessore alla cultura del III Municipio di Roma, Luca Blasi, esprime solidarietà: "Stefano è morto per un motivo che non può essere provato se non con autopsia e tac. Vogliamo sapere la verità. E lo vogliono anche i cittadini del quartiere dove è cresciuto Stefano, il Tufello. Sono già stati fatti degli striscioni e a breve si terrà una manifestazione per avere giustizia sul caso."