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Una Bruxelles per due: Meloni vede Macron, Schlein il Pse

In attesa del faccia a faccia tra Meloni e Macron, va in onda il duello a distanza tra Meloni e Schlein. Entrambe sono a Bruxelles, anche se per incontri, ufficiali e informarli, ben diversi e, ovviamente, con posizioni diametralmente opposte. Ma parliamo prima dell’inatteso – si terrà nella tarda serata/nottata di ieri sera – vertice bilaterale con il presidente francese Macron (assai ammaccato nel suo Paese, in queste settimane, causa scioperi nelle piazze contro la riforma delle pensioni). Un disgelo in apparenza improvviso. Dopo mesi di incomprensioni, accuse reciproche, parole piccate, Macron e Meloni non solo si parlano, ma si vedono, a margine della cena del Consiglio Ue, quando avranno un faccia a faccia (o ‘vis a vis’ per dirla alla francese). È la prima volta che i due si vedono, da soli, da quando Giorgia Meloni si è insediata a Palazzo Chigi. 

Il dopo cena che non ti aspetti. Meloni-Macron 

Nell’unico altro incontro la premier non aveva ancora ottenuto la fiducia del Parlamento, e furono le sale dell’hotel Melia, sotto il Gianicolo, a Roma, a ospitare una conversazione che – dal punto di vista diplomatica – era solo ‘privata’. Non andò benissimo, e le scorie di quel primo incontro si videro poche settimane dopo, con uno scontro diplomatico senza precedenti fra i due soggetti istituzionali, sulle responsabilità del porto di approdo di una delle navi delle Ong.

I temi possibili di intesa tra Italia e Francia

Da allora, in poi, però, le due diplomazie hanno lavorato in silenzio cercando un riavvicinamento. Il Quirinale è intervenuto con una telefonata diretta di Sergio Mattarella al capo dell’Eliseo e con un lavoro fuori dai riflettori che non si è mai interrotto. Alla fine, i due leader hanno ripreso a sentirsi. Un ulteriore picco negativo nelle relazioni si era avuto, però, quando Macron decise di invitare Zelensky all’Eliseo, insieme al Cancelliere Scholz, escludendo l’Italia.  Eppure, subito dopo, complice un incrocio di interessi fra i due sistemi economici e politici che è ormai molto solido, e che si dispiega in obiettivi paralleli su dossier strategici, dalla difesa all’aerospazio, dall’integrazione massiccia delle due economie ad interessi geopolitici convergenti, i due leader hanno ripreso a parlarsi. 

Sul piatto dell’incontro di ieri sera c’è certamente una richiesta francese, quella bollinatura delle tecnologie nucleari fra quelle compatibili alla transizione energetica che per Parigi è essenziale. L’Italia può dare una mano. E certamente, in cambio, può dare Parigi una mano a Roma, in primo luogo sul fronte migranti, specie per l’esplosiva situazione della Tunisia, aiutando il pressing diplomatico che il governo italiano sta facendo sul Fondo monetario internazionale perché sblocchi finanziamenti essenziali alla stabilità del Paese africano, ma più in generale su tutto il dossier migranti. “Al di là di qualche divergenza sui porti, italiani e francesi la pensano allo stesso modo su tutta la materia, basta mettersi d’accordo”, raccontano i diplomatici italiani. Anche di questo, a margine della cena del vertice europeo, hanno discusso i due Presidenti nel loro primo incontro ufficiale. Con Parigi avvolta nella guerriglia e nelle proteste, Macron ha bisogno di sponde sui suoi temi europei: il nucleare, la risposta comune alle migrazioni, un fondo ad hoc per le tecnologie pulite e il rilancio della competitività dell'Unione.

