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Con i mercenari Wagner, la Russia è una minaccia globale anche in Africa

Sin dalle prime fasi dell’invasione in Ucraina iniziata il 24 febbraio, il mondo occidentale si è concentrato sulla minaccia posta dalla Russia al fianco orientale dell’Europa. E, a livello più generale, al potenziale effetto delle pressioni di Mosca a est sull’ordine liberaldemocratico costruito dal secondo dopoguerra.

Se i timori si sono rivelati fondati, e l’impegno in sostegno a Kyjiv completamente giustificato, l’offensiva militare russa ha avuto l’effetto collaterale di distogliere l’attenzione dalla crescente influenza del Cremlino in un altro continente di importanza strategica per i suoi sbocchi alle porte dell’Europa: l’Africa. Mentre la Cina colonizza l’area attraverso il soft power (principalmente realizzando infrastrutture), la Russia sta riempiendo il vuoto di potere lasciato dall’Occidente mediante l’impiego massiccio di mercenari.

Le milizie private russe, su tutte quella costituita dalla compagnia Wagner, si sono fatte notare per il loro coinvolgimento nella guerra in Ucraina, cresciuto in seguito alle disfatte militari dell’esercito regolare sul campo: per diversi osservatori Wagner ha avuto un peso importante nella conquista di Popasna a maggio e Lysychansk a giugno, oltre che nella presa dell’impianto energetico di Vuhlehirsk, nell’Ucraina orientale, ad agosto. Wagner è legata a doppio filo con il conflitto nel Paese, in quanto emersa per la prima volta nel 2014 a fianco delle forze separatiste del Donbass. Fondata dall’ex comandante delle Forze Speciali russe Dmitry Utkin, e chiamata così apparentemente in onore del compositore Richard Wagner, il preferito di Hitler, la compagnia è stata largamente impiegata in Siria assieme alle forze russe a supporto del presidente Bashar al-Assad.

Nel 2017 il gruppo ha iniziato a operare anche in Africa, sotto la guida del magnate russo Yevgeny Prigozhin (Utkin era stato colpito da sanzioni da parte degli Stati Uniti). Con l’obiettivo di guadagnare sempre più influenza in zone ricche di risorse, Wagner ha sostenuto dittatori, avviato campagne di disinformazione, alimentato faide tra fazioni rivali. Uno dei suoi interventi più noti è quello in Libia, in supporto dell’offensiva (fallita) del generale Kalifa Haftar sulla capitale Tripoli allora guidata da Fayez al-Serraj. Migliaia di mercenari sono ancora nel Paese sull’altra sponda del Mediterraneo, in cui secondo l’Onu la compagnia avrebbe compiuto sistematiche violazioni dei diritti umani.

La Libia funge da polo di coordinamento per il dispiegamento delle truppe Wagner nelle aree più instabili del continente, fra cui Repubblica Centrafricana e Mozambico. Ciò vale specialmente per il Sahel. Qui la Russia viene percepita come un’alternativa ai Paesi occidentali, elemento che potrebbe costituire una delle ragioni alla base dell’astensione di 17 paesi africani (e della non partecipazione di altri 8) al voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per condannare le azioni russe in Ucraina.

Tra le potenze occidentali maggiormente coinvolte in questo slittamento di potere c’è, soprattutto, la Francia. Un esempio eclatante, come scrivemmo su Linkiesta, è il Mali. Dal 2013 i francesi hanno schierato nel Sahel una importante forza militare nell’ambito della missione Barkhane, che ha raggiunto le 5mila unità alla fine del 2021. Obiettivo principale era il sostegno ai Paesi dell’area nel contrasto alla crescente attività terroristica di stampo islamico, di cui uno dei principali centri è proprio il Mali. Il Paese ha assistito a due colpi di stato nel giro di nove mesi dopo il rovesciamento, nell’agosto del 2020, del suo presidente.

L’insofferenza verso i francesi ha spinto Parigi a guidare nel 2020 una missione dell’Unione Europea a respiro più ampio, Takuba, con circa 900 soldati da Italia, Estonia, Svezia, Danimarca, Repubblica Ceca e Romania. Il fallimento degli obiettivi prefissati ha esasperato le relazioni diplomatiche tra la giunta del Mali e la Francia, portando alla cessazione totale delle attività di Takuba nel Paese nel luglio 2022. E spalancando le forze ai mercenari di Wagner, presenti in Mali già a dicembre dello scorso anno, che sono stati assunti dai militari nella lotta contro l’estremismo islamico in sostituzione delle forze europee.

