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Emanuela Orlandi, quarta parte del memoriale di Marco Accetti, ecco i 31 codici: ultimo il 1983 era l’Anno Santo

Emanuela Orlandi, quarta parte del memoriale del 2014 di Marco Accetti, ecco i 31 codici: ultimo il 1983 era l’Anno Santo della Redenzione

Emanuela Orlandi, quarta parte del memoriale di Marco Accetti, ecco i 31 codici: ultimo il 1983 era l’Anno Santo
Emanuela Orlandi, quarta parte del memoriale di Marco Accetti, ecco i 31 codici: ultimo il 1983 era l’Anno Santo

Emanuela Orlandi, quarta parte del memoriale di Marco Accetti, ecco i 31 codici: ultimo il 1983 era l’Anno Santo

Emanuela Orlandi, terza parte del memoriale del 2014 di Marco Accetti, in arte Marco Fassoni Accetti. L’elenco maniacale dei maniacali “codici”: che sono addirittura 31! Sì, “chi di dovere” doveva essere particolarmente ottuso.

1) – Pierluigi : codici – matrimonio – occhiali.
2) – Mario : lunga telefonata con codici e quartiere Monteverde e Torvaianica (Minardi) – parla dell’Avon. Durante la comunicazione telefonica di Mario si percepisce la presenza di altra persona, e ciò confligge con l’ipotesi che tutto possa essere opera di un mitomane isolato.
3) – Pedinamenti. – Entrata di due individui nel bar Gregori durante festa d’inaugurazione, con fattezze riconducibili a presunti pedinatori della Orlandi. La Minardi riconosce nei volti dell’identikit delle persone presenti all’inaugurazione al bar Gregori alcuni personaggi della malavita, ora identificati e raggiunti da avviso di garanzia.
4) – Americano : conosce telefonisti precedenti. – Nastro voce Emanuela – Tesserino scuola musica – scritte autografe Emanuela – Conoscenza di litigata della Mirella Gregori con il proprio ragazzo durante inaugurazione bar. – Lista vestiti Mirella Gregori.
5) – Mia conoscenza ubicazione cabine telefoniche ed elementi di dialogo con avv. Egidio.
6) – Il 20 luglio 1981 Agca, durante il primo processo per l’attentato, dichiarò che “se tra 5 mesi non mi consegnate al Papa farò lo sciopero della fame”. Noi interpretammo nel modo seguente: “se le persone ecclesiastiche non mi dovessero aiutare io parlerò”. Infatti, dopo cinque mesi, nel dicembre 1981, cominciò il primo contatto con esponenti dei Servizi italiani. Nello stesso mese, il 20 dicembre, usò come extrema ratio l’annuncio dell’inizio di un suo sciopero della fame. Il “5” ed il “20” sono nostri codici a sua conoscenza.
7) – Lettera Agca 1982 indirizzata a Card. Oddi e pubblicata il 25 giugno ’83, giorno indicato dalla Orlandi come essere quello in cui sarebbe avvenuta la sfilata di moda. Nella lettera Agca esprime le seguenti frasi: “spero che qualcosa accadrà in futuro, che qualcuno mi risponda dal Vaticano”, fatta pubblicare sul giornale Il Tempo, lo stesso quotidiano dove apparve il giorno precedente, il primo trafiletto che annunciava la scomparsa della Orlandi. 28 giugno 1983 comincia a ritrattare calunnie nei confronti d’un diplomatico bulgaro.
8) – Dicembre 1981: esponenti dei servizi d’informazione italiani fanno presente ad Agca che se dovesse collaborare otterrà il perdono del Papa e la grazia presidenziale entro 2 anni. La scadenza dei 2 anni è proprio il 1983. Perdono del Papa: cittadina vaticana – Grazia presidenziale: cittadina italiana (questo fatto lo apprendemmo da nostra persona del Servizio di Informazioni della Sicurezza Democratica, nei primi mesi dell’anno 1982. Agca lo confermerà credo negli anni ’90. Infatti prima del dicembre 1981 i pedinamenti furono effettuati solo nei confronti di cittadine vaticane; dopo la suddetta promessa la seconda ragazza doveva essere italiana).
9) – 15 ottobre 1983: lettera da Boston che annuncia nuovi sequestri- – 20 ottobre 1983 Rogatoria dei giudici bulgari, dove a detta di Agca uno dei due magistrati gli farà presente che saranno effettuati altri sequestri in cambio della sua ritrattazione.
10) – Nella stessa lettera del 15-10-83 noi indichiamo, come scadenza di ogni trattativa il 5-84, data in cui poi si verificherà la corresponsione economica in Ginevra di parte dei debiti contratti dall’ Istituto Opere di Religione nei confronti del Banco Ambrosiano.
11) – Noi disseminiamo innumerevoli codici riportanti l’evento del 3° segreto di Fatima. Durante il processo del ’85 per l’attentato Agca “rovina”lo stesso con un comportamento apparentemente folle e citando la “crocifissione” (elemento portante del terzo segreto di Fatima, non ancora rivelato) e dichiarando le seguenti frasi: “L’attentato al Papa è collegato con il terzo segreto di Fatima. Al Papa ho detto che Dio mi ha fatto vedere la Crocefissione” – “Aspetto una risposta dal Vaticano. Se rimarrà in silenzio io continuerò a collaborare” (nel senso che se non continuiamo a cercare di liberarlo lui continuerà con le calunnie) “Se invece il Vaticano mi smentirà io non parlerò, non potrò più parlare” (nel senso: se le persone del Vaticano mi aiuteranno io non parlerò più). –
12) – Signora Minardi – Riferimento ad un fatto del ’83 – ’84 verificatosi nella pineta con minorenne nomade. Mio investimento nella pineta di un bambino uruguayano ma riportante all’apparenza una bellezza nomade, gitana. – 1997 Mio fittizio coinvolgimento nella scomparsa di un nomade.
13) – Minardi: cita quartiere Monteverde come già il telefonista Mario ebbe a citare lo stesso in una sua telefonata.
14) – Intercettazione del ’97: per un possibile soggetto che soffra di turbe riconducibili a manifestazioni mitomaniache, il lasso di tempo di ben 16 anni tra la telefonata ed il presentarsi ai giudici, sono eccessivi. Come anche lo sono gli anni intercorsi dal 1987 (telefonata alla trasmissione Telefono Giallo) ad oggi.
15) – Scelta della basilica di Santa Francesca Romana per l’assonanza con il nome della nipote del Giudice Martella.
16) – Le mie opere d’arte, per il loro contenuto di rigore sociale, politico e pedagogico non sono riconducibili ad espressione di persona affetta da sindrome mitomaniacale. Un soggetto disturbato si esprimerebbe con dei lavori a carattere gratuitamente spettacolare e privi di profondità autorale.
17) – Collegio San Giuseppe con monsignor Pierluigi Celata (monsignore che ebbe rapporti con il Servizio d’Informazione della Sicurezza Militare, Francesco Pazienza, nell’ambito di azioni riguardanti il defenestra mento di monsignor Marcinkus) – Sorelle Fontana (la loro maison è incorporata nello stesso edificio del collegio San Giuseppe).
Sala Borromini con alle sue spalle l’abitazione del dottor Francesco Pazienza.
18) – Flauto: la marca, il modello. Se io avessi voluto procurarmi un flauto usato e fittizio avrei dovuto poi ricostruire uno stato di usura riconducibile ai molti anni trascorsi e avrei dovuto calcolare e comunque rischiare che vi si trovasse altro Dna riconducibile al reale proprietario. Il flauto non è stato ripulito internamente, per cui quelle tracce biologiche potevano condurre al DNA del proprietario. Inoltre ho consegnato il flauto con la matricola e la famiglia poteva ancora avere il certificato dello strumento con il suddetto N°. Anche gli strumenti usati possono essere venduti con il loro documento originale.
19) – Mia conoscenza che la Orlandi versava il 22 giugno in condizioni di periodo mestruale.
20) – Scegliemmo come luogo del finto incontro la sede del Senato in quanto in quello stesso giorno il Pontefice riceveva in Polonia gli esponenti del Senato Accademico.
21) – L’utenza telefonica da cui partì la telefonata all’avvocato Egidio, il quale non era presente in studio e a cui rispose un suo collaboratore, era in un bar di piazza San Silvestro (per chi guarda la piazza rivolto al palazzo della posta con orologio, il bar è sito sul destro). Seguì un immediato intervento di forze dell’ordine in borghese con macchina cosiddetta “civetta” nel giro di pochi minuti. Nello stesso pomeriggio fu effettuata da altra utenza telefonica (una cabina) una seconda telefonata dove si usarono le note frasi quali “possiamo lanciare una granata”.
22) – Maria Antonietta Gregori, rispondendo presso il suo bar ad una nostra telefonata, scambiò la voce del cosiddetto “Amerikano” con quella di un collaboratore dell’avvocato Egidio, anche lui probabilmente straniero. L’Amerikano si rivolse alla Gregori dicendo: “lei sa chi sono”, e lei rispose: “si, lei è il collaboratore dell’avvocato”. Al ché l’Amerikano le chiarì l’equivoco qualificandosi.
23) – L’autobus che partendo dalla casa di Catherina Skerl raccoglie Caterina Gillespie, la Gregori e Stefano, conducendo alla stazione ferroviaria di San Pietro.
24) – Telefonata con avvocato Egidio: – Egidio: “E’ una sfida tra intelligenze”.
25) – 21 dicembre uscita di Antonov dal carcere per i domiciliari e mio arresto. Ambedue articoli dei due fatti apparsi accanto su stesso numero del giornale “L’Unità” e mostrati a chi di dovere.
26) – Decodificazione dei nomi Pierluigi (monsignor Pierluigi Celata) e Mario (Mario Aglialoro, alias Pippo Calò)
27) – Appena uscito dai domiciliari nel 1986, mi recai nella scuola frequentata da Caterina Skerl per cercare di conoscere un’altra studentessa della stessa scuola, per coinvolgerla nei nostri interessi.
28) – Il 27 ottobre 1983 telefonata all’avvocato Egidio che annuncia la morte della Gregori. Questa presunta morte serviva a minacciare il detenuto Agca, che si sarebbe assassinata la di lui sorella, Fatma, se non avesse “sbagliato” ai primi di novembre un’ispezione giudiziale, che sarebbe stata effettuata in una pertinenza della delegazione bulgara in Roma.
29) –
– 1987 Flaminia Cruciani in Campidoglio per Macioce.
– 1988 Priscilla Morini per Macioce davanti al Collegio e per Cassazione Bulgari in traversa via Veneto.
– 1990 Ornella in Collegio Sant’Eugenio per Garramòn.
30- Informativa Sdece consegnata a Backis e scelta Calmels in quanto vicino a Backis.
31) – Il 1983 era l’Anno Santo della Redenzione.

Come ti istruisco la giovanissima Emanuela per farle raccontar balle ai genitori, alle sorelle e al fratello:

Versione che la Orlandi avrebbe dovuto produrre presso la propria famiglia prima del 3 luglio 1983.

Presentandola come la “scappatella”.
Ad averla fermata alle 15:30 del 22 giugno è stato un giovane uomo che le parla del lavoro “Avon”. All’appuntamento alle 19 le manda una ragazza francese, Catherine, che le dice di essere un’amica di sua sorella Natalina Orlandi e le chiede di recarsi, sul momento, presso la sua abitazione situata nei vicoli prospicienti la chiesa di Santa Barbara dei Librari, per prendere in visione dei prodotti Avon ed anche bigiotteria d’artigianato. Una volta nell’abitazione, la Catherine avrebbe telefonato, da un’altra stanza e non vista da Emanuela, a Natalina, chiedendole se la famiglia avrebbe acconsentito che l’Emanuela per una sera potesse dormire presso la sua abitazione in modo da poter vendere l’indomani mattina la bigiotteria innanzi alla chiesa di S. Barbara dei Librari. Catherine riferì che la famiglia aveva acconsentito e l’Emanuela dormì in questa abitazione. L’indomani, nel pomeriggio, si sarebbe verificata, a detta di Catherine, un’altra telefonata della stessa presso la famiglia, che l’avrebbe autorizzata a rimanere per altri giorni. A detta della ragazza francese la sfilata delle Sorelle Fontana del sabato 25 giugno sarebbe stata rinviata sine die.

L’ecclesiastico vicino a monsignor Marcinkus, verso il quale operiamo la pressione, deve sapere che noi facciamo credere che questa figura dell’uomo dell’Avon possa essere una sua invenzione in combutta con alcuni membri del Servizio d’Informazione della Sicurezza Militare, e che la Orlandi, una volta ritornata presso la sua abitazione, e dopo aver saputo della denuncia della Gregori, potrebbe dire di aver mentito riguardo questa scappatella e raccontare la “verità”: e cioè che il prelato vicino a monsignor Marcinkus l’avrebbe fermata vicino alla scuola Vittorio Emanuele II, e sapendo delle sue attitudini alla musica le avrebbe parlato di una possibilità di suonare nella cappella musicale della Prefettura della Casa Pontificia. In seguito, il monsignore condusse la Orlandi in una villetta, dove era presente monsignor Marcinkus, il quale le fece velate e gentili avances da lei respinte e comunque le propose di aiutare il padre, ricattato da certe persone e per certi motivi, e che per questo rischiava di perdere il lavoro e la casa.
Il prelato farà presente alla ragazza, mentendo, di aver già chiesto al di lei padre riguardo alla possibile partecipazione della stessa a questa azione e che il padre autorizzò. E lei, in seguito, lasciata la propria casa e già coinvolta nella stessa azione non avrebbe dovuto mai chiamare l’utenza telefonica famigliare in quanto, a detta del monsignor la stessa utenza poteva essere sotto controllo.

Nella nostra accusa “posticcia” verso il Presidente dell’Istituto Opere di Religione, di aver creato questo finto sequestro, facciamo credere che l’imprenditore De Pedis lo stia aiutando in quanto lo stesso De Pedis desidera la restituzione di quanto “prestato” in epoca precedente al presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi.
Rientro della Orlandi dopo il 3 luglio – Finto sequestro.

La ragazza avrebbe riferito la seguente versione: L’uomo dell’Avon e Catherine l’accompagnano alle 19 in macchina dai genitori, per chiedere loro l’autorizzazione per poter farla lavorare. In macchina viene minacciata e in parte immobilizzata. La obbligano a salire in un luogo isolato su di un camper, all’interno del quale si trovano un ragazzo ed una ragazza incappucciati, con accento statunitense. Riferisce che il camper si sposta, nei giorni a venire di qualche strada rispetto alla posizione iniziale, (nella realtà noi veramente posizionammo un camper presso via della Nocetta con una coppia dai tratti nordici riconducibili all’aspetto somatico di uno statunitense. Questo per lasciar traccia presso gli abitanti del luogo).
La Orlandi riferisce che la ragazza e il ragazzo dell’ Avon, all’appuntamento alle 19, recavano accento statunitense e a loro detta provenivano dalla sede Avon negli States per lavorare in Italia.

La giovane Emanuela Orlandi, in seguito, rimasta sola nel camper riesce ad aprire un finestrino e a calarsi all’esterno. Riconosce il luogo (via delle Fornaci) in quanto nei pressi aveva avuto in passato un interesse (per questo motivo scegliemmo specificatamente questa strada). La ragazza osserva il camper che riporta sui lati delle biciclette appese, e vede la targa riferibile alla Germania occidentale (nella realtà anche in questa via noi posizioniamo il camper per farlo notare agli abitanti del luogo, che avrebbero confermato il racconto della Orlandi. Sempre nella realtà si trattava invece di due tedeschi della Germania occidentale con falso passaporto degli Stati Uniti). Il camper riportava un colore sgargiante per meglio essere notato, come fu con la BMW il 22 giugno, e l’armamentario da noi attribuitogli doveva ricondurre ad un’immagine turistica.

Emanuela Orlandi in entrambe le versioni, quella della “scappatella” prima del 3 luglio e quella del successivo “finto sequestro”, avrebbe nascosto la verità per non coinvolgere i suddetti monsignori. La nostra pressione nei confronti dei monsignori consisteva nel nostro riservarci, in caso non avessero accettato le richieste, di far ritrattare la Orlandi da queste versioni posticce e farle riferire la “verità”, che accusava gli stessi.