Il piatto fin troppo ricco del Consiglio Ue 

Ma se l'incontro con Emmanuel Macron si è tenuto ‘dopo cena’ (quella del vertice del Consiglio Ue), per tutto il giorno nel Consiglio europeo si discute, al termine di una serpentina di dibattiti, tra Ucraina, piano Net Zero, Patto di Stabilità, energia e migranti. Non è un vertice facile per nessuno perché si pone come una sorta di primo tempo di una partita che si concluderà a fine giugno, con la possibilità di un summit straordinario a maggio. E' il vertice delle sfide di medio e lungo termine. E dei posizionamenti. La premier arriva all'Europa Building con un triplice obiettivo: mantenere il punto - fortemente critico - sull'eccessiva ideologizzazione del Green Deal, difendersi dai falchi sulla riforma del Patto di Stabilità che sarà partorita solo ad aprile e rilanciare la battaglia sui migranti. E su due di queste tre battaglie la sponda di Parigi, per l'Italia, è imprescindibile. "Sui migranti mi aspetto passi avanti dall'Ue ma posso dire di essere soddisfatta della bozza di conclusioni", è l'esordio di Meloni. Le conclusioni in realtà non segnano alcuna svolta ma ribadiscono la necessità di una rapida attuazione del Piano d'Azione della Commissione. Per l'Italia si può fare di più. Già nel panel sull'Ucraina, presente il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, Meloni spiega che la guerra ha provocato uno "shock geopolitico" non solo sul fronte Est ma anche su quello Sud. Destabilizzando il Sahel - con il contributo della Wagner - e creando una "tempesta perfetta" nel Maghreb, dove la Tunisia rischia di saltare in aria. E, non a caso, la premier torna su un punto caro all'Italia: Banca Mondiale, Fmi e Ue sono invitati a fare di tutto per sborsare i fondi a Tunisi. Sui migranti i 27 camminano sui carboni ardenti. Almeno in dieci ne parlano, prima nelle riunioni e poi a cena e ognuno porta acqua al suo mulino. "Bisogna attuare il regolamento di Dublino e rafforzare le frontiere", sottolinea l'olandese Mark Rutte. I Paesi Med, Italia in testa, ribadiscono la necessità di azioni comuni per prevenire le partenze e una seria applicazione del principio di solidarietà. Chiedendo, anche, più fondi europei. Ma sui migranti, e non solo, si riversano anche parte delle tensioni tra i vertici della Ue: Ursula von der Leyen, a cena, illustra i progressi operativi fatti dalla Commissione quando, nel pomeriggio, circola un'analisi tecnica degli uffici del Consiglio che tacciano di "vaghezza" le misure messe in campo. Al vertice di inizio primavera si litiga, dunque, ma non troppo. Come sul tema della competitività. "Oggi a tutti sono chiesti importanti investimenti per la transizione ecologica, digitale, per le catene di approvvigionamento strategiche. Non si può pensare che gli investimenti necessari a rendere competitivo il nostro sistema non siano tenuti in considerazione nella governance", è la linea della Meloni. L'idea è quella di una golden rule nel nuovo Patto di permettere ai Paesi con elevato debito un percorso di rientro non su 4 ma su 7 anni. "L'Ue impari dai suoi errori", scandisce la premier, consapevole della serietà del tema. Perché, parallelamente, prosegue la trattativa sul Pnrr e sulle modifiche che vorrebbe presentare l'Italia. Ne parlano, nel pomeriggio, il ministro per gli Affari Ue Raffaele Fitto e il commissario Paolo Gentiloni. La trattativa non è facile, anzi. Nel frattempo la luce verde dell'Ue sulla terza tranche di fondi del Recovery non è ancora arrivata. Insomma, di legna da ardere ce n’è e, come sempre, questi vertici sembrano sempre bicchieri mezzi pieni o mezzi vuoti, a seconda di chi li commenta e come. Di certo, il ‘post-cena’ con Macron è, per Meloni, un vero mezzo pieno. 

Meloni e Salvini appianano le divergenze

Sul fronte interno, la premier ha ribadito che le (presunte) differenze con la Lega sulla fornitura delle armi all’Ucraina “francamente non mi preoccupano perché bado, come ho detto molte altre volte, ai fatti. E nei fatti io su questo, sulla linea italiana che è una linea molto chiara, non ho mai avuto problemi", ha evidenziato Meloni. "Al di là delle posizioni espresse, del necessario richiamo a continuare a lavorare per una soluzione del conflitto, per la quale ovviamente tutti lavoriamo. Il punto è capire cosa sia utile effettivamente alla fine del conflitto". "Io ho detto come la penso: - ha aggiunto - non c'è nell'attuale contesto misura più efficace di garantire un equilibrio tra le forze in campo. L'unico modo per costringere, se vogliamo, a una negoziazione che dev'essere giusta, non si può prescindere da chi è l'aggressore e chi è l'aggredito". In effetti, anche Salvini, rispondendo a una domanda dei cronisti, assicura: "Ho sentito Giorgia anche stamattina: andiamo d’accordo su tutto. A sinistra si mettano l'anima in pace. Matteo e Giorgia sono in totale, perfetta, sintonia e armonia. Chi proverà a farci litigare ci rimarrà male". Sarà, ma non pare… 

