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Matteo Messina Denaro è morto nella notte. Il boss di Cosa Nostra aveva 61 anni. Da giorni era in coma irreversibile

L’AQUILA – E’ morto durante questa notte, 25 settembre 2023, Matteo Messina Denaro. Il boss, latitante da 30 anni, arrestato il 16 gennaio 2023, ha cessato di vivere nel reparto detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Da alcuni giorni, il capomafia era in coma irreversibile per le conseguenze del tumore al colon al quarto stadio.

Assistito fino all’ultimo dagli specialisti della terapia del dolore che lo hanno preso in carico dopo la sospensione di qualsiasi terapia oncologica.

Era stato lo stesso boss, arrestato lo scorso 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza, a chiedere di evitare l’accanimento terapeutico. Ecco perché i medici avevano sospeso nella notte l’alimentazione parenterale per endovena. Ieri Messina Denaro aveva avuto un forte sanguinamento a cui è seguito un collasso. Ad agosto era stato operato d’urgenza per una occlusione intestinale diventata cronica. Il boss è stato ricoverato in ospedale lo scorso 8 agosto.

L’Asl dell’Aquila è stata per giorni al lavoro per gestire le fasi successive alla morte del boss, a cominciare dalla riconsegna della salma alla famiglia, rappresentata dalla nipote, l’avvocata Lorenza Guttadauro. Presente anche la figlia del boss, Lorenza Alagna, che nei mesi scorsi ha chiesto e ottenuto il riconoscimento del cognome del padre. La struttura sanitaria è presidiata da decine di poliziotti, Carabinieri e uomini della Guardia di finanza, con il sostegno dell’Esercito.

La cattura di Matteo Messina Denaro, ultimo superlatitante di Cosa nostra, il 16 gennaio scorso, arrivò trent’anni e un giorno dopo l’arresto di Toto’ Riina da parte dei Ros. Riina era rimasto libero e ricercato 24 anni, per 43 era rimasto latitante Bernardo Provenzano. Il boss di Castelvetrano, definito killer spietato, era accusato di decine di omicidi. E delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, “al Continente”. Proprio di recente la Corte d’assise d’appello di Caltanissetta aveva confermato la sua condanna all’ergastolo.

Prima ancora era stato condannato per le stragi del 1993. Firenze, Roma e Milano. Le cosiddette stragi continentali di Cosa nostra, che dopo aver eliminato nemici storici – Falcone e Borsellino – passa a colpire civili inermi, con l’obiettivo di destabilizzare il Paese e ottenere un alleggerimento delle condizioni carcerarie. Cosa nostra voleva creare ”una sorta di stato di guerra contro l’Italia”, da attuare con il ricorso a una precisa strategia di tipo terroristico ed eversivo, che andasse oltre i metodi e le finalità della criminalità organizzata visti sino a quel momento.

Cosa Nostra, con quelle bombe, voleva ”costringere lo Stato alla resa davanti alla criminalità mafiosa”. Matteo Messina Denaro era in fuga da metà 1993 assieme al padre, Francesco. Lui morì il 30 novembre del 1998 in latitanza, nelle campagne di Castelvetrano (Trapani). Matteo lo fece trovare “conzato”, ossia pronto per la sepoltura con l’abito buono.

Per anni, nella ricorrenza, fece pubblicare necrologi sul Giornale di Sicilia, unico segno della sua esistenza in vita, messa in dubbio da piu’ di un collaboratore di giustizia ma su cui gli inquirenti del pool che gli dava la caccia mai avevano concordato o abboccato ai tentativi di far diminuire la pressione. Morto Ciccio Messina Denaro, il testimone dell’ala corleonese della provincia di Trapani era stato raccolto da Matteo: in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita in fuga.

Diabolik, u Siccu, un volto invisibile, un’esistenza messa in dubbio nonostante avesse avuto una figlia, oggi ventenne. Di lui si trovarono lettere a Bernardo Provenzano, nel covo di Montagna dei Cavalli: “Qui a Marsala (Trapani, ndr) scriveva stanno arrestando pure le sedie”.

Motivo per cui si diede alla sommersione, facendo il vuoto attorno a sè e interrompendo qualsiasi collegamento. Intercettazioni e biglietti su di lui sono di anni e anni fa. Non scriveva personalmente ma qualcuno che teneva i contatti per lui doveva pur esserci. Operato in Spagna all’inizio degli anni Duemila, gli investigatori erano riusciti a ricostruire quale fosse la clinica iberica e a prendere il Dna.

Decine gli omicidi per cui e’ stato condannato, fra questi Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo, che era incinta. Per il suo arresto, negli anni, furono impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine, di tutte le forze di polizia. Il 16 gennaio 2023 l’arresto. E stanotte la fine della sua esistenza.

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