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Il lupo è ritornato a vivere in pianura nel Ferrarese. E sarà un alleato per contenere le nutrie

COMACCHIO. L’ultima frontiera di colonizzazione del lupo, dopo l’appennino imolese e faentino, è rappresentata dalla pianura e sono tre i nuclei monitorati dall’Ente di gestione per i Parchi e le biodiversità – Delta del Po: il primo in Romagna, tra la pineta di Classe e la Foce del Bevano; il secondo nelle valli di Argenta, ricche d’acqua, di zone boscate e di nutrie; e il terzo tra le bonifiche del Mezzano, area di 18mila ettari di estensione, a bassissima densità demografica.

Mai portare cibo



Nel corso del convegno sul ritorno del lupo in pianura, tenutosi ieri mattina a Palazzo Bellini, sono stati sviscerati molti degli aspetti relativi al monitoraggio in corso, coordinato dallo stesso ente Parco. Come ha spiegato il direttore del Parco, Massimiliano Costa, «il lupo nelle nostre zone mancava da molto tempo. Si sono viste persone andare nei campi con braciole di fiorentine e con cagnolini al guinzaglio portati al seguito. È un comportamento scellerato – ha sottolineato Costa – , perché non si alimentano i lupi e quando si andrà nei campi senza fiorentine, quelli potrebbero aggredire i cani. Il lupo è un animale selvatico e il nostro comportamento deve essere neutro, scevro da condizionamenti emotivi. Ritengo che il lupo ci darà una mano nel controllo della popolazione della nutria e quando non ci saranno più nutrie, ammesso che ciò avvenga, non ci sarà più il lupo in Pianura Padana».

Ha paura di noi

In prospettiva di un’eventuale sconfinamento nell’area più settentrionale del Parco del Delta (tra la foce del Po di Volano e la sacca di Goro), gli esperti a confronto, hanno illustrato come e perché il lupo dalle zone montuose si è spostato in pianura, grazie a immagini satellitari, monitoraggi coordinati dalla Regione, radio collari e studi mirati. È bene mettere in chiaro, innanzitutto che nelle zone in cui si sono verificati avvistamenti di lupi, gli animali domestici, di sera, vanno posti al chiuso.

È sbagliato scappare e «visto che il lupo ha una innata paura dell’uomo, deve continuare ad avere paura – ha precisato Costa – ; non bisogna stare zitti e buoni a due metri cercando di avvicinarlo per scattare una foto, ma farlo scappare, alzando la voce».

Il caso longastrino

È stato aperto un focus, inoltre, sul recente episodio registrato a Longastrino in un allevamento di ovini. I 25 capi sbranati, con molta probabilità, non sono stati predati da lupi, ma da cani randagi. Il Parco, a maggior tutela di allevatori e agricoltori intende richiedere strumenti di dissuasione da affidare agli interessati.

Aggressioni all’uomo

Tra le domande del pubblico anche la statistica sui casi di aggressione all’uomo in Italia. «È stato segnalato un solo caso a Otranto nel 2020 – ha riferito la biologa Paola Fazzi – ; un lupo si è fatto vedere attorno a un residente, mangiava con cani e gatti e giocava con i turisti. Alla fine ha morso una persona. È stato poi recuperato, rimosso e ora mantenuto nel centro di Montadone».

Il caso, secondo gli esperti è da ricondurre a un processo di cosiddetta abituazione al reperimento di fonti trofiche (di cibo) in presenza di insediamenti umani. L’animale in questione aveva segni di collare al collo e si è dedotto che avesse trascorsi in una abitazione.

Predatore e onnivoro

Come ha evidenziato Luigi Molinari, un altro biologo, «il lupo è un predatore di grandi ungulati e si sposta in cerca di cibo e di siti di riposo e di riparo. Rifiuti abbandonati sono fonti di cibo, ma il lupo si alimenta anche di uva nei vigneti, di cachi maturi nei giardini, di nespole selvatiche, di scarti di macellazione del maiale, ancora reperibili in Emilia, in aree rurali».

Insomma il lupo si sta adattando a vivere in zone dove trova prede facili e i nuovi siti di predazione sono le aree fluviali, gli acquedotti, le cave e le colture di mais, grano e girasoli in pianura. Si alimenta, come detto, di nutrie, ma anche dei daini che incontra nel suo peregrinare.

Katia Romagnoli

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