di Alfonso Ruffo

La sera non andavamo in via Veneto ma ci riunivamo al terzo piano di Palazzo Partanna per vent’anni quartier generale del Denaro, gloriosa – per chi scrive gloriosissima -testata giornalistica spazzata via da un’inchiesta giudiziaria scellerata e irresponsabile (ma questa è un’altra storia da raccontare).
I più assidui eravamo Ermanno Corsi, Aldo Loris Rossi, Gerardo Mazziotti, Giancarlo Laurini, Raffaele Raimondi, Antonio Guizzi,Errico Di Lorenzo, Luciano Lombardi, Mario Simeone, io e naturalmente Guido D’Angelo che ci ha lasciati il 3 dicembre all’età di 89 anni.Tutti insieme animavamo il centro studi “Nicola Amore”.
Mettevamo bocca su ogni faccenda riguardasse lo sviluppo della città in campo urbanistico, economico e sociale. Il nostro sguardo spaziava da est a ovest, passando per il centro, edelaboravamo idee, progetti, suggestioni che mettevamo a disposizione del dibattito pubblicoche allora (nascemmo nel 1999) era più brioso di oggi.
Organizzavamo dibattiti, seminari, convegni. Invitavamo politici, professionisti, imprenditori. Scrivevamo articoli, saggi e inchieste che in alcuni casi abbiamo trasformato in veri e propri volumi pubblicati dalla nostra casa editrice che funzionava da luogo d’incontro e amplificatore delle iniziative.
Guido era senza dubbio il più arguto e spiritoso di tutti. Gran conoscitore della sua materia -l’urbanistica – nella quale era maestro e in piùsplendido oratore e scrittore incantevole. Così chiare erano le sue idee sugli argomenti che trattava da renderne l’esposizione gradevole e comprensibile anche ai non addetti ai lavori.
Il modo migliore per ricordarne il valore di uomo, avvocato, accademico, più volte assessore, deputato, rotariano e quant’altro ha rappresentato per Napoli e il Mezzogiorno non è sommergerlo di nostre parole ma riprendere le sue per ricordare a chi lo ha conosciuto e mostrare a chi no di che pasta fosse fatto.
I suoi amici, il mio mentore Orazio Mazzoni tra questi, si divertivano un mondo ad ascoltare le sue invettive sotto forma di poesie, epigrammi, brevi racconti. Ciascuno di loro – quelli ancora in vita – ne conserverà il ricordo e i più fortunati potranno aver trattenuto qualche foglio con suoi testi autografi.
Io voglio riproporre un piccolo capolavoro che all’epoca del suo concepimento, il 2005, ebbe un grande successo di critica e di pubblico. Si divertì molto Guido a scriverlo e ancor più a vederlo diffuso nella forma di libello. Ancor oggi, è accaduto anche al suo funerale, “Il divieto del tramezzo” è un classico da gustare.

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