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Milano, usavano il figlio di 11 anni per spacciare cocaina: condannati i genitori

Avevano coinvolto nell’attività di spaccio di cocaina il figlio. Un bambino di soli 11 anni in grado di confezionare le dosi, di consegnarle come un «cavallino» e di accompagnare il padre fuori regione per consegne più ingenti. R.P., 54 anni, e la madre del piccolo A.B., 37 anni, sono stati condannati in abbreviato a Milano rispettivamente a 9 anni e 2 mesi e 8 anni. Una pena inflitta dal giudice Alessandra Di Fazio a poco più di anno dall’esecuzione di un’ordinanza del gip Alessandra Simion che aveva chiuso un’inchiesta dei carabinieri, coordinata dal pm Gianluca Prisco e dall'aggiunto Alessandra Dolci della Dda, con ventisette custodie cautelari in carcere e altre dieci ai domiciliari.

Con loro in cella erano finiti anche Domenico Iamundo, calabrese di Joppolo legato ai Mancuso di Limbadi, e Gabriele Argirò da Petilia Policastro, soprannominato «Hulk», «Pacchetto» e «Doraemon» e vertice di uno dei tre gruppi smantellati con legami con la ‘ndrina Di Giovine-Serraino di Reggio Calabria. Anche loro sono stati condannati: il primo a 6 anni di reclusione, il secondo a 15 anni di reclusione.

Una storia di traffici di cocaina, hashish e marijuana a Milano come tante altre. In cui però questa volta il passaggio più scioccante era il ruolo attivo del bambino figlio di due «tuttofare» di un boss del narcotraffico. «Fai velocissimo vai da tuo padre, prendi questo... chiamalo da parte non ti far vedere davanti a nessuno…», diceva la madre al figlio in un’intercettazione della sera 12 aprile 2019. «Stai tranquilla, so quello che faccio…», la tranquillizzava lui mentre riceveva una dose di cocaina. E ancora: «Sono intelligente! Sono più furbo di una volpe…». Un involucro che l’undicenne doveva consegnare al padre prima della cessione a un acquirente cocainomane in attesa sotto la loro casa.

Qualche settimana prima il ragazzino aveva accompagnato il padre in Veneto. Era il pomeriggio del 22 marzo. R.P. ha chiamato la moglie per avvisarla del viaggio notturno con destinazione Mestrino (in provincia di Padova) per una consegna di droga. Ma a rispondere è il figlio: «Verso che ora andiamo?», chiedeva. «Eh tardi», replicava il papà. «Ma il tuo amico lo devi vedere di notte?», insisteva il ragazzino. «Oh, mi fai parlare con la mamma per favore», si spazientiva l’uomo. Che poi se la prende con la madre: «Ma m., gli passi il telefono al bambino oh?». Ed è a mezzanotte e mezza che padre e figlio sono saliti in auto per incontrare un acquirente marocchino, che verrà poi arrestato con 313 grammi di cocaina e 5.275 euro in contanti. Lo stesso quantitativo nascosto nello zaino di scuola rossa dell’undicenne.

Il giugno successivo il ragazzino era stato poi affidato a una comunità per minori e tolto ai genitori. E questo quando i militari della compagnia Duomo li avevano arrestati in flagranza. Nella loro casa di via Jacopino da Tradate avevano trovato droga, cinque pistole, una carabina e un giubbotto antiproiettile. E anche il cane Arhat. L’animale, che darà il nome all’operazione antidroga, era diventato quasi assuefatto ad hashish e cocaina: «È attrattissimo da questa cosa, se ce l’hai addosso te la sgama subito…».