La Suprema Corte ha annullato la condanna nei confronti del primo cittadino del Partito Democratico.
Giuseppe Falcomatà (Ansa)
Condannato in primo e in secondo grado, alla fine, Giuseppe Falcomatà la spunta in Cassazione e torna a fare il sindaco di Reggio Calabria. La Suprema Corte ha infatti annullato la condanna nei confronti del sindaco del Partito Democratico.
Si chiude così una vicenda politica e giudiziaria iniziata, di fatto, nel luglio 2015, con le vibranti polemiche che nacquero dall’assegnazione, con affidamento diretto, di una parte del “Miramare”, storico e pregiato ex albergo nel cuore di Reggio Calabria, con affaccio sul lungomare e sullo Stretto, alla semisconosciuta associazione culturale, “Il Sottoscala”, dietro cui si sarebbe celato un amico intimo del primo cittadino del Partito Democratico.
Lo svolgimento del processo
Poco più di un anno fa, l’8 novembre 2022, la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva confermato la condanna per il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a 1 anno di reclusione. Per il primo cittadino, che era già stato sospeso dopo il primo grado in forza della Legge Severino, aveva retto, anche in secondo grado, il processo sul cosiddetto “Caso Miramare”. La sentenza di primo grado, invece, era stata emessa il 19 novembre 2021, condannando il primo cittadino ad una condanna di 1 anno e 4 mesi per falso e abuso d’ufficio.
Il “Miramare”, nel corso del processo, è stato definito più volte “uno dei gioielli di famiglia della città”. Immobile di grande valore architettonico, ma da anni in disuso, specchio di una città, che, almeno da una dozzina d’anni, vive un decadimento che sembra senza fine. Secondo l’accusa, che aveva retto sia in primo, che in secondo grado, l’assegnazione sarebbe stata effettuata senza particolari controlli sulla effettiva capacità dell’associazione di impegnarsi in tale compito. Ma, soprattutto, sarebbe avvenuta in virtù del rapporto di amicizia tra lo stesso Falcomatà e Zagarella, compagni di serate danzanti nelle discoteche più “in” della città.
L’immobile di pregio all’amico del sindaco
Agli atti del procedimento, infatti, i pubblici ministeri Walter Ignazitto e Nicola De Caria, hanno depositato anche oltre cento telefonate che sarebbero la prova del rapporto strettissimo tra Falcomatà e Zagarella. Questi, infatti, avrebbe anche concesso, in forma gratuita, i locali che ospitarono la segreteria politica, nel corso della campagna elettorale che porterà alla prima elezione di Falcomatà alla carica si sindaco, dopo gli anni di commissariamento del Comune per via dello scioglimento per contiguità con la ‘ndrangheta. Secondo l’accusa, dunque, l’intento della Giunta Comunale presieduta da Falcomatà non era quello di restituire il bene alla collettività, ma di favorire un amico del sindaco.
Oltre a Falcomatà e a Zagarella erano imputati anche l’ex segretario generale del Comune, Giovanna Acquaviva, l’ex dirigente Maria Luisa Spanò, l’assessore in carica ai Lavori Pubblici, Giovanni Muraca, e gli ex assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Antonino Zimbalatti e Agata Quattrone. Condannati per abuso d’ufficio e assolti dal reato di falso, in primo grado. In Appello, i giudici avevano deciso per 6 mesi di reclusione nei confronti dei componenti dell’ex giunta comunale di Palazzo San Giorgio. Ora, anche per loro, l’annullamento della condanna, con Muraca, in particolare, che torna a essere consigliere regionale della Calabria.
Una vicenda, dunque, iniziata con la delibera incriminata, del 16 luglio 2015, denunciata dall’allora assessore ai Lavori Pubblici, Angela Marcianò, che depositerà anche numerose chat WhatsApp, da cui sarebbe emerso l’interesse di Falcomatà per quella approvazione e alcuni dissidi interni all’allora maggioranza della prima sindacatura dell’esponente del Pd.
Le altre inchieste su Falcomatà
Falcomatà è stato poi rieletto sindaco nel settembre del 2021, ma, di fatto, ha amministrato solo per un paio di mesi, essendo stato condannato a novembre dello stesso anno in primo grado e quindi sospeso. Elezioni, peraltro, quelle che riportarono Falcomatà a Palazzo San Giorgio, macchiate anche dallo spettro dei brogli elettorali, caso giudiziario per il quale è stato recentemente rinviato a giudizio il consigliere comunale Antonino Castorina, che avrebbe architettato un sistema a causa del quale alle urne sarebbe risultato il voto anche di un centinaio di anziani che in realtà non si erano mai recati al seggio. In alcuni casi si trattava di persone addirittura decedute.
Per quei presunti brogli, Falcomatà non risulta indagato, ma contestualmente con il rinvio a giudizio, il Gup ha anche disposto la trasmissione degli atti in Procura per il sindaco, le cui dichiarazioni, acquisite in sede d’indagine, non avrebbero dunque convinto i magistrati circa la veridicità.
Ora Falcomatà torna a Palazzo San Giorgio. Ma dovrà comunque badare ad altre grane giudiziarie, anche all’esito del giudizio della Cassazione. L’inchiesta sul “caso Miramare”, infatti, non si è esaurita con il primo troncone, ma ha ora anche una propaggine nata dalla denuncia del movimento “Reggio Futura” che ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica per evidenziare “la stranezza” della mancata costituzione del Comune di Reggio Calabria come parte civile proprio nel processo Miramare, dove era parte offesa.
Falcomatà, in qualità di sindaco, nonostante sia stato “reiteratamente sollecitato ad assumere determinazioni da personale dipendente e qualificato del Comune” - si afferma nel capo d’imputazione - “non ha avviato la procedura per la nomina di un curatore speciale che avrebbe potuto costituirsi parte civile per conto del Comune nel processo Miramare”. Così facendo, “arrecando a sé stesso e ad altri imputati un ingiusto vantaggio patrimoniale”.