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La situazione in Iran è colpa degli States | Come la CIA rovesciò in 4 giorni la democrazia di Mossadegh

Le proteste per la morte di Mahsa Amini se da un lato rappresentano una grave minaccia per il regime islamico, dall’altro gettano luce su come le attuali condizioni in Iran siano state create dal colpo di stato ordito dagli Stati Uniti 

Stanno dilagando in tutto il Paese arrivando a superare i confini nazionali le proteste in Iran per la morte di Masha Amini, la 22enne uccisa mentre si trovava in custodia cautelare dopo che la polizia della moralità l’ha arrestata per aver indossato i modo “improprio” il suo hijab.

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(Autore: WAEL HAMZEH / Ringraziamenti: EPA / Copyright: ANSA)

Solo una ciocca di capelli sporgeva dal velo, e tanto è bastato per toglierle la vita.

E ora le donne di tutto il mondo, comprese molte attrici, stanno inviando una ciocca dei propri capelli alle ambasciate iraniane dei propri paesi come segno di protesta contro le continue violazioni dei diritti umani messe in atto dal leader Ayatollah Ali Khamenei.

Un’occasione, questa, che fa riflettere sull’attuale regime in Iran e su come quest’ultimo sia stato fatto instaurare da un colpo di stato ordito dagli Stati Uniti, che sono riusciti, in 4 giorni, a rovesciare il regime democratico del primo ministro iraniano Mohammad Mossadegh.

Le rivolte in Iran erano solo questione di tempo

Come riportato dal Project Syndicate, nei 43 anni dalla sua fondazione la Repubblica islamica iraniana ha superato numerose sfide sia in materia di politica interna che estera.

Ma le attuali proteste potrebbero essere una delle crisi più gravi mai affrontate nel Paese.

Nonostante le previsioni degli analisti, il regime teocratico delll’ayatollah Ruhollah Khomeini, instauratosi dopo che la rivoluzione islamica ha rovesciato la monarchia filo-occidentale di Mohammad Reza Shah Pahlavi, è durato più di quanto si credesse.

Il sistema iraniano, infatti, è quanto mai complesso. Un presupposto che il successore di Khomeini, conosce bene.

In qualità di leader supremo, infatti, Khamenei è l’incarnazione della “sovranità di Dio”, uno status che lo ha aiutato a prevalere sui presidenti e altri funzionari eletti che rappresentavano “semplicemente” la sovranità del popolo.

Se da un lato quest’ultimo ha optato per una forma di “flessibilità” in merito agli accordi sul nucleare nell’ambito della politica estera, in quella interna ha continuato a mantenere il pugno di ferro.

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(Ringraziamenti: EPA
Copyright: ANSA)

Un aspetto, però, è stato sottovalutato dal leader: quello delle nuove generazioni di iraniani, soprattutto alla luce del fatto che il 40% dei suoi cittadini vive al di sotto della soglia di povertà nonostante le enormi ricchezze petrolifere della nazione.

A ciò si aggiunge la gravissima violazione dei diritti umani, soprattutto delle donne, una corruzione diffusa in ogni ambito della gestione del Paese, in particolare quella economica.

La pandemia Covid-19, le sanzioni da parte degli Stati Uniti e il coinvolgimento dell’Iran in diversi conflitti regionali hanno portato la situazione allo stremo.

La rivolta nazionale, come scrive la rivista online, era solo questione di tempo.

Già varie rivolte popolari avevano tentato di diffondersi in tutto il Paese, ma il risultato era stato catastrofico ed erano state represse nel sangue (come quelle Movimento Verde scoppiate dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009).

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Manifestanti del Movimento Verde in Iran

Il regime, però, potrebbe non avere gli strumenti per sedare per sempre ogni tipo di rivolta, soprattutto quest’ultima, che ha valicato il confine nazionale raggiungendo numeri mai visti.

Se da un lato le possibilità di rovesciare il regime sembrano scarse, dall’altro lato l’Iran ha dietro di sé una lunga storia di ribellione nei confronti dei regimi autoritari.

Fra questi uno su tutti è fondamentale per comprendere l’attuale dittatura teocratica in Iran.

Si tratta dei due tentativi di riforma democratica, ai quali, purtroppo, seguì la rivoluzione islamica.

Ma perché questi tentativi non andarono a buon fine? E come è salito al potere Khomeini? 

La risposta è, purtroppo, prevedibile: l’intervento degli Stati Uniti.

Come gli Stati Uniti rovesciarono in quattro giorni la democrazia in Iran

Era l’agosto del 1953 quando l’allora presidente degli Stati Uniti Roosvelt organizzò ben due tentativi per rovesciare il governo iraniano.

A destare preoccupazione, in particolare, fu la figura di Mohammad Mossadegh, primo ministro iraniano eletto regolarmente secondo elezioni.

Durante il suo mandato Mossadegh introdusse una serie di riforme sociali ed economiche, come quella della nazionalizzazione dell’industria petrolifera iraniana.

Un atto a dir poco eroico, ma che poco piacque alle potenze occidentali come la Gran Bretagna, che per anni, come riporta npr.org, aveva avuto il controllo assoluto sul petrolio iraniano attraverso la Anglo-Iranian Oil Co.

Dopo vari tentativi di colloqui, il primo ministro adottò la linea intransigente, negando agli inglesi qualsiasi coinvolgimento nella gestione dell’industria petrolifera iraniana.

Fu in quel momento che la Gran Bretagna chiese il supporto degli Stati Uniti.

Furono quegli ultimi che decisero di orchestrare un colpo di Stato attraverso la CIA nel 1953, rovesciando il regime democratico Mossadegh e riportando al potere Mohammad Reza Pahlavi, l’ultimo Shah dell’Iran.

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19 agosto 1953: massicce proteste scoppiate in tutto l’Iran, nelle quali vi furono quasi 300 morti negli scontri a fuoco nelle strade di Teheran. Il primo ministro iraniano Mohammad Mossadegh da lì a poco venne rovesciato in un colpo di stato orchestrato dalla CIA e dall’intelligence britannica. Lo Scià è stato “riposizionato” come leader dell’Iran.
Immagini AFP/Getty

Secondo Stephen Kinzer, autore del libro All the Shah’s Men, Roosevelt prese rapidamente il controllo della stampa iraniana comprandola con delle tangenti e facendo circolare una violenta propaganda anti-Mossadegh.

Il Presidente reclutò anche alleati fra il clero islamico, convincendoli del fatto che il primo ministro fosse diventata una minaccia per tutti.

Questo primo tentativo andò tuttavia in fumo quando Mossadegh, venuto a conoscenza del fatto che lo stessero per arrestare nel cuore della notte, riuscì a sventare il golpe.

Ma non fu sufficiente.

Roosvelt, infatti, orchestrò un secondo colpo di stato, che si concluse con il processo a Mossadegh che passò il resto della sua vita ai domiciliari.

E’ facile dunque, alla luce di queste informazioni, comprendere come l’attuale situazione in Iran sia, di fatto, responsabilità degli Stati Uniti.

Ed è proprio questo evento che viene ancora utilizzato dai vertici dell’attuale Repubblica Islamica per legittimare il loro regime.

Questa formula, tuttavia, come segnala Project Syndicate, non è più sufficiente, e non fa presa sulla maggior parte degli iraniani.

I disordini che oggi stanno travolgendo l’Iran mostrano quanto siano urgenti e necessarie riforme strutturali, e spiegano la ragione per la quale questa volta i religiosi troveranno molto più difficile preservare il regime con la sola forza.