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''La montagna si è evoluta ma le distanze sono parte del viaggio: la fretta è una cattiva consigliera'', lo scrittore Brizzi dalla crisi climatica alle Olimpiadi

TRENTO. "Ci sono tanti buoni segnali dalle Terre Alte, c'è molta qualità ma la fretta è una cattiva consigliera". A dirlo a Il Dolomiti è il grande scrittore Enrico Brizzi. "La montagna si è evoluta nei decenni e c'è una fruizione più attenta alla qualità dell'esperienza, poi è opportuna una riflessione sul modello che vogliamo portare avanti: raggiungere, per esempio, la cima del Monte Bianco con estrema comodità e magari con le scarpe da ginnastica salendo sull'impianto è dannoso e una volgarizzazione dell'ambiente".
 

Lo scrittore risponde dalla stazione di Milano mentre sta per prendere il treno, da tre anni ha effettuato una scelta non proprio convenzionale: niente più auto. Si sposta con i mezzi pubblici e con la bici: "Non sono integralista, comprendo che per molti è una necessità di lavoro", puntualizza. "Semplicemente ho fatto questa scelta e non sento l'esigenza di usare una macchina per i miei spostamenti". Una scelta controcorrente in un mondo sempre più complesso, dove la velocità è tutto: una corsa costante nel tentativo di accorciare i tempi perché le distanze da coprire sembrano tempo perso e non più parte stessa del viaggio per raggiungere una destinazione.  

E dal successo all'esordio a 20 anni con "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", Brizzi, che spazia a 360 gradi nella sua produzione, ha percorso tantissima strada, in tutti i sensi, fino a mettersi alla prova nei romanzi di viaggio, l'ultima fatica di quest'anno è "L'imprevedibile mare di Milano" (sempre nel 2022 ha curato "La bici di Bartali" di Megan Hoyt con le illustrazioni di Iacopo Bruno; il libro "Il fantasma in bicicletta", dedicato a Giovannino Guareschi la traduzione del fumetto e "Gli spettri di ferragosto", ultimo capitolo della trilogia noir con l'ispettore Eva Bauer) e nelle guide come "I Diari della Via Francigena. Da Canterbury a Roma sulle tracce di viandanti e pellegrini".

"La prima testimonianza di questo viaggio a piedi - spiega Brizzi - è del 994 d.C.: ci sono voluti 80 giorni. Quanto ci ho impiegato nel 2006? Esattamente 80 giorni. Ma con questo non intendo dire che la modernizzazione sia un male assoluto: oggi ci si può vestire con materiali tecnici più congeniali e la sicurezza è migliorata perché ci sono i cellulari e si possono scaricare le mappe. Anche l'attenzione verso la gastronomia o le esigenze di un viaggiatore è migliore. Semplicemente è necessario un approccio più virtuoso, uno spirito che presuppone il rispetto nei confronti della montagna e un ambiente fragile".

Nell'anno del dramma della Marmolada, dell'alluvione nelle Marche e la tragedia a Ischia, il futuro incombe. E' già oggi. "Ci sono schemi diversi - aggiunge Brizzi - ho 48 anni e ho vissuto il sistema partitico della Prima Repubblica: ieri le manifestazioni erano, soprattutto, politiche. Oggi invece è bello vedere i ragazzi che manifestano in forma più spontanea per portare l'attenzione sul clima. Certo, c'è tanta emulazione, ma anche una maggiore consapevolezza, un atteggiamento assente negli anni '80, anni di sprechi incredibili".

Eppure si pianificano nuovi impianti. C'è il caro energia, c'è la siccità, c'è un clima sempre più secco, ma non si rinuncia a nulla e la montagna sembra ancorata ai modelli classici di offerta. Si fatica a trovare una strada verso la riconversione e siamo sull'orlo della sostenibilità. Il tutto in un contesto di crisi climatica con lo sci alpino sempre più difficile da praticare; la neve sulle vette è arrivata ma si sono viste precipitazioni migliori, tanto che le stazioni posticipano l'apertura della stagione a causa delle scarse precipitazioni.

"Dobbiamo ritrovare un nuovo equilibrio. E stringere un patto: la fretta va lasciata a casa. Portiamo in vacanza i ritmi della giornata lavorativa, qualcosa che distoglie la concentrazione e la capacità di scoprire il paesaggio e di lasciarsi sorprendere, di faticare e riconoscere i limiti durante una camminata. C'è un aspetto paradossale: molti si avvicinano allo scialpinismo, una disciplina virtuosa. Personalmente mi piace ciaspolare, un passo forzosamente rallentato. Ma magari non c'è la neve e allora queste attività sono più difficili. E c'è un atteggiamento egoistico, siamo tristi perché manca la neve e invece dovrebbe esserci una riflessione collettiva. Ma perché ci stupiamo della neve? Perché abbiamo usato il pianeta fino allo stremo".

Si ricorre all'innevamento programmato ma i livelli d'acqua dei bacini sono più contenuti rispetto al passato a causa di un'estate siccitosa e di temperature elevatissime. "Ci sono segnali di speranza in termini di sensibilità e di consapevolezza - continua Brizzi - si avverte una forte urgenza di cambiare e modificare le nostre abitudini. E non sono più semplici allarmi da Cassandre, ma evidenze concrete. Il Po secco, gli affluenti idem. Evidente che dobbiamo muoverci per trovare un equilibrio. Anche le organizzazioni internazionali devono cambiare passo. E' finito il tempo dei protocolli o delle indicazioni: servono scelte coraggiose, risultati e posizionare veramente le azioni per il clima in cima alle agende".

Si lavora alle Olimpiadi 2026, quelle di Milano e Cortina con Trentino e Alto Adige. Ma sono ancora eventi attuali? "E' una grande festa - evidenzia Brizzi - un volano per l'economia. Ma c'è il rischio di costruire strutture che si rivelano poi cattedrali nel deserto, penso a Torino con impianti abbandonati e un villaggio olimpico fatiscente e rifugio di fortuna. Oggi ci scandalizziamo per i Mondiali in Qatar per la violazione dei diritti, per la tragedia dei lavoratori stranieri, per gli stadi sorti nel deserto. Ma è un appuntamento pianificato da anni e che sembra scopriamo per la prima volta. Nel caso specifico, le Olimpiadi non sono nè buone nè cattive, dipende dall'approccio. I comitati organizzatori devono operare un processo di trasparenza, fornire dati e progetti in modo chiaro. E l'opinione pubblica deve monitorare, studiare e informarsi, anche per non alimentare gli sprechi e le ingiustizie sociali".

E' necessario un cambio culturale e qualche segnale positivo arriva dalla società. I movimenti di Fridays for future, ma anche la letteratura segna una sensibilità più spiccata rispetto al passato come dimostra il Premio Itas del Libro della Montagna, un concorso prossimo ai 50 anni che registra record di partecipanti e autori.

"E' un modo di fare cultura e outdoor, aumentare la consapevolezza. Le opere e le pubblicazioni sono sempre più orientate sull'ambiente, sulla natura e sulla sostenibilità. Il Premio è un bellissimo osservatorio e negli ultimi anni si evidenzia un trend molto forte in questo senso. E' un segno importante e un passo che lascia ben sperare perché la società civile percepisce questa urgenza di un cambiamento e di un nuovo equilibrio", conclude Brizzi.