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Addio a Luigi Pasinetti, il grande economista dell’Anglo-Italian school che avrebbe meritato il Nobel

Quello di Luigi Pasinetti (1930-2023) non è un nome noto al grande pubblico. Ma è stato uno dei maggiori economisti del nostro tempo, noto internazionalmente nel mondo accademico, e i suoi contributi alle fondamenta della teoria economica hanno un’importanza profonda, con ripercussioni sulle scelte politiche e di politica economica.
I suoi lavori, spesso pubblicati simultaneamente in inglese e in italiano, sono stati tradotti in tante lingue – in coreano, ad esempio, in una collana di ‘classici moderni dell’economia’.

Chi era Pasinetti

Nato a Zanica in provincia di Bergamo, studente lavoratore alla Cattolica di Milano dove è allievo di Siro Lombardini, ottiene una borsa di studio per Cambridge (dove studia con Piero Sraffa e con gli allievi di Keynes, Richard Kahn e Joan Robinson), poi per Harvard e Oxford.
Nel 1951 diviene fellow del King’s College di Cambridge e lecturer all’università. Resterà sempre legato a Cambridge, anche dopo avere vinto la cattedra in Italia, alla Cattolica di Milano, dove insegnerà per tanti anni. Tantissimi i suoi allievi.

Assieme a lui a Cambridge altri economisti italiani, come Luigi Spaventa e Pierangelo Garegnani, attirati dalla fama di Sraffa, formano quella che è universalmente nota come la Anglo-Italian school, che include docenti di Cambridge e tanti economisti che compiono almeno una parte dei loro studi in quell’ambiente e ne vengono influenzati. Si tratta di un filone alternativo alla teoria dominante che considera l’economia come la scienza della scarsità e dell’utilità, della domanda e dell’offerta, ed esalta la mano invisibile del mercato, che se lasciato libero di funzionare porterebbe a risultati ottimali nell’allocazione delle risorse, inclusa la piena occupazione dei lavoratori, risolvendo in modo automatico il problema della distribuzione del reddito.

Keynes aveva sostenuto la possibilità di disoccupazione persistente e di crisi; successivamente Sraffa (che Keynes stesso aveva voluto chiamare a Cambridge) dimostra che la teoria dominante della distribuzione (e dell’occupazione) è errata. Nel dibattito che si apre, a difesa di quella teoria intervengono i grossi calibri della Cambridge statunitense, come Paul Samuelson e Robert Solow, con bordate successive: Pasinetti (con Garegnani e Spaventa) ha tanto successo nel respingere il contro-attacco da costringere Samuelson a riconoscere i propri errori.

Pasinetti e il confronto con le due Cambridge

Il dibattito tra le due Cambridge è colpevolmente ignorato da quanti continuano a sostenere la tesi della mano invisibile del mercato, o qualche sua variante. Così, l’intervento pubblico nel regolare l’andamento dell’economia è visto dal dominante pensiero neoliberista come un fatto negativo, comunque da limitare al breve periodo, e la disoccupazione persistente è ormai una caratteristica strutturale delle nostre società. Pasinetti non ha avuto il Nobel che avrebbe meritato (anche per i suoi importantissimi contributi alla ricostruzione della teoria economica, ma che qui non posso illustrare), mentre dopo i suoi due amici rivali, Samuelson e Solow, lo hanno avuto: tanti teorici dei mercati finanziari efficienti, smentiti dagli eventi degli ultimi decenni dopo essere stati smentiti, sul piano teorico, da Pasinetti e da altri grandi economisti come Hyman Minsky.