Fumo passivo e tecnologia sono sempre di più i maggiori pericoli per la salute dei neonati

Le ultime rilevazioni hanno evidenziato dei dati ben precisi sulle pratiche utilizzate dalle neo mamme sia durante il periodo della gravidanza, sia soprattutto durante i primi due anni della vita del bambino. Risulta evidente come i problemi maggiori e i pericoli più consistenti circa la salute dei neonati sia dato certamente dall’utilizzo dei dispositivi tecnologici in tenera età, e quindi l’esposizioni a schermi, tv, tablet e vari device, e dal fumo passivo che potrebbe portare a conseguenze importanti dal punto di vista respiratorio. In generale, però, sebbene ci siano ancora diverse cose da migliorare, le buone pratiche vengono generalmente osservate, almeno dall’ampio campione preso in considerazione e con le differenze che non mancano tra Nord e Sud. Certo, bisogna anche andare oltre i dati e farsi qualche domanda in più sul futuro. Soprattutto per quanto riguarda la tecnologia, diventata indispensabile per il presente e ancor di più per il futuro, ma che da risorsa fondamentale sfocia spesso nell’abuso e nell’eccesso, non senza alcuna ripercussione.

Un bambino nato da poco – Nanopress.it

Sono arrivati i dati relativi il Sistema di Sorveglianza e hanno dato delle indicazioni ben precise sui parametri che determinano la salute dei bambini tra zero e due anni. Si tratta di una rilevazione promossa dal Ministero della Salute e coordinata dall’Iss (Istituto superiore di sanità), con cui collaborano anche le regioni e che si pone l’obiettivo di fare luce sui principali fattori che determinano la salute dei neonati e, quindi, ciò che potrebbe metterla a rischio. Stavolta, visto che si tratta della seconda edizione, sono state prese in esame le interviste di 35mila mamme, condotte presso i centri vaccinali delle varie regioni. Oggetto delle domande erano un gran numero di abitudini, dall’utilizzo della tecnologia, all’assunzione di acido folico o del seggiolino allacciato fino al fumo passivo o alla lettura dei libri. Se su diversi temi la percentuale di chi adotta delle pratiche salutari è soddisfacente, in altri casi ancora c’è da migliorare per non mettere a repentaglio la salute di chi ci sta più a cuore.

Prevenire è meglio che curare: il fumo è un male da estirpare, soprattutto a contatto con i più piccoli

A volte è un gesto automatico, un’abitudine anche sociale e facile da sradicare, ma molto più spesso il fumo è una dipendenza che incide sulla propria salute e su quella altrui. È inutile – probabilmente – sottolineare quanto faccia male incastrare tra le dita le sigarette, accenderle e iniziare ad aspirare, ma fuori da ogni moralismo, è ovvio che sia uno dei fattori di rischio più importanti per un gran numero di patologie e neoplasie. Ma non solo, perché spesso quell’abitudine sottovalutata, e che non ci fa percepire immediatamente le conseguenze delle nostre azioni, non nuoce solo a noi stessi, ma anche alla salute di chi ci sta attorno.

Il fumo della sigaretta e i suoi rischi, anche per i neonati – Nanopress.it

Vale, anche e soprattutto, per i più piccoli, per tutti quei bambini che sono esposti con troppa facilità al fumo della sigaretta. Il Sistema di Sorveglianza ha dimostrato che, nonostante tutte le conoscenze che si hanno sul tema, sono ancora tanti i neonati che vengono a contatto con chi consuma nelle loro vicinanze tabacco e simili. Spesso è un luogo comune, ma con un fondo di verità scientifica che non è possibile smentire: le donne che fumano durante il periodo di gestazione rischiano che loro figlio nasca con un peso più basso, sia prematuro e, in percentuale, è maggiormente a rischio di mortalità perinatale. Anche se non dovesse andare così male, è comunque importante sapere che crescono le possibilità che il nascituro abbia, in seguito, problemi respiratori o che soffra di asma. Per fortuna, i dati evidenziano come solo il 6,4% delle mamme fumi ancora in gravidanza, percentuale che aumenta un po’ nel periodo dell’allattamento, arrivando all’8,7% delle mamme. I problemi nascono se si parla dei bambini che sono esposti al fumo passivo, con numeri che cambiano significativamente dalle regioni del Nord a quelle del Sud. Un range di bambini che va dal 27,4% al 46,6% – con maggioranza per le persone del meridione – convive o è regolarmente a contatto con familiari e non che abitualmente fumano. Visto i rischi che rappresenta e che vi abbiamo già illustrato, è un’abitudine scorretta che bisogna sconfiggere una volta per tutte e per cui vale il principio secondo cui prevenire è meglio che curare.

