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Tradimento durante la terapia di coppia: causa di addebito della separazione

Gentile Avvocata,
sono in causa con mio marito. Dopo 7 anni di matrimonio e due figli, ho scoperto che
mi tradiva con una donna conosciuta nel suo ambiente di lavoro. Me lo ha confessato lui, dicendomi che la relazione extraconiugale durava da 6 mesi. Mio marito è un medico ospedaliero, quindi per lui è stato facile non destare sospetti, perché per giustificare le sue assenze, più frequenti del solito, mi diceva che doveva prendere servizio di notte per interventi d’urgenza.
Fino a quel momento, il nostro matrimonio era felice: non c’erano segnali di crisi ed eravamo innamorati.Quando ho saputo del tradimento, ho cercato di tenere in piedi il matrimonio anche
ricorrendo alla terapia di coppia, ma lui ha continuato a tradirmi (come mi è stato poi confermato da diverse persone). Il terapeuta ha deciso di sospendere la terapia. «Non si può fare terapia di coppia in tre», queste sono state le sue parole quando ci ha «congedati»; per me è stata un’ulteriore ferita, forse più dolorosa della prima. Insuperabile.
Allora l’ho lasciato e ho chiesto la separazione in tribunale con addebito. Adesso mio marito si difende in giudizio sostenendo (falsamente) che il nostro rapporto era già in crisi a causa del mio disinteresse per i rapporti intimi e che il suo tradimento sarebbe stato superato e cancellato con un “colpo di spugna” dal nostro tentativo di salvare il matrimonio con la terapia di coppia. Tutto questo mi sembra assurdo e paradossale. Come posso difendermi Avvocata?
Posso chiamare a testimoniare il terapeuta?

Angela

Valeria De Vellis avvocatessa specializzata in diritto di famiglia della persona e delle successioni

Valeria De Vellis, avvocatessa specializzata in diritto di famiglia, della persona e delle successioni

Cara Angela,

suo marito è doppiamente colpevole: prima di tutto per averla tradita, poi per aver iniziato la terapia di coppia senza interrompere la sua relazione extraconiugale, esponendola a un’ulteriore e imperdonabile sofferenza e umiliazione.

Per ottenere l’addebito della separazione a suo marito, è fondamentale che lei riesca a dimostrare in giudizio che lui ha continuato a portare avanti la sua relazione extraconiugale anche durante il percorso terapeutico da voi intrapreso, vanificando così ogni tentativo di salvare il matrimonio e rendendo intollerabile la vostra convivenza.

Tuttavia, questa prova non può essere data attraverso la testimonianza del terapeuta, il quale è tenuto al rispetto del segreto professionale anche nei confronti di suo marito che, insieme a lei, gli aveva conferito l’incarico terapeutico. Ciò comporta che il professionista non possa testimoniare in giudizio su quanto ha appreso da voi nel corso della terapia di coppia.

Pertanto, le suggerisco di ricorrere alle testimonianze delle altre persone che, come lei stessa mi scrive, erano a conoscenza della prosecuzione della relazione extraconiugale di suo marito anche durante la vostra terapia di coppia: negli atti da depositare in tribunale deve descrivere i fatti nella maniera più precisa possibile, indicando date e situazioni così che i testi possano confermarli.

Le prove così raccolte serviranno a smentire la tesi difensiva di suo marito per cui la terapia di coppia da voi intrapresa avrebbe avuto l’effetto di una vera e propria riconciliazione. Al contrario, sarà evidente anche al giudice che il tradimento grave e duraturo di suo marito ha rappresentato l’unica causa della separazione, avendo provocato una crisi coniugale irreversibile alla quale la terapia di coppia non ha potuto porre rimedio, anche a causa degli ostinati comportamenti fedifraghi di suo marito.

Se riuscirà a provare tutto questo in giudizio, il tribunale addebiterà la separazione a suo marito: in un caso analogo al suo, la Corte di Cassazione, con una pronuncia del marzo 2023, ha addebitato la separazione al marito avendo accertato che la sua “relazione extraconiugale era continuata anche durante il tentativo di superare la profonda crisi insorta a causa della scoperta del tradimento”; secondo la Corte, “la circostanza che neanche lo sforzo della terapia abbia conseguito un effetto positivo e risolutivo indica che ormai la frattura tra i coniugi era molto profonda” e che il marito non aveva alcuna reale intenzione di salvare il matrimonio, avendo reiterato la sua infedeltà.

Se poi suo marito sosterrà che la vostra unione era già in crisi a causa dell’assenza di rapporti sessuali, sarà lui a doverlo provare in giudizio.nCiò detto, cara Angela, le auguro di ottenere una sentenza che attribuisca, almeno sul piano giuridico, le responsabilità della fine del suo matrimonio.

Ma non sottovaluti gli effetti psicologici dell’infedeltà di suo marito: la scoperta del tradimento è uno degli eventi più destabilizzanti che ci sia, perché ferisce profondamente l’autostima di chi lo subisce. Il tradimento fa male perché è fonte di rabbia, dolore, frustrazione, confusione e senso di colpa. Le consiglio, quindi, di ricorrere all’aiuto di un terapeuta (questa volta individuale), per governare tutte queste emozioni e riprendere le redini della sua vita.

Per molti mesi, infatti, si farà un’unica domanda, “perché?”, per poi capire che le ragioni di quello che le è accaduto hanno davvero poco a che fare con lei.

Se volete chiedere un parere all'avvocatessa o condividere i vostri dubbi potete scrivere a:
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