Scatena due controffensive, Giorgia Meloni, dal vertice “Med9” di Malta. La prima è una sfida alle Germania che finanzia le ong e non vuole migranti dall’Italia: “No, non si fa solidarietà coi confini degli altri”. La seconda è sul fronte interno, a quei “soliti noti” che starebbero aspettando a gloria il suo fallimento e l’ennesimo, temibilissimo, governo tecnico. “Non cadrò e se dovesse succedere sarebbe solo per colpa nostra, su cose concrete e non sulle polemiche inventate ad arte”.
A Malta, la Meloni incassa le “convergenze” dei Med9, con l’esplicito sostegno di Emmanuel Macron al piano in 10 punti di Ursula von der Leyen: per affrontare l’emergenza migranti che rischia di “travolgere tutti”, avverte la premier, se non si troveranno “soluzioni strutturali”. Bisogna essere “seri”, ripete, sui migranti come sulla gestione dei conti pubblici. Nessun timore, né dello spread né dei mercati, risponde ai cronisti Meloni, dopo che il differenziale tra Bund e Btp ha toccato i 200 punti all’indomani della presentazione della Nadef.
“Avete già fatto la lista dei ministri..” la battuta con cui, da sola, introduce anche il tema del governo “tecnico”. Le preoccupazioni per lo spread, che è stato ben più alto gli anni scorsi, “la vedo soprattutto nei desideri di chi, come sempre, immagina che un governo democraticamente eletto debba andare a casa”.
La speranza, dice sferzante, “è dei soliti noti”. Ma “la sinistra continui a fare la lista dei ministri del governo tecnico che noi, intanto, governiamo”. Meloni si presenta ai giornalisti in una pausa dei lavori del vertice dei Paesi Ue del Mediterraneo, dopo essersi confrontata per mezz’ora con Macron e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sul piano di azione lanciato a Lampedusa.
“Lo sosteniamo e proponiamo ai colleghi di implementarlo al più presto”, dice il presidente francese, ricordando che l’ondata che ha toccato l’isola italiana è “eccezionale” e “tutti dobbiamo dare solidarietà all’Italia e ai porti di primo approdo”.
Una linea che si ritrova anche nel documento finale dei Med, che ricalca in buona parte, al capitolo migranti, le posizioni italiane sulla necessità di una risposta europea coordinata, sul faro sui confini esterni e sull’Africa, citando esplicitamente, il “processo di Roma”. E l’accordo sulla Tunisia, da “implementare rapidamente”. Macron però, per ammissione della stessa premier, non è entrato nella questione delle Ong. Non un dettaglio nei giorni in cui a Bruxelles e sull’asse Roma-Berlino sta andando in scena uno scontro durissimo.
L’Italia, è il messaggio che manda Meloni al cancelliere Olaf Scholz, con cui pure ci sono stati “contatti” nelle ultime ore, non ha intenzione di arretrare sulla battaglia per limitare al massimo l’attività delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo. Sull’emendamento che chiede di escludere i salvataggi delle Ong dai potenziali casi di “strumentalizzazione dei migranti” Roma, spiega la premier, “ha chiesto tempo”.
Ma al momento non sembrano esserci le condizioni per un compromesso. Per l’Italia si tratta di “un passo indietro”. Se resta sul tavolo, dice il capo del governo, “allora noi proponiamo un altro emendamento in forza del quale il Paese responsabile dell’accoglienza dei migranti che vengono trasportati sulla nave di una Ong è quello della bandiera della nave”. Le Ong che “raccolgono i migranti”, le fa eco il ministro degli esteri Antonio Tajani, “li portino nei loro Paesi”.
C’è ancora una settimana che separa dal Consiglio Ue informale di Granada, “rimaniamo cooperativi”, assicura la premier, “però ciascuno si assuma le responsabilità delle scelte politiche che porta avanti. Noi abbiamo una linea, altri ne hanno un’altra. Il problema è non scaricare la linea di uno sugli interessi dell’altro”. Non si può, insomma, “fare solidarietà con i confini degli altri”.
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