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Truffe e prezzi gonfiati: i tranelli della corsa al riarmo

Lo Strumento europeo per la pace, malgrado il nome, è la cassa di finanziamento Ue per le forniture belliche all'Ucraina. Il suo budget è stato recentemente aumentato a quasi 8 miliardi di euro per consentire agli Stati membri di finanziare l'invio di munizioni a Kiev, soprattutto quelle calibro 155 millimetri necessarie per i mezzi di artiglieria pesante. Ma dietro alla corsa al riarmo dell'Europa si nascondono diverse insidie, a partire dall'inesperienza di certi Stati a muoversi nel mercato delle armi. 

In balia dei commercianti

"All'inizio della guerra, il Lussemburgo stava cercando metodi per aiutare l'Ucraina. Ma non avendo alcun grande arsenale, come è normale che sia per un Paese piccolo, ha deciso di cercare munizioni nel mercato attraverso commercianti d'armi locali", ha raccontato a EuropaToday l'analista Pieter Wezeman, esperto di commercio e appalti militari per l'Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma. I compratori per conto del Granducato si sono però imbattuti in prezzi gonfiati, armi obsolete e ordini mai consegnati. "Questo caso ha dimostrato come i Paesi europei, soprattutto nelle prime fasi della guerra, abbiano cercato di agire per conto proprio rischiando di comprare armi non richieste dall'Ucraina o acquistarle a un prezzo troppo caro".

Vecchi mezzi tornano utili

Un altro caso è quello del Belgio che si è trovato dover trattare con un'azienda privata che aveva acquistato i suoi vecchi carri armati letteralmente svenduti dalle forze armate. "L'azienda li aveva comprati per circa 15 mila euro ciascuno intorno al 2010 e poi ha cercato di rivederli per mezzo milione a pezzo" una volta che i vecchi tank sono tornati utili per difendere Kiev dall'invasione russa. In uno di questi casi i commercianti privati hanno avuto la meglio, ha raccontato Wezeman, con "un ordine di mezzi di artiglieria concluso dal Regno Unito. Questi casi dimostrano cosa può creare la concorrenza tra Stati in cerca di armamenti".

I ricavi delle aziende

L'improvvisazione dei primi mesi nella corsa alle armi ha poi lasciato spazio a meccanismi più affidabili di approvvigionamento di mezzi militari e munizioni attraverso le grandi industrie del settore. Ma è ancora presto per quantificare i margini di guadagno delle singole aziende. "Molte di loro non hanno ancora fornito i risultati annuali per il 2022 dunque non è molto chiaro fino a che punto siano state capaci di aumentare i loro ricavi sulla base della guerra", ha spiegato l'esperto. La tedesca Rheinmetall è una delle poche ad aver diffuso le prime cifre: nel 2022 ha registrato un utile netto di 469 milioni di euro, in forte aumento rispetto ai 291 milioni di euro dell'anno precedente.

L'industria bellica si fa bella

Di certo la guerra ha cambiato la percezione sociale nei confronti di chi produce armi. "L'industria sta prendendo opportunità per rafforzare il proprio brand come garanzia della sicurezza del mondo libero", ha spiegato Wezeman citando il caso di un'azienda di mezzi aerospaziali e di difesa svedese che ora sponsorizza le sue attività con cartelloni pubblicitari affissi all'esterno delle stazioni ferroviarie. "Le aziende non vanno rimproverate per questo, ma è un trend interessante", ha aggiunto il ricercatore esponendo la retorica dell'industria bellica europea che sostiene di "voler giocare un ruolo importante nella lotta alla Russia e nel difendere l'Europa. Proprio come le aziende che mettevano a disposizione i beni urgentemente richiesti durante il Covid". 

La corsa alle munizioni

Nelle ultime settimane, a fronte delle nuove esigenze dell'Ucraina, l'Ue si è decisa a sostenere con 2 miliardi di euro la fornitura di munizioni a Kiev. Per quanto possa sembrare uno stanziamento importante, va ricordato che "non si tratta di una cifra alta se comparata alle spese dei progetti di difesa dei singoli Paesi, che costano miliardi di euro per ciascuno Stato". A preoccupare Wezeman, più che la quantità di risorse stanziate, è dunque la qualità delle scelte prese in mancanza di informazioni affidabili. "Le previsioni sull'invasione russa dell'Ucraina erano completamente sbagliate. Come facciamo ora ad essere così sicuri di ciò di cui abbiamo bisogno dopo un solo anno di guerra?", è la domanda che si pone l'esperto di fronte alla corsa alle munizioni lanciata dai Paesi Ue. 

"La domanda immediata di munizioni è molto facile da determinare" con la semplice indicazione "da parte dell'Ucraina di quante ne sta utilizzando in media e sulla base di questo si può facilmente calcolare di cosa c'è bisogno nei prossimi mesi e anni". Ma lo stesso non vale per i mezzi e i sistemi di difesa per i quali l'Europa rischia di doversi rivolgere ai fornitori stranieri. 

Il mercato internazionale

"Gli europei hanno sempre comprato massicciamente armi dagli Stati Uniti, che sono il principale fornitore di aerei da combattimento per quei Paesi che non ne costruiscono", ha spiegato Wezeman. Oltre alla dipendenza dagli Usa sugli aerei ci sono altre catene di approvvigionamento bellico che coinvolgono Paesi extra-Ue per via della delocalizzazione delle industrie europee del settore. "L'industria europea delle armi si è internazionalizzata. Da Rheinmetall a Leonardo, hanno tutte fabbriche negli Usa e nel resto del mondo" con l'azienda tedesca che "sta vendendo i mezzi corazzati Boxer all'Australia producendoli direttamente nel Paese". Fattori di cui l'Europa dovrà tener conto nella sua corsa alle armi, un percorso a ostacoli che nessuno può prevedere se sarà uno sprint o una maratona.