Il che ci porta a quanto sta avvenendo in queste ore. Venerdì 30 settembre una parte dell’esercito del Burkina Faso, Paese che confina con il Mali, ha annunciato di aver deposto il leader militare – già golpista – Paul-Henri Damiba, sciolto il governo e sospeso la costituzione. I motivi addotti dal capitano Ibrahim Traoré, ora alla guida della nuova giunta, sono riconducibili all’incapacità di Damiba di contrastare l’insorgenza islamista, che negli anni ha causato la morte di migliaia di persone e spinto oltre due milioni di abitanti a scappare dalle proprie case. È il secondo colpo di stato in otto mesi: Damiba aveva rovesciato il presidente democraticamente eletto Roch Marc Kaboré, promettendo di rendere il Paese più sicuro. La violenza è però continuata, alimentando l’insofferenza verso il governo militare e conducendo all’ultima insurrezione.

Nelle strade della capitale Ouagadougou, alcuni manifestanti hanno sostenuto Traoré affermando il loro supporto al coinvolgimento della Russia nella lotta al fondamentalismo, gridando slogan contro l’ex colonizzatore francese. La protesta ha colpito anche l’ambasciata di Parigi, accusata di aver dato accoglienza a Damiba. Anche il French Institute di Bobo-Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso, è stato vandalizzato dalla folla inferocita.

Gli analisti occidentali ritengono che questo sia il terreno ideale per un’ulteriore espansione del coinvolgimento dei mercenari russi nel Sahel. Traoré potrebbe infatti richiedere assistenza a Mosca per contrastare i gruppi islamisti nella regione. Ciò significherebbe l’arrivo della compagnia Wagner. Il fondatore del gruppo, Prigozhin, ha elogiato la nuova giunta militare definendo Traoré «un figlio molto coraggioso della sua madrepatria».

La guerra in Europa, nonostante l’enorme costo in termini di perdite economiche e militari, non sembra aver fermato l’espansione russa in Africa. A luglio il generale Stephen Townsend, comandante uscente del Comando Africano degli Stati Uniti, ha spiegato come nonostante Wagner abbia ridotto il proprio impegno in Libia per spostarsi in Ucraina, ciò non sia avvenuto in Mali, dove si pensa che la compagnia disponga di 700 soldati. In Sudan, dove Wagner è stata per anni coinvolta nella ricerca di oro, è aumentata la frequenza di voli civili e militari russi, con a volte a bordo ufficiali militari di Mosca, verso la città di Omdurman, nel nord-ovest del Paese.

Resta da capire per quanto Mosca possa sostenere un impegno simile, date le progressive sconfitte sul campo ucraino e lo sgretolamento del tessuto economico interno. La fonte dei ricavi della compagnia Wagner, mai formalmente associata al governo russo, certamente non è chiara. Solo in Siria, nel 2016 sono stati necessari 150 milioni di dollari. Somme che vanno oltre le disponibilità economica di Prigozhin, e che lasciano presupporre un nemmeno tanto celato sostegno da parte dello Stato in termini di denaro, addestramento ed equipaggiamento.

Ma la sopravvivenza delle attività del gruppo non è solo vincolata ai fondi governativi, motivo per cui è difficile prevederne il collasso nel breve termine. Per il suo lavoro in Repubblica Centrafricana, ad esempio, Wagner è stata pagata con oro e diamanti, risorse ideali per una compagnia che vuole nascondere le sue fonti di finanziamento. È stato poi riportato come in Siria la compagnia di mercenari sia stata ricompensata con petrolio e gas naturale.

In conclusione, Wagner sembra dura a morire. Mosca sta cercando di mettere le mani su aree a grande instabilità politica, economica e sociale, oltre che di grandissima rilevanza strategica in termini di posizionamento verso il continente europeo. Senza contare che tra il Sahel e il Nordafrica si snoda una delle più importanti rotte migratorie del pianeta, controllata da reti internazionali di criminalità organizzata che vanno dalla zona sub-Sahariana alla Libia, ovvero a due passi dai confini europei. Una fonte di guadagno inestimabile per gruppi armati che hanno l’unico obiettivo di guadagnare potere a scapito degli altri grandi attori globali.