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Superbonus, spuntano le banche disposte ad acquistare i crediti incagliati: ecco quali. Verso lo stop alla detrazione in 10 anni per i redditi più bassi

Sono giorni febbrili per il destino del Superbonus 110% e per lo sblocco dei crediti fiscali incagliati. Per quest’ultimo aspetto si fa largo l’ipotesi che, per i redditi più bassi, salti la possibilità di spalmare i crediti in 10 anni restando fermo a 4 l’arco temporale.
Intanto si va verso il ripristino dello sconto in fattura e della cessione del credito per gli istituti per le case popolari (Iacp), le onlus e il terzo settore. A prevederlo è un emendamento riformulato al decreto sulla cessione dei crediti del Superbonus, che esclude dal blocco questi tre soggetti, che devono risultare - si precisa nel testo - «già costituiti alla data di entrata in vigore" del decreto. La modifica riformula 33 emendamenti presentati un po' da tutti i partiti, sia di maggioranza che di opposizione: nel testo si precisa che il parere favorevole ai 33 emendamenti è subordinato a questa riformulazione. La modifica sarà sottoposta domani all'esame della commissione Finanze della Camera, che riprende le votazioni sugli emendamenti, ma su questo tema era già stato trovato un accordo di massima nei giorni scorsi.
La polemica sullo stop alle detrazioni per io redditi più bassi
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Con lo stralcio, dal dl Superbonus, della misura per facilitare l'assorbimento delle detrazioni a chi ha poca capienza Irpef, quindi ai redditi più bassi, assistiamo ancora una volta, a scelte politiche che vanno a discapito della fascia più debole della popolazione e a favore di chi è più forte, banche in primis.  evidente che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha a cuore le politiche sul clima e il benessere dei cittadini». Lo affermano in una nota Francesco Alemanni e Filiberto Zaratti, rispettivamente membro della direzione nazionale di Europa Verde e co-portavoce del Lazio, che proseguono: «Invece di rendere la transizione ecologica socialmente desiderabile, attraverso il sostegno a chi è più in difficoltà, agevolando l'accesso a misure che favoriscono l'efficientamento energetico e la sostenibilità, il governo sceglie di lasciare i cittadini soli di fronte alla crisi climatica, cestinando l'ipotesi di allungare il periodo per recuperare la detrazione del Superbonus da 4 a 10 anni: una misura che avrebbe facilitato l'assorbimento delle detrazioni per chi ha poca capienza Irpef e avrebbe rappresentato un passo avanti verso un'Italia più verde e sostenibile. Eppure, nel pacchetto di emendamenti, si prevede la possibilità di spalmare in dieci rate annuali i crediti per le banche e le imprese che li hanno acquistati, dimostrando come le priorità del governo non siano affatto allineate con gli interessi dei cittadini e con l'urgenza di affrontare i problemi ambientali» concludono.
Banche, Btp e f24
La soluzione al nodo dei crediti incagliati del superbonus è vicina. Ma per arrivarci serve l'aiuto delle banche. Il governo punta tutto sulla loro costruttiva collaborazione, proseguendo la moral suasion per far ripartire l'acquisizione di crediti incagliati. Un percorso che passa però anche attraverso gli strumenti allo studio nell'ambito del decreto superbonus: le ipotesi più percorribili al momento restano l'F24 e i Btp, ma il lavoro prosegue senza sosta. Il tempo, infatti, stringe: lunedì scatta il rush finale in commissione, poi il testo è atteso mercoledì in Aula. Dal governo filtra un cauto ottimismo. «Se le banche ci stanno dando, come spero, un aiuto, vediamo di sbloccare il tutto. Anche con gli altri emendamenti stiamo immettendoci sulla strada giusta», spiega il viceministro dell'Economia Maurizio Leo, a margine di una cerimonia della Guardia di Finanza a Bergamo. Le banche stanno collaborando, assicura l'esponente di FdI, che comunque ci tiene a puntualizzare: quello dei crediti fiscali incagliati del superbonus «è un problema che abbiamo ereditato - dice - e lo stiamo risolvendo nel migliore dei modi». Il faro è puntato sulle banche, ma anche sulle assicurazioni. Il Mef ha fatto sapere nei giorni scorsi di aver ricevuto risposte positive da parte dei maggiori istituti finanziari sulla possibilità di far ripartire già nei prossimi giorni le acquisizioni dei crediti. Tra gli istituti c'è però ancora una certa cautela, in attesa di capire anche come si sbloccherà la partita in Parlamento. Nel gruppo dei disponibili figurerebbe Unicredit. Banco Bpm ha impegni all'acquisto di crediti fiscali sottoscritti (2,5 miliardi su un plafond già impegnato di 4 miliardi) che al momento permettono una cauta apertura a nuove operazioni. Fuori dal circuito bancario, anche Poste potrebbe essere disponibile. Con oltre 16 miliardi già acquistati e una quota pari al 50% del mercato degli acquisti dei crediti, pensa invece di aver fatto la propria parte Intesa San Paolo, che è la banca che ha acquistato più crediti in assoluto ed è l'unica banca finora ad aver utilizzato il meccanismo delle ricessioni, avendo avviato contratti di ricessione per oltre 6 miliardi: complessivamente, dal 2020 Intesa ha acquisito crediti fiscali per circa 16 miliardi che corrispondono a circa 200.000 pratiche evase, per oltre 70.000 clienti, associati a oltre 160.000 immobili riqualificati sul territorio nazionale. Nell'attesa l'attenzione si sposta sulla Camera, dove lunedì riprendono i lavori della commissione Finanze, chiamata a votare gli ultimi emendamenti. Sul nodo dei crediti incagliati le due principali ipotesi di lavoro sono l'eventuale ricorso agli F24, sui quali è in corso un approfondimento su meccanismi e ricadute e la possibilità per le banche che a fine anno non sono riuscite a esaurire i crediti di convertirli in Btp a 10 anni. Sul provvedimento resta critico il M5s: «Con questo decreto si rompe un patto tra cittadini e Stato e non possiamo permetterlo», dice Giuseppe Conte, che sullo sblocco dei crediti non vede «nulla di sostanziale».