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Udienza ai membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice e della Strategic Alliance of Catholic Research Universities (SACRU)

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice e della Strategic Alliance of Catholic Research Universities (SACRU), in occasione della presentazione del volume: “More Women’s Leadership for a Better World. Care as a Driver for our Common Home”.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto loro nel corso dell’udienza:

Discorso del Santo Padre

Cari amici, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio la Prof.ssa Tarantola e il Rettore Anelli per le parole che mi hanno rivolto, e saluto tutti voi, membri della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice e della rete tra Università cattoliche SACRU.

Ci incontriamo in occasione della presentazione del volume Più leadership femminile per un mondo migliore. Il prendersi cura come motore per la nostra casa comune. Esso tratta di un tema a me molto caro: l’importanza del prendersi cura. È stato uno dei primi messaggi che ho voluto dare alla Chiesa fin dall’inizio del Pontificato, ricordando il modello di San Giuseppe, tenero custode del Salvatore[1]. Tenero custode che si prende cura.

Prima di soffermarmi brevemente su alcuni aspetti particolari dell’opera, vorrei sottolinearne uno più generale. Come è stato ricordato, infatti, essa è frutto di una notevole varietà di contributi, raccolti ed elaborati attraverso la collaborazione, finora inedita, tra alcune Università cattoliche sparse nel mondo e una Fondazione vaticana interamente laicale. Si tratta di una modalità nuova e significativa, in cui la ricchezza dei contenuti deriva dall’apporto di esperienze, competenze, modi di sentire e approcci diversi e complementari. È un esempio di multidisciplinarità, multiculturalità e condivisione di sensibilità diverse: valori importanti non solo per un libro, ma anche per un mondo migliore.

In questa luce, vorrei sottolineare tre aspetti del prendersi cura quale apporto delle donne per una maggiore inclusività, per un maggior rispetto dell’altro e per affrontare in modo nuovo sfide nuove.

In primo luogo per una maggiore inclusività. Nel volume si parla del problema delle discriminazioni che spesso colpiscono le donne, come altre categorie deboli della società. Tante volte ho ricordato con forza che la diversità non deve mai sfociare nella disuguaglianza, ma piuttosto in una grata e reciproca accoglienza. La vera sapienza, con le sue mille sfaccettature, si impara e si vive camminando insieme, e solo così diventa generatrice di pace. Questa vostra ricerca è dunque un invito, grazie alle donne e in favore delle donne, a non discriminare ma a integrare tutti, specialmente i più fragili a livello economico, culturale, razziale, e di genere. Nessuno deve essere escluso: questo è un principio sacro. Infatti, il progetto di Dio Creatore è un progetto «essenzialmente inclusivo» - sempre -, che mette al centro proprio «gli abitanti delle periferie esistenziali»[2]; è un progetto che, come fa una madre, guarda ai figli come alle dita diverse della sua mano: inclusiva, sempre.

Secondo apporto: per un maggiore rispetto dell’altro. Ogni persona va rispettata nella sua dignità e nei suoi diritti fondamentali: istruzione, lavoro, libertà di espressione, e così via. Questo vale in modo particolare per le donne, più facilmente soggette a violenze e soprusi. Una volta ho sentito un esperto in storia che diceva come sono nati i gioielli che portano le donne – alle donne piace portare i gioielli, ma adesso anche agli uomini –. C’era una civiltà dove c’era l’abitudine che il marito, quando arrivava a casa, avendo tante mogli, se una non le piaceva le diceva: “Vattene, fuori!”; e quella doveva andarsene con ciò che aveva addosso, non poteva entrare a prendere le sue cose, no, “te ne vai adesso”. È per questo – secondo quella storia – che le donne hanno incominciato ad avere oro addosso, e lì sarebbe l’inizio dei gioielli. È una leggenda, forse, ma interessante. Da tanto tempo la donna è il primo materiale di scarto. È terribile questo. Ogni persona va rispettata nei suoi diritti.

Non possiamo tacere di fronte a questa piaga del nostro tempo. La donna è usata. Sì, qui, in una città! Ti pagano di meno: beh, sei donna. Poi, guai ad andare con la pancia, perché se ti vedono incinta non ti danno il lavoro; anzi, se al lavoro ti vedono che incomincia, ti mandano a casa. È una della modalità che, oggi, nelle grandi città si usa: scartare le donne, per esempio con la maternità. È importante vedere questa realtà, è una piaga. Non lasciamo senza voce le donne vittime di abuso, sfruttamento, emarginazione e pressioni indebite, come queste che ho detto con il lavoro. Facciamoci voce del loro dolore e denunciamo con forza le ingiustizie a cui sono soggette, spesso in contesti che le privano di ogni possibilità di difesa e di riscatto. Ma diamo anche spazio alle loro azioni, naturalmente e potentemente sensibile e orientata alla tutela della vita in ogni stato, in ogni età e in ogni condizione.

E veniamo all’ultimo punto: affrontare in modo nuovo sfide nuove. La creatività. La specificità insostituibile del contributo femminile al bene comune è innegabile. Lo vediamo già nella Sacra Scrittura, dove spesso sono le donne a determinare svolte importanti in momenti decisivi della storia della salvezza. Pensiamo a Sara, a Rebecca, a Giuditta, a Susanna, a Rut, per culminare con Maria e le donne che hanno seguito Gesù fin sotto la croce, dove – notiamo – degli uomini era rimasto solo Giovanni, gli altri sono andati via tutti. Le coraggiose erano lì: le donne. Nella storia della Chiesa, poi, pensiamo a figure come Caterina da Siena, Giuseppina Bakhita, Edith Stein, Teresa di Calcutta e anche le donne “della porta accanto”, che sappiamo con tanta eroicità portare avanti matrimoni difficili, figli con problemi… L’eroicità delle donne. Al di là degli stereotipi di un certo stile agiografico, sono persone impressionanti per determinazione, coraggio, fedeltà, capacità di soffrire e di trasmettere gioia, onestà, umiltà, tenacia.

