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Vanity Fair Stories 2022, Lino Guanciale: «Quella volta che, a Venezia, mi sono ritrovato in bagno con Ettore Scola»

Dopo il successo delle quattro precedenti edizioni, torna il Vanity Fair Stories, il più grande evento completamente dal vivo di Vanity Fair che per la prima volta va in scena al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano (via Larga 14).

Tema di quest'anno The change is you, storie che cambiano il mondo. Sul palcoscenico si alternano tanti personaggi che del cambiamento sono parte attiva: attori e registi, comici e cantanti, scrittori, ballerini, figure chiave della cultura.

Tra questi anche Lino Guanciale, attore e sceneggiatore, che alla domanda “Quante ore trascorre davanti allo specchio”, risponde: «Mai più di 7 secondi consecutivi. Salvo poi specchiarmi, durante il resto giorno ogni volta che passo davanti a una superficie riflettente! Questo è legato al fatto di non avere tanto “il polso” di cosa funzioni esattamente a livello estetico e cosa no».

Le capita di «riguardarsi» anche dopo aver girato una fiction?

«Il fatto è che bisogna imparare a farlo dal punto di vista tecnico, per migliorarsi. Ci si mette un po' a guardarsi con obiettività. Ogni volta il mio primo impatto è: “Oh mio Dio!". Solo dopo essermi rivisto per un po' inizio ad avere la lucidità giusta».

In verità, non ha sempre voluto fare l'attore…

«Quando avevo 3 anni, volevo fare il benzinaio, perché i benzinai avevano questi portafogli sempre gonfi di soldi, per me erano ricchissimi. E poi c'era l'odore inebriante della benzina: insomma, per me era il mestiere più bello del mondo! Poi c'è stata la fase, che è durata fino alla scuola Superiore, in cui volevo fare il giornalista. A 19 anni partecipai persino a un concorso dell'associazione Cinema Avvenire, che premiava i migliori elaborati sul cinema scritti da ragazzi offrendo la possibilità di andare al Festival di Venezia a fare i reporter. Fui selezionato e un giorno, mentre mi trovavo a Venezia, intrufolatomi con il mio badge da reporter nell'Hotel Excelsior, dove soggiornano grandi star del cinema, ad un certo punto andai nei bagni e mi ritrovai fianco a fianco, a fare la pipì, con il grande regista Ettore Scola, il quale, giratosi verso di me, mi salutò persino con un “Buonasera"! Qualche sera dopo, invece, ero al lido con un amico, in attesa che iniziassero i film. Era quasi l'alba e ad un certo punto vedemmo arrivare un signore con una vestaglia in stile “Aladino” e con le classiche babbucce con la punta rivolta all'insù. Ebbene, eravamo quasi pronti a commentare quando ci accorgemmo che quel signore che pure ci salutò era John Malcovich!».

Che cosa è, per lei, il cambiamento?

«Per me il cambiamento è il “rischio”. Così come è stato quando ho deciso di fare questo mestiere. Vengo da una città di provincia, all'epoca c'erano ancora le cosiddette “professioni sicure”: chi prendeva certi diplomi o certe lauree. Con la recitazione io non puntavo al successo, mi interessava costruirci una vita intorno. Avevo anche sostenuto la prova di ingresso a Medicina, ma poi avevo rifiutato di proseguire, con grande sgomento della mia famiglia. Ho corso un grande rischio perché ero convinto che ne valesse la pena. E questo rischio significa tanta paura, incertezza, ma anche il piacere di dire: “se va tutto bene, però…”».

Quale considera la più grande soddisfazione della sua vita?

«Essere riuscito ad avere una famiglia, una cosa che decidi di fare non perché “ce l'hanno tutti”. Il fatto di aver trovato una donna meravigliosa che mi sopporta e che mi supporta, di avere avuto un bambino… Questa è certamente la soddisfazione più grande. Poi viene tutto il resto».

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