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Tutti i peggiori flop di Google degli ultimi anni

Tech

Big G chiude la piattaforma di gaming 'Stadia'. Da Google+ ai Glass, tra tanti successi ha registrato anche moltissimi 'tonfi'

Google chiude Stadia. La piattaforma di cloud gaming spegnerà definitivamente i motori il prossimi 23 gennaio, ma già da oggi non è possibile accedere allo store, o effettuare transazioni all'interno dei giochi. La società di Mountain View ha annunciato che garantirà rimborsi per tutti gli acquisti di hardware effettuati tramite il negozio online, che non dovranno essere restituiti. Previsti rientri di denaro anche per le transazioni legate al software - e quindi giochi e componenti aggiuntive - acquistati sempre nello store ufficiale.

I 'fallimenti' di Google

A fronte di tanti successi, siamo di fronte a un nuovo flop per il colosso californiano. Stadia sarebbe dovuto essere il Netflix del gaming e c'è da dire che ha avuto un discreto riscontro negli appassionati dei videogiochi online, ma probabilmente non sufficiente per garantirgli un vita più lunga di qualche anno.

Guardando indietro all'ultimo decennio, vengono in mente diversi fallimenti, il più fragoroso, con ogni probabilità, quello di Google+, il social network nato sulla scorta di Facebook e Twitter, che a dispetto dei miliardi di iscritti, è sempre stato terra di nessuno. Ecco di seguito i più grossi flop di Big G.

Google+

L'errore più grande di Larry Page e Sergey Brin, un gigante incompiuto che ha avuto la colpa, a causa di un errore interno al software, di mettere a rischio i dati personali di mezzo milione di utenti. Gli iscritti, stimati, si aggiravano tra i 2 e i 3 miliardi, ma quelli attivi erano molti meno: 540 milioni nel 2014, 440 milioni due anni più tardi. Una contrazione di persone attive che ne ha sancito la fine definitiva nel 2018. Una copia di Facebook nata male, che ha avuto una fine anche peggiore.

Google Glass

Google Glass-4

Dovevano essere gli occhiali smart rivoluzionari, ma se l'idea era buona, il mondo non era ancora pronto per una simile rivoluzione. Sono arrivati con troppo anticipo e non hanno avuto quel successo di pubblico che da Mountain View, evidentemente, si aspettavano. Poi sono arrivati problemi tecnici grossolani, anche legati all'annoso problema della privacy, che ha portato alla sospensione delle vendite nel 2015.

Big G non ha mai rinunciato definitivamente al progetto, tanto che a maggio ha acquistato la startup Raxium, specializzata nella produzione di display MicroLed, entrata a far parte della divisione 'Device and Services' del colosso di Mountain View. Secondo gli analisti, l'azienda dovrebbe spingere le mire di Google nel metaverso, grazie alla realizzazione di un paio di occhiali di realtà aumentata, successori proprio dei Google Glass.

Nexus Q

Un dispositivo connesso agli altri della casa. Era questa l'idea alla base di Nexus Q: oggi è la prassi, ma forse il 2012, anno di lancio del pordotto, era troppo presto. Nexus Q aveva una forma sferica elegante, pescava contenuti nel cloud e li trasmetteva su tv, casse, smartphone, tablet. Lanciato nel 2012 al prezzo di 300 dollari, fu stroncato sin dal principio: arrivò negli scaffali degli store statunitensi, ma ben presto fu ritirato dal commercio. Una parte delle sue funzionalità sono state poi assorbite dal Chromecast, dispositivo 'made in Google' che ha avuto ben altro successo ed è tutt'oggi utilizzato da milioni di persone in giro per il mondo.

Ara

Project Ara

Non si può fare a meno di notare che tutti i flop di Google siano stati scanditi dallo stesso 'leit motiv': idee geniali ma forse troppo azzardate per i tempi tecnologici che correvano. Il progetto 'Ara' era un di queste: nell'idea degli sviluppatori di Mountain View doveva essere uno smartphone rivoluzionario e modulare, che gli utenti avrebbero potuto 'customizzare' a piacimento, con moduli da combinare a piacimento. Dopo un lungo tira e molla, il progetto non è andato in porto (anche se a più riprese si è parlato di un possile ritorno di fiamma mai concretizzato).

Google Video

In questo caso si può parlare di mezzo fallimento. Google Video, piattaforma per lo streaming di video, ha avuto una vita abbastanza lunga - dal 2005 al 2012. A due anni dal suo lancio, tuttavia, Big G ha acquistato il diretto concorrente YouTube, che dopo qualche anno di convivenza, ha assorbito completamente la piattaforma nativa del colosso.

Health

Quando si pensa al monitoraggio della salute, al giorno d'oggi, vengono in mente le moltissime app collegate agli smartwatch di ultima generazione. Software che permettono di tenere sotto controllo i propri parametri vitali, dal battito cardiaco alla pressione arteriosa o quella dell'ossigeno. Big G ci aveva provato nel 2008 con Google Health, un servizio che avrebbe dovuto rivoluzionare, a suo modo, la sanità: gli utenti potevano archiviare i medicinali assunti, le proprie allergie e malattie, così come gli esiti delle varie analisi cliniche. Un progetto chiuso nel 2012 dopo quattro anni di vita, perché, come spiegavano dai vertici dell'azienda, "non ha avuto l'impatto che speravamo".