Quando a Buenos Aires io prendevo il bus che andava a un settore nord-ovest, dove c’erano molte parrocchie, quel bus passava sempre vicino al carcere e c’era la coda delle persone che quel giorno andavano a visitare i carcerati: il 90% erano donne, le mamme, le mamme che mai abbandonano il figlio! Le mamme. E questa è la forza di una donna: forza silenziosa, ma di tutti i giorni. La nostra storia è letteralmente costellata di donne così, sia di quelle famose, sia di quelle ignote – ma non a Dio! – che mandano avanti il cammino delle famiglie, delle società e della Chiesa; a volte con mariti problematici, viziosi… i figli vanno avanti… Ce ne accorgiamo anche qui, in Vaticano, dove le donne che “lavorano sodo”, pure in ruoli di grande responsabilità, sono ormai molte, grazie a Dio. Per esempio dal momento che la vice-governatrice è una donna, le cose funzionano meglio, qui, molto meglio. E altri posti, dove sono donne, segretarie, il Consiglio dell’Economia, per esempio, sono sei cardinali e sei laici, tutti uomini. Adesso è stato rinnovato, due anni fa, e dei laici uno è uomo e cinque donne, e ha incominciato a funzionare, perché hanno una capacità diversa: di possibilità di agire e anche di pazienza. Raccontava una volta un dirigente del mondo lavorativo, un operaio che era arrivato a capo del sindacato, in quel momento, con molta autorità – non aveva il papà, soltanto la mamma, poverissimi, lei faceva lavoro domestico, abitavano in una casa piccolina: il dormitorio della mamma, e poi una piccola sala per mangiare e lui dormiva in quella sala, spesso si ubriacava di notte, aveva 22-23 anni – raccontava che quando la mamma usciva il mattino a lavorare, a fare le pulizie nelle case, si fermava, lo guardava: lui era sveglio ma faceva finta di non vedere, di essere addormentato, lo guardava e se ne andava. “E quella costanza di mia mamma, di guardarmi senza rimproverarmi e tollerarmi, un giorno mi ha cambiato il cuore, e così sono arrivato dove sono arrivato”. Soltanto una donna sa fare questo; il papà lo avrebbe cacciato via. Dobbiamo vedere bene il modo di agire delle donne: è una cosa grandiosa.

Siamo in un tempo di cambiamenti epocali, che richiedono risposte adeguate e convincenti. Nel contesto dell’apporto della donna in questi processi, vorrei accennare a uno di essi: il progressivo sviluppo e utilizzo delle intelligenze artificiali e il delicato problema, ad esso collegato, del nascere di nuove e imprevedibili dinamiche di potere. È uno scenario a noi in gran parte ancora sconosciuto, in cui i pronostici non possono che essere congetturali e approssimativi. Ebbene, le donne in questo campo hanno tanto da dire. Esse, infatti, sanno sintetizzare in modo unico, nel loro modo di agire, tre linguaggi: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani. Ma sinfonicamente. La donna, quando è matura, pensa quello che sente e fa; sente quello che fa e pensa; fa quello che sente e pensa: è un’armonia. Questa è la genialità della donna; e insegna a farlo agli uomini, ma è la donna ad arrivare prima a questa armonia dell’espressione, anche del pensare con i tre linguaggi. È una sintesi propria solo dell’essere umano e che la donna incarna in maniera meravigliosa – non dico esclusiva, meravigliosa e anche primariamente – come nessuna macchina potrebbe realizzare, perché non sente battere dentro di sé il cuore di un figlio che porta in grembo, non crolla, stanca e felice, di fianco al lettino dei suoi bambini, non piange di dolore e di gioia partecipando ai dolori e alle gioie delle persone che ama. Il marito lavora, dorme e… va avanti. E invece queste cose una donna le fa in modo naturale e, le fa in modo unico, proprio per la capacità che ha di prendersi cura. Per questo, come scrivevano i Padri del Concilio Vaticano II, possiamo dire che «in un momento in cui l’umanità conosce una […] profonda trasformazione, le donne […] possono tanto operare per aiutarla a non decadere»[3].

Con questa convinzione, vorrei allora concludere il nostro incontro facendo mie le parole di San Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem: «La Chiesa […] rende grazie per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate, […] per le donne che lavorano professionalmente, […] per tutte: […] in tutta la bellezza e ricchezza della loro femminilità»[4].

Grazie, cari amici! Complimenti per questa importante ricerca e tanti auguri per il vostro lavoro. Vi benedico. E per favore vi chiedo di pregare per me. Grazie.

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[1] Cfr Omelia nella Messa di inizio del Ministero Petrino, 13 marzo 2013.

[2] Cfr Messaggio per la 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2022, 9 maggio 2022.

[3] Messaggio del Concilio alle Donne, 8 dicembre 1965.

[4] San Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem, n. 31

[00419-IT.02] [Testo originale: Italiano]

[B0194-XX.02]