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I governatori del Carroccio spingono sull’autonomia, Meloni: “Nessuno indietro”

Sì all’autonomia, ma «in un quadro più ampio di riforme per rafforzare e ammodernare l’assetto Stato», perché una riforma del genere «non sarà mai un pretesto per lasciare indietro una parte del territorio». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, leader di un partito dalla forte impronta centralista, parla in collegamento ospite di “Italia delle Regioni”, organizzata dalla Conferenza delle Regioni a Palazzo Lombardia (oggi c’è la seconda giornata in programma alla Villa Reale di Monza, con Sergio Mattarella). Dice Meloni alla platea che «vogliamo assicurare coesione e unità nazionale. La maggiore autonomia che ciascuna regione potrà chiedere nell’ambito delle materie previste dalla Costituzione sarà finalizzata a realizzare le riforme e le infrastrutture necessarie».

L'apertura dei governatori

In sala ci sono i presidenti di Regione del nord e del sud, quelli storicamente più attenti alle ragioni federaliste e autonomiste come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, quelli invece assai più freddi come Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, il quale comunque poi alla fine ha aperto all’ipotesi, «l’autonomia può aiutare l’Italia a trovare livelli di efficienza e livelli di legittimità nelle istituzioni». Con la cravatta verde d’ordinanza leghista, il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli prova a rassicurare tutti, «non ho mai fatto così tanti incontri con i referenti dei territori come da quando ho assunto questo ruolo». Le rassicurazioni di Meloni per ora sembrano aver funzionato, vedi ad esempio il presidente siciliano Renato Schifani, «soddisfatto per le parole offerte dal presidente del Consiglio rispetto al perimetro in cui si muoverà l’esecutivo, riflessioni che raccolgono l’allarme lanciato dalle regioni del sud».
Altra garanzia per i riottosi, quella offerta da Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio: «Per garantire il principio di sussidiarietà abbiamo deciso di dare vita a un gruppo di lavoro composto da ministri per operare la raccolta di tutti i Lep (livelli essenziali di prestazione, ndr), che sono poi lo strumento necessario per realizzare una autonomia equanime».

Fedriga: "Regioni escluse dal Pnrr"

Un ulteriore argomento risuonato nei vari interventi è il Pnrr. Su questo Fedriga, capofila dei governatori che è succeduto in questo ruolo a Stefano Bonaccini, è stato netto nel suo discorso iniziale. Le Regioni, ha spiegato, sono state escluse nella definizione dei progetti, accusando in questo senso più che altro il governo Conte bis: «Non si può pensare di costruire politiche di area vasta saltando il sistema regionale perché si rischia che il sistema vada in cortocircuito non solo sulla capacità di mettere in campo le opere, ma anche che ci sia pari opportunità in tutto il territorio delle regioni». Anche su questo Meloni ha provato a dare garanzie, annunciando una convocazione a breve per le Regioni a Palazzo Chigi con all’ordine del giorno il piano di ripresa e resilienza.