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Mollo tutto per vivere su un’isola: i consigli di chi lo ha fatto davvero

Il «mollo tutto» ha un fascino innegabile nelle nostre vite. Scegliere di farlo per andare a vivere su un’isola, magari remota, lontana dalla città, dal traffico, dalle agende di appuntamenti senza righe libere, è solo una delle possibili declinazioni di un cambio di vita radicale. Certo, una delle più poetiche, ma di cui spesso sottovalutiamo alcuni aspetti.

Se state pensando di archiviare il vostro recente passato per circondarvi di orizzonti blu a perdita d'occhio, spazi contenuti e tempi ampissimi, forse è meglio ascoltare prima chi l’ha fatto davvero. Noi abbiamo raccolto tre storie che hanno in comune la meta, un’isola italiana piccola e remota, ma non il percorso. Perché quello, sì, è sempre personale.

La sorpresa quotidiana di una bellezza naturale straordinaria

È forse questa, la possibilità di vivere in un posto paesaggisticamente incantevole, una delle motivazioni principali che possono spingerci a lasciare tutto per andare a vivere su un’isola. Le tre persone che hanno condiviso con noi la loro storia hanno scelto isole da sogno – Ponza, Ustica e Alicudi – dove la natura è incontaminata anche grazie al fatto di essere remote rispetto alla terraferma.

«Ponza offre panorami mozzafiato a cui non ci si abitua mai, sono sempre stupito dalla bellezza qui. Il suo mare incontaminato, limpido e pulito è diventato un punto di forza anche per il mio lavoro». Non è poco quello che ci confessa Andrea, che a 20 anni, in piena pandemia, lascia Milano, città dove è nato e cresciuto, per cambiