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Molinari (per ora) fuori dalla rosa nella partita sulle presidenze

Calderoli sembra destinato a sedersi sullo scranno più alto del Senato, mettendo così fuorigioco il deputato piemontese che, almeno per le fasi iniziali, continuerà a guidare il gruppo. Gli incastri con il governo e il borsino dei papabili. Ma tutto è ancora in forse

Mancano, ormai, una decina di giorni all’insediamento dei nuovi parlamentari e il primo vero banco di prova per la maggioranza di centrodestra si svolgerà a partire dal 13 ottobre. In occasione della prima seduta della nuova legislatura inizieranno le votazioni per eleggere i nuovi presidenti di Senato e Camera. E, mentre fremono le trattative per la formazione del nuovo governo, sono diversi i nomi che circolano per ricoprire il ruolo, rispettivamente, della seconda e della terza carica dello Stato.

Visto che gli ultimi presidenti di Palazzo Madama, espressione del centrodestra, provenivano tutti da Forza Italia (Maria Elisabetta Alberti Casellati, Renato Schifani e Marcello Pera), pare che ora lo scranno più alto dell’emiciclo spetti alla Lega. Secondo Matteo Salvini non ci sono dubbi: il senatore Roberto Calderoli, che attualmente ricopre tale ruolo in qualità di vice, è l’uomo più spendibile e con maggior esperienza. È colui che conosce meglio i regolamenti e tutti gli ingranaggi della complicata macchina del Senato. Fonti di via Bellerio evidenziano, però, qualche perplessità per il suo delicato stato di salute. Tuttavia, se Calderoli accettasse, avrebbe la strada spianata praticamente da tutto il centrodestra anche perché il fratello d’Italia Ignazio La Russa, altro papabile secondo i rumors, non sembra interessato a svolgere quel ruolo.

Sebbene paia tramontata l’ipotesi di cedere la presidenza di una delle due Camere all’opposizione – mossa astuta di Giorgia Meloni che ha lasciato il cerino nelle mani dei suoi alleati (che, infatti, hanno respinto l’idea) – l’unico nome spendibile sarebbe quello di Pier Ferdinando Casini (anche se la capa di FdI pare avesse in testa Enrico Letta). Nel complesso gioco di incastri, però, pare quasi impossibile che una casella così importante vada a finire in mano al Pd, il partito che ha subìto la sconfitta più pesante.

“Calderoli è il migliore. Salvini glielo deve per tutto il lavoro svolto in questi anni”, sostengono alcuni parlamentari leghisti parlando con lo Spiffero. Altre personalità, infatti, hanno pochissime chance di diventare la seconda carica dello Stato. Maurizio Gasparri viene visto più come “genio guastatore” nelle retrovie, mentre Anna Maria Bernini è scottata dalla delusione di cinque anni fa e non desidera che il suo nome venga messo inutilmente sul piatto proprio nel momento in cui ambisce a un ruolo da ministro. Difficilissimo anche che Licia Ronzulli venga dirottata alla presidenza del Senato, nel caso in cui non trovi posto nel nuovo esecutivo. “È inesperta e potrebbe non avere i voti sufficienti”, fanno sapere fonti azzurre.

Per la Camera dei deputati si fanno essenzialmente tre nomi: Antonio Tajani, Fabio Rampelli e Giancarlo Giorgetti. L’attuale ministro del Mise diventerebbe presidente qualora la presidenza del Senato non dovesse andare a Calderoli o a un esponente del Carroccio. Rampelli, attualmente, è vicepresidente, ma ambisce a un ruolo da ministro. Per lui, recordman di preferenze a Roma, si parla del dicastero della Transizione ecologica, ma le alternative sono varie: Trasporti, Infrastrutture oppure Ambiente sono nel novero rosa delle alternative. Uscito rapidamente dalla rosa Riccardo Molinari, capogruppo uscente della pattuglia leghista che, almeno nella fase di avvio, tornerà a ricoprire lo stesso ruolo. Sul pretoriano di Salvini e numero uno del partito in Piemonte pesa, soprattutto, il non celato ostracismo della premier in pectore. Per Forza Italia il più accreditato è Tajani, ma anche per lui la presidenza della Camera, probabilmente, arriverebbe solo nel caso in cui non potesse avere il “ministero di peso” che gli azzurri (leggasi Silvio Berlusconi) pretendono per lui, ossia Interni, Esteri o Difesa.

Il puzzle del futuro esecutivo è ancora tutto da comporre, ma lo schema dovrebbe prevedere 4 ministeri a testa per Lega e Forza Italia e 12 a Fratelli d’Italia di cui 2 o 3 potrebbero essere dei tecnici. Sulla base di questo schema, Meloni si gioca tutti i suoi primi 100 giorni.