Di forze e debolezze del governo Meloni in questo primo anno si è scritto molto, ma assai meno spazio è stato dedicato ai disastrosi dodici mesi dell’opposizione.
Dopo la sconfitta elettorale, infatti, l’opposizione non è più riuscita a trovare un filo rosso comune con riflessi sia nei sondaggi e nei risultati politici sia nella proposta.
Il Pd dopo aver fallito con Letta sia alleanze che elezioni è andato al minimo storico del consenso, ha fatto un congresso a febbraio con primarie aperte, si è esposto ad un “golpe dei non iscritti” dove l’entrismo della sinistra radicale ha portato la piattaforma progressista-socialista di Elly Schlein alla vittoria. Gli entusiasmi iniziali sono stati grandiosi e melensi, sopratutto nei circoli intellettuali ed editoriali della sinistra. Tuttavia la celebrazione è durata poco poiché dopo un leggero recupero il Pd si e assestato intorno al 20% e non si è più schiodato. Nel frattempo ci sono state elezioni regionali e amministrative in cui il centrodestra ha prevalso nettamente. Anche sul piano delle alleanze Schlein non ha dato scosse: il dialogo con il Movimento 5 Stelle, anche per diffidenza di Conte, non è mai decollato in un rapporto strutturale, mentre con i centristi è andata anche peggio con Renzi che vota più col governo che con l’opposizione e Calenda che su politica estera ed economia è più vicino a Meloni che a Schlein.
Proprio il centro, dopo un discreto risultato elettorale, ha mostrato il proprio fallimento politico. I due galli Renzi e Calenda non hanno mai sciolto il nodo della leadership, la fusione tra i due movimenti in partito è saltata, le strade si sono separate in polemica. Il risultato sono due partitini personali che non arrivano al 3%.
Veniamo al Movimento 5 Stelle che, rispetto al resto dell’opposizione, ha limitato i danni. Certo il partito di Conte è oramai un feudo personale e non esiste più sul territorio. È un partito assistenzialista, meridionalista, giustizialista e poco altro. Tuttavia, l’ex presidente del Consiglio vive di politiche tutto sommato realizzare benché deleterie per le finanze e per l’etica come il reddito di cittadinanza e il super bonus. Promesse realizzate e rivendicate che danno a Conte una maggior credibilità rispetto ai suoi concorrenti di sinistra. Per questo i 5 stelle persistono tra il 15 e il 20% e rischiano pure di superare il Pd nei sondaggi grazie ad una maggior concretezza. Il problema dei pentastellati resta quello delle alleanze. I centristi sono troppo lontani in economia e politica estera mentre allearsi con il Pd di Schlein significa accettare l’agenda progressista di diritti civili e immigrazione che non piace o interessa a tutto l’elettorato di Conte. Dunque il leader del Movimento prende tempo e si allea soltanto nelle elezioni locali. Da ultimo, non solo il “campo largo” sempre evocato e mai realizzato non c’è, ma i sondaggi mostrano che ad oggi tutta l’opposizione, anche qualora si alleasse, non avrebbe speranze di vincere le elezioni.
Il centrodestra oggi quasi certamente riavrebbe la maggioranza se si tornasse alle urne. Le elezioni europee nei prossimi mesi ci diranno di più sugli equilibri politici, ma non è da escludere che esse possano essere fatali per alcuni leader dell’opposizione. Renzi e Calenda potrebbero non superare la soglia di sbarramento e Schlein raccogliere un magro risultato. Questa opposizione è in definitiva la principale assicurazione sulla vita del governo Meloni.