Laura Boldrini la spara veramente grossa contro il governo e la “lottizzazione” della Rai. Ospite dell’ultima puntata di Piazzapulita, l’ex presidente della Camera dei Deputati le prova di tutte pur di attaccare a spron battuto Giorgia Meloni e l’esecutivo di centrodestra, ma alla fine si lascia a una pazzesca dichiarazione che fa acqua da tutte le parti e che si rivelerà un clamoroso boomerang.
Nel salotto di Formigli, su La7, se n’era appena andata via Elly Schlein al termine di un’intervista in cui non aveva certo brillato per linearità di argomentazioni contro la maggioranza parlamentare, tra immigrazione, rapporti con l’Europa e le riforme della Costituzione. Ed è proprio sulla scia della revisione della Carta che la Boldrini ha voluto fortemente insistere, cercando di difendere a tutti i costi l’attuale ordinamento costituzionale. Peccato che, a un certo punto, la parlamentare dei dem abbia deciso di impelagarsi in un ragionamento che l’ha portata a schiantarsi dialetticamente.
Tra i partecipanti al dibattito, oltre a Laura Boldrini, erano presenti anche Italo Bocchino, direttore de Il Secolo d’Italia, Carlo Cottarelli (fresco di dimissioni dal Pd e dal Parlamento), Francesco Specchia di Libero e Sandro Ruotolo, neo responsabile dell’Informazione della segreteria nazionale del Partito Democratico. A un certo punto Formigli aggancia tra loro i temi del premierato e delle nomine della Rai dopo le dimissioni dell’ad Carlo Fuortes.
L’ex terza carica dello Stato respinge totalmente i tentativi del governo Meloni di rispettare la parola data durante la campagna elettorale e di realizzare l’obiettivo di portare la Repubblica Italiana all’elezione diretta del presidente del Consiglio. “Tutto è collegato – sostiene la Boldini -. Se il presidente del Consiglio elegge l’amministratore delegato della Rai e poi facciamo la riforma che va quella direzione di rafforzare il premierato, ma lo vedete o no che c’è una concentrazione del potere totale nelle mani del premier“.
In quel passaggio del suo ragionamento – “se il presidente del Consiglio elegge l’amministratore delegato della Rai” – è palese tutta la confusione che regna tra gli esponenti della sinistra. Innanzitutto il capo del governo non “elegge” proprio un bel niente; al massimo “nomina” qualcuno (e non è esattamente una differenza di così poco conto). Ma l’elemento più grave dal punto di vista normativo – soprattutto per una persona che per cinque anni ha occupato lo scranno più alto di Montecitorio e che comunque è da un decennio abbondante che si occupa di politica istituzionale – è che l‘amministratore delegato della Rai non viene scelto dal premier.
La televisione di Stato, infatti, è una società per azioni partecipata al 99,56% dal ministero delle Finanze. Quindi, secondo la riforma della governance voluta dal governo Renzi (legge 28 dicembre 2015, n. 220), il Mef indica il nuovo ad della Rai per poi proporlo al Consiglio dei Ministri, che ne delibera l’approvazione. Sarà poi la prima riunione del CdA ad assegnare ufficialmente i poteri da amministratore delegato alla persona designata con il suo via libera. Dunque, in appena otto parole, la Boldrini è riuscita a pronunciare due inesattezze: se non è record, poco ci manca.
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