Il contro-vertice di Elly Schlein con il Pse

Dall’altro lato c’è, invece, il controvertice di Elly, la segretaria del Pd. “Sono qui anche per fare networking”, insomma per farsi i contatti, racconta Elly Schlein a Repubblica, a spasso per le vie di Bruxelles, quando è appena finito il vertice del Pse, dove i big socialisti l’aspettavano con un misto di curiosità e benevolenza che si deve ai nuovi arrivati. “Dobbiamo fare rete – dice la segretaria dem, gessato e scarpe lucide, c’erano troppi primi ministri per calzare le solite sneakers – non lasciamo l’internazionalismo ai nazionalisti, abbiamo molti più valori in comune noi. Così possiamo vincere la sfida delle elezioni del 2024”. Il networking, a quanto pare, procede bene: nei salottini del Sofitel, Schlein parla a lungo col premier spagnolo Pedro Sanchez, “la vostra legge contro i contratti precari è un modello”, gli dice; si scambia il cellulare con Magdalena Andersson, la leader dei socialisti svedesi. Lars Klingbeil, il co-leader della Spd (il cancelliere Olaf Scholz resta solo per pochi minuti) si fa avanti, le chiede un selfie: “Ma con questo cognome, hai origini tedesche?”, “No, svizzere”. Saluta, Schlein, la finlandese Sanna Marin, a cui vorrebbe copiare la legge sui congedi parentali. Va a braccetto con Frans Timmermans, che la conosce da 10 anni e la chiama “Elly” e spende parole al miele, “anche qui ha parlato benissimo, come sempre”. E quando si mette in posa col vicepresidente della Commissione Ue, la segretaria del Pd si concede una battuta sulle vicende di casa nostra: “Ecco, avete la foto dell’incontro con Bonaccini”. Risate. In effetti i due, Timmermans e Bonaccini, si somigliano molto (anche per linea politica). 

Al grande albergo di place Jourdan, i leader socialisti accolgono Schlein con un applauso, appena Stefan Löfven, l’ex premier svedese che ora presiede il Pse, la presenta facendo gli onori di casa. Seguono complimenti a ruota, dal commissario europeo al Lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit, a quello dell’Economia, Paolo Gentiloni, che la benedice davanti ai microfoni: “È stato un ottimo esordio di Schlein, un discorso in perfetto inglese”. Oltre a tessere la tela dei rapporti internazionali, a Schlein il vertice pre-Consiglio europeo serve per rassicurare gli alleati sulla posizione che il nuovo Pd terrà sull’Ucraina. “Ho ascoltato con attenzione il segretario della Nato, Stoltenberg. Lo conoscevo già da prima. Sulla guerra la nostra linea non cambia, dobbiamo proseguire nel supporto convinto all’Ucraina contro l’invasione criminale da parte della Russia”.

La segretaria del Pd insiste sul tema migranti

La visita è anche l’occasione per toccare da vicino i dossier cruciali che passano da Bruxelles. A cominciare dai migranti, il tema su cui Giorgia Meloni è più in difficoltà. Schlein parte da due proposte. La prima: estendere la protezione temporanea a tutti i rifugiati, non solo agli ucraini. “Quando c’è stata la necessità di accogliere un gran numero di persone che stavano fuggendo dalla guerra in Ucraina si è attivata per la prima volta la direttiva sulla protezione temporanea – ragiona Schlein - Questo ha permesso alle persone arrivate in Polonia di transitare legalmente verso gli altri Paesi europei per poter chiedere protezione. Perchè questo non si fa anche con chi, come è successo nella tragedia di Crotone, sta fuggendo dall’Afghanistan o dalla Siria?”. L’altra proposta è un’operazione di ricerca e soccorso in mare, sotto l’egida dell’Ue. “Una Mare Nostrum europea”, la chiama Schlein.

Davanti a cronisti e cameramen, la leader Pd insiste sul tema. Pungola Meloni, sapendo che nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo la premier strapperà ben poco. “Adesso che sono al governo rivendicano una centralità per due righe che non dicono niente di concreto”, attacca. Meloni, per la segretaria dem, “sbaglia a fare le domande in Europa, dovrebbe chiedere maggiore condivisione delle responsabilità sull'accoglienza, ma non ha il coraggio di affrontare i suoi alleati nazionalisti come Orbán”.

Nelle 24 ore brussellesi, la nuova inquilina del Nazareno apre anche altri capitoli. Come lo stop ai motori a scoppio dal 2035, di cui parla con Timmermans nel palazzo della Commissione. Al contrario della Germania e del governo Meloni, il Pd, rimarca la segretaria, “darà il pieno supporto a queste proposte”, a patto che siano accompagnate “da risorse per famiglie e lavoratori”. E con Gentiloni, subito dopo, discute del Next Generation Eu, che “deve diventare uno strumento permanente”, della riforma del patto di stabilità, “che sosteniamo, con l’introduzione di maggiore flessibilità”, e ovviamente del Pnrr, con un’altra stoccata al governo: “Sono preoccupata – dice Schlein - perché la destra sembra dimenticare le direzioni giuste”. Intanto, però, la Meloni ha incassato l’incontro con Macron e la buona accoglienza di tutti i vertici della Ue, di ogni colore politico. Elly solo dei suoi socialisti.