Una sanità che deve avvicinarsi ai cittadini, poter contare su più investimenti, scommettere su medici-ricercatori. Obiettivo: uscire presto dalla pandemia e costruire solide basi per il futuro. È il programma di rilancio per il sistema sanitario nazionale che è emerso dagli interventi del talk «La sanità futura tra innovazione e ricerca» organizzato da Rcs Academy, Corriere della Sera e Corriere Salute. L’intervista del direttore del Corriere Luciano Fontana a Roberto Speranza, ministro della Salute, ha aperto l’incontro online. «Non possiamo permetterci una nuova ondata all’inizio del 2021. - ha sottolineato Speranza - La mia linea è e resta quella della massima prudenza. Finché non avremo cure certe e un vaccino sicuro ed efficace, l’unica arma che abbiamo sono le restrizioni».
Il ruolo dell’industria
A proposito di vaccini contro il Covid e delle difficoltà ipotizzate nel loro trasporto – il preparato di Pfizer, per esempio, deve essere conservato a bassissime temperature – il mondo della farmaceutica si è detto pronto a mettere in campo soluzioni adeguate. «È un problema delle aziende che sono responsabili di consegnare il vaccino fino al punto di erogazione finale – ha detto Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria -. Ci penseremo noi».
L’integrazione ospedale-territorio
Nell’emergenza coronavirus, l’assistenza territoriale è uno dei punti più deboli. Imparando da questa esperienza, è necessario «avvicinare i servizi ai pazienti. Serve un rafforzamento delle cure primarie come la diagnostica e l’allocazione delle risorse ospedaliere soltanto sui casi urgenti» ha spiegato Lorenzo Positano, managing director and partner BCG. Ma fin da ora bisogna lavorare sull’integrazione ospedale-territorio, come già sta avvenendo in alcune realtà descritte da Elena Bottinelli, amministratore delegato degli Irccs San Raffaele e Galeazzi di Milano. In questo percorso la digitalizzazione potrebbe svolgere un ruolo importante. «Dovremmo partire con un sistema che prenda in carico anche con strumenti digitali il paziente e supporti il medico di famiglia» per Marco Elefanti, dg della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs.
Il ruolo della ricerca
La pandemia ha messo in evidenza anche i nodi del mondo della ricerca. Cosa abbiamo imparato da questi mesi? «Che al ricerca fondamentale di alta qualità. È una cintura di sicurezza per il Paese e l’umanità – per Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas -. Da qui sono arrivati alcuni dei candidati vaccini contro il Covid-19».
Gli intralci burocratici
Ma anche che in questo settore, come in altri, si devono abbattere i “silos” comunicativi secondo Fabio Ciceri, direttore scientifico del San Raffaele. Non ultimo, la ricerca va agevolata e liberata dal fardello della burocrazia, nel pieno rispetto dei paletti etici, ha rimarcato l’infettivologo Massimo Galli. Tra le esperienze positive di questi mesi per Valentino Confalone (vice president e general manager Gilead Sciences Italia) c’è l’idea del comitato etico unico «che va replicata, in particolare nell’area delle terapie avanzate». Nel talk è emersa anche l’esigenza di guardare oltre le difficoltà attuali e porre attenzione «a tutte quelle patologie che sono rimaste indietro a causa dell’emergenza e saranno le prossime pandemie» per usare le parole del presidente e ad di Sanofi Italia Marcello Cattani.
La sinergia tra pubblico e privato
Forte l’accento sulle sinergie tra pubblico-privato e tra enti di ricerca sul bisogno di «un modello di gestione della sanità in Italia che metta più a fattor comune le competenze», come detto da Micol Fornaroli, ceo MTD Medical Technology and Devices. E di sinergie, stavolta tra strutture e centri di ricerca pediatrici, ha parlato anche Antonella Viola, direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza. Progetti, idee, proposte che vanno però messi in ordine di priorità. Molti i fondi in arrivo dall’Unione Europea.
I fondi europei
«L’Italia non ha ancora speso quelli già a disposizione», ha lanciato l’allarme il consigliere del Ministero della Salute Walter Ricciardi. «Prima dobbiamo decidere quali riforme vogliamo mettere in campo, poi dobbiamo fare un’adeguata programmazione sanitaria» è il monito di Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe.