“Il Tribunale – si apprende nella sentenza della Suprema Corte – ha evidenziato come, in prima battuta, Miniello abbia segnalato alla paziente la circostanza che questa potesse essere affetta da una grave patologia, potenzialmente letale, ponendola a distanza di poche ore nella alternativa se accettare o meno la terapia consistente (pare incredibile a dirsi) nel prestarsi a ripetute congiunzioni carnali con lui onde assumere in tal modo gli anticorpi necessari per prevenire il morbo”.
Secondo la Cassazione “appare in effetti frutto di contraddizione il riconoscere il fatto che l’indagato avesse posto in essere una condotta di carattere oggettivamente minatoria in danno della paziente, offrendole, in forma poco meno che cronologicamente immediata, la possibilità di sottrarsi alle conseguenze negative del morbo la cui possibile imminenza le aveva predetto, salvo poi escludere, sotto il profilo della esistenza della gravità indiziaria, la sussistenza degli elementi per emettere la misura cautelare”.
Gli Ermellini ritengono la valutazione dei giudici “viziata sotto il profilo della logicità della motivazione perché danno per acquisito che le pazienti avrebbero potuto, in termini di sostanziale immediatezza, comprendere la natura delle condotte, senza valutare però la circostanza che, proprio perché si trattava di pratiche definite dall’autorevole sanitario di carattere terapeutico, la loro effettiva valenza poteva ragionevolmente sfuggire, non essendo le pazienti avvezze alla valutazione della effettiva pertinenza o meno delle pratiche sanitarie ed essendo state indubbiamente turbate nella serena e rapida valutazione degli eventi dalla diagnosi formulata nei loro confronti da Miniello di una possibile grave infermità di cui erano potenziali portatrici”.
Ora quindi i giudici baresi saranno chiamati di nuovo ad esprimersi sul caso. Intanto la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per il ginecologo 69enne al quale sono stati addebitati episodi di violenza sessuale tentata e consumata ai danni di 20 ex pazienti e lesioni personali aggravate per un “disturbo da stress post traumatico” provocato ad alcune delle sue pazienti.