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Vanity Fair Stories 2022, Jonathan Bazzi, Muriel e Francesco Cicconetti: «Il cambiamento siamo noi»

«Sono il Ceo del cambiamento, sono un ragazzo trans, mi è cambiata la faccia anche nel corso degli anni non posso non pensare che il più grande cambiamento per me sia stato il percorso di transizione. Ha cambiato la mia percezione del mondo». L'attivista lgbtq+, Francesco Cicconetti è salito sul palco del Vanity Fair Stories, il più grande evento completamente dal vivo di Vanity Fair che per la prima volta va in scena al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano (via Larga 14), insieme allo scrittore Jonathan Bazzi e la content cretor Muriel

Il tema di quest'anno è The change is you, storie che cambiano il mondo. In teatro si alternano tanti personaggi che del cambiamento sono parte attiva: attori e registi, comici e cantanti, scrittori, ballerini, figure chiave della cultura. 

«Il cambiamento per me è sicuramente rappresentato dal rapporto con il mio corpo, è anche una delle tematiche principali che affronto sui social», ha raccontato Muriel, condividendo con il pubblico i momenti più intimi del suo percorso. «Per tutta la mia vita ho avuto un brutto rapporto con il mio corpo, lo ripudiavo e non avevo dialogo costruttivo, tendevo sempre ad auto distruggermi. Poi nel 2019 ho partecipato a una sfilata: volevo dire di no ma ho pensato che potesse aiutarmi ad uscire dalla mia confort zone e alla fine è stato proprio così. Al termine sono scoppiata in un pianto liberatorio e ho iniziato da lì a vivere, banalmente tornando al mare, una cosa che non facevo da anni. La cosa che è cambiata davvero per me in questi anni è che ho capito che posso fare quello che voglio, indipendentemente dal mio fisico».

Per capirlo Jonathan Bazzi ha fatto una delle cose più difficili: è andato lontano da ciò che conosceva. Lontano da casa sua a Rozzano, lontano dagli affetti, dalle certezze. «Se dovessi scegliere un cambiamento primario credo sia stato il fatto di essermi trasferito dal posto in cui sono nato alla città, a Milano. Non solo per una questione di luogo, geografica ma perché Rozzano è uno di quei posti costruiti un po' artificialmente e in cui si è creato un mondo a se stesso, un microcosmo. Sentivo che quello spazio, quella distanza, non era così incontrovertibile e quindi ho cercato di riempirla». 

Ripensando a loro stessi bambini, Bazzi, Cicconetti e Muriel si sono rivisti adolescenti davanti a se stessi e hanno provato a parlarsi ancora. «Io mi sono molto autogestito», ha raccontato Jonathan Bazzi. «E quando viene fatto troppo presto si creano dei problemi, delle aspettative di te che non riesci mai ad appagare e quindi potendo tornare indietro, regalerei a quel bambino della condivisione concreta». 

«Paura» e «consapevolezza» sono le parole che avrebbero voluto sentirsi dire Francesco Cicconetti e Muriel. «Avrei voluto che qualcuno mi avesse detto che era normale avere paura di iniziare il percorso di transizione. Pensare che non si debbano avere timori è quasi violento» ha concluso Cicconetti. «Una cosa che direi alla me del passato è di considerare anche la parte mentale. Si pensa che il corpo sia solo una cosa fisica ma io sono dimagrita tante volte e anche quando dimagrivo non ero felice perché non curavo mai la mente. Anzi, quando stai meglio di testa vivi meglio anche solo il tuo corpo, non è una questione di peso e basta». 

Tutto l'intervento è disponibile sul video qui sopra. 

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