Dall’esposizione agli schermi ai dati sui vaccini: come si comportano le mamme in Italia

Un cellulare collegato al suo caricabatterie – Nanopress.it

Quello relativo il fumo, però, non è assolutamente l’unico parametro che l’indagine ha voluto valutare per valutare i rischi per la salute dei bambini da zero a due anni. L’altro dato allarmante, infatti, soprattutto per le ricadute sulla società e sulla direzione che sta prendendo, è sicuramente quello relativo l’utilizzo della tecnologia. È inutile negarlo o farlo passare in secondo piano: nel terzo millennio non si può farne a meno ed è capitato a tutti di notare quanto quelle ditine e quegli occhi visti, fin dai primi anni di vita, riescano a utilizzare al meglio i vari device, meglio dei nostri genitori e sicuramente dei nostri nonni. Questo provoca molto spesso ilarità e stupore in chi li vede maneggiare certi oggetti, sottovalutando fin troppo spesso che si tratti di una pratica scorretta, soprattutto in tenera età – e qui stiamo parlando di bambini da zero a due anni -.

Si dà sempre meno importanza, infatti, alle conseguenze sociali, ai disturbi sul sonno e alla ricadute emotive che possono procurare determinate abitudini e alcune volte si tratta di vere e proprie dipendenze difficili da estirpare in un secondo momento e che occupano troppe ore nella formazione dei futuri ragazzi. Il Sistema di Sorveglianza ha evidenziato come i dati siano in aumento di anno in anno e non si tratta solo di un uso eccessivo dei device, ma anche scorretto. Le raccomandazioni, infatti, impongono che determinati dispositivi siano sempre utilizzati in presenza di un adulto e soprattutto non nei primi due anni di vita.

Invece, già tra i due e i cinque mesi, sono addirittura il 22,5% i bambini che trascorrono diverso tempo davanti la televisione, o addirittura con il computer o il tablet. Un dato attenuato solo dal fatto che molti neonati li utilizzano per meno di un’ora al giorno. Più si cresce, più aumentano i numeri e addirittura nella fascia tra gli undici e i quindici mesi i bambini che passano almeno una o due ore davanti gli schermi arriva quasi a sfiorare il 40%, anche se con un range piuttosto ampia. Il trend è uguale per tutte le regioni e cioè più si cresce, più le cose peggiorano, ma anche in questo caso la maglia nera ce l’hanno le città del Sud.

Di contro, e non è difficile farne una diretta conseguenza dalle abitudini di chi ci sta attorno, la lettura passa sempre di più in secondo piano. È stato chiesto alle mamme in quante abbiano letto ai loro neonati un libro nella settimana precedente l’intervista: non l’ha fatto addirittura il 58,3%. Se si passa ad analizzare la fascia di età compresa tra i due e i cinque mesi, il range arriva a toccare quasi il 70% in alcuni regioni, con il meridione messo peggio. Ricordiamo quanto sia importante la lettura precoce per i neonati: permette di armonizzare lo sviluppo cognitivo, di contribuire alla crescita emotiva e alla socialità. Eppure ce ne stiamo dimenticando, fin troppo spesso.

Dopo le note stonate, ci sono comunque delle buone abitudine che, per fortuna, sono dure a morire. Partiamo da quella relativa l’adesione ai vaccini, in cui comunque bisogna tenere conto del fatto che l’intervista è stata condotta presso i centri vaccinali. In questo caso, brave mamme, il 76,1% ha intenzione di voler portare a termine tutte le somministrazioni previste, fino a un picco dell’83,7% in alcune regioni. Una percentuale che oscilla tra il 10,2% e il 23,8%, invece, vuole finalizzare solo le vaccinazioni obbligatorie, mentre le indecise si attestano tra il 3,9% e l’8,3%. Probabilmente, ciò che abbiamo passato durante la pandemia da Covid-19 ha inciso, in un senso o nell’altro, nella scelta, ma si tratta in generale di numeri buoni, in relazione a una pratica essenziale per prevenire le malattie infettive e le loro temibili complicazioni.

Una persona alla guida della sua automobile – Nanopress.it

Un altro argomento importante nell’intervista è stato sicuramente quello della sicurezza. In questo caso, il Sistema di Sorveglianza ha inteso analizzare le abitudini in relazione a due aspetti, quello della sicurezza in casa e quello della sicurezza in automobile, che non è affatto da sottovalutare visto che stiamo parlando essenzialmente di bambini appena nati o nati da poco. Stavolta il campione è piuttosto omogeneo ed evidenzia come, dopo un incidente domestico, sia stato il 12,4% delle intervistate a ricorrere al personale sanitario. Il range è stretto e non varia molto da Nord a Sud, ma con una differenza che interessa soprattutto chi si occupa di medicina: al centro e al meridione si ricorre di più al pediatra, nelle regioni settentrionali, invece, indifferentemente al pediatra o al pronto soccorso.

Per quanto riguarda le abitudini in automobile, invece, si rileva che quasi il 20% delle mamme ha difficoltà a far stare il proprio bambino seduto o con il seggiolino allacciato durante il viaggio. Più il neonato cresce, più i problemi aumentano e tra gli undici e i quindi mesi il range passa al 27%-47%, arrivando a sfiorare la metà delle intervistate nella regione maglia nera.

Torniamo, però, a parlare delle sane abitudini che riguardano la gravidanza e i primi mesi del bambino. Una pratica essenziale, consigliata da molti pediatri e professionisti, è quella dell’assunzione dell’acido folico da parte delle mamme o di chi vuole diventarlo. Bisogna prenderne 0,4 mg al giorno da quando si tenta il concepimento fino all’inizio del quarto mese di gravidanza e con l’intento di prevenire eventuali malformazioni. In questo caso, il 90% delle mamme ha risposto in maniera affermativa, dichiarando di averlo assunto in età periconcezionale, ma circa il 32% non l’ha fatto in maniera corretta, e cioè quella che servirebbe per evitare le malformazioni congenite. Si può migliorare ancora, insomma, e probabilmente dovrebbero farlo anche gli esperti, soprattutto a livello comunicativo.

Un altro grande problema, o meglio divieto, per chi vuole portare avanti una gravidanza e partorire un bambino sano, è quello del consumo di alcol. In questo caso, ma non avevamo grandi dubbi, la maggior parte delle mamme ha dichiarato di non averlo bevuto durante la gestazione. Il 18,6% del campione intervistato ha riferito di averlo fatto una o due volte al mese e – per fortuna – solo il 3,4% almeno tre o quattro volte al mese. Durante l’allattamento, invece, le percentuali aumentano un po’, ma non in maniera talmente significativa da stravolgere il quadro. Stavolta, si comporta meglio il Sud e sono le madri del Nord a riuscire a staccarsi meno dal bicchierino in più, anche se non sono così tante.

Infine, il Sistema di Sorveglianza ha voluto indagare anche sulla posizione in culla dei bimbi e con una finalità ben precisa: capire quanti neonati sono a rischio di SIDS. Per chi non avesse mai sentito questa sigla, si tratta della morte improvvisa in culla. È vero che è più probabile in presenza di determinati fattori di rischio, ma basta coricare il bambino in posizione supina per diminuire significativamente le possibilità che accada. In questo caso, le neo mamme che seguono questa prassi sono il 66,7%, esattamente due terzi delle intervistate totali, anche se il alcune regioni si è arrivati a sfiorare l’80%. Significativa anche la percentuale di chi gira i figli di lato: siamo al 18,7%.

Una madre tiene in braccio il suo bambino – Nanopress.it

È importante anche specificare che le interviste sono state effettuate per produrre indicatori utili all’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e che i questionari, che risultano comunque attendibili, sono stati compilati in via anonima tra giugno e ottobre 2022. Speriamo che la loro diffusione, come d’altronde quella di quest’articolo, serva ancora una volta a mettere in luce quali siano le abitudini scorrette, quelle da estirpare in una società iper-tecnologica e consumistica, ma che spesso va talmente veloce da non comprendere le insidie che si celano dietro comportamenti diventati spesso automatici o ritenuti irrilevanti nella quotidianità di tutti noi. Di certo, l’Italia non è così indietro e le mamme non si comportano affatto male, ma porre un pizzico di attenzione in più su questi temi può essere fondamentale per la salute di bambini di oggi e poi delle generazioni future. Ed è importante ricordarselo ogni tanto, nella frenesia di tutti i giorni.


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