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Inter e Inzaghi, ultima chiamata

Tutti contro tutti, disuniti verso la meta. L'unità professata a parole convince poco perché i segnali che provengono dal campo interista, nella corta (ma intensa) vigilia della sfida con il Barcellona, raccontano una realtà diversa, con un ambiente in cui tutti sembrano più occupati a salvaguardare la propria posizione piuttosto che a mettersi a disposizione della causa comune. Nel mirino c'è Simone Inzaghi, allenatore sfiduciato che ha perso il tocco magico della scorsa stagione e che in un paio di mesi è passato dall'euforia del rinnovo con aumento di stipendio alla scomoda posizione di chi gode ufficialmente della fiducia della sua società, ma nei fatti sa di aver consumato tutti i bonus.

Colpa sua, ovviamente, anche se qualche alibi lo può presentare dal momento che l'uomo che avrebbe dovuto fare la differenza è fermo ai box da oltre un mese, praticamente non si è visto e non si capisce ancora quando e in quali condizioni tornerà: Lukaku è uno dei misteri dell'autunno dell'Inter, il resto riporta invece ad errori, omissioni e confusioni varie. Del tecnico e della società, tutti forse condizionati anche dall'incertezza perpetua in cui dal 2020 vive il club nel rapporto con una proprietà in difficoltà economica e alla ricerca di una via d'uscita, anche se la voce di cessione viene costantemente smentita e bollata come infondata.

L'ultima settimana è stata la fotografia del clima che si respira ad Appiano Gentile. Inzaghi ha buttato lì un ragionamento che ha inquietato tutti gli altri e che suonava più o meno così: ho vinto anche se voi (inteso proprietà e dirigenza) da quando sono arrivato avete tagliato i costi e imposto una dieta dimagrante alla squadra. Secondo uscita auto-assolutoria dopo lo sfogo finito sulla Gazzetta dello Sport cui era seguito uno stillicidio di ricostruzioni in cui l'allenatore è finito al centro di tutte le scelte più discusse sul mercato: l'arrivo di Gosens, poi inutilizzato, e il 'niet' a Dybala per confermare il disastroso Correa.

Scenari che a Inzaghi non possono piacere, così come è evidente che a parte dello spogliatoio non sia andata giù l'estate vissuta pericolosamente in bilico sul cornicione del calciomercato: Skriniar è rimasto in vendita fino all'ultimo giorno e ora si è trasformato in problema di bilancio (non avendo ancora rinnovato) e in difensore svagato. Prima di lui era toccato ad altri big come Barella e Bastoni. Incertezza che pare aver minato alcune delle sicurezze di base del gruppo.

In questa situazione arriva una settimana terribile: Barcellona in casa, Sassuolo in trasferta e poi il viaggio al Camp Nou. Quale delle tre l'Inter può permettersi di sbagliare? Sulla carta nessuna e le prime due andrebbero vinte per evitare a inizio ottobre di aver già scritto la parola fine sull'avventura in Champions League e compromesso del tutto il campionato. Dove l'allarme comincia a suonare forte perché in tanti stanno correndo e non solo per lo scudetto; la concorrenza per uno dei quattro posti che porta alla Champions League è nutritissima e agguerrita. Immaginare l'Inter fuori dalla ricca Europa significherebbe uno tsunami a livello economico. Grandine sulla pioggia. Servirebbe la miglior Inter, ma quella attuale sembra un gigante dai piedi d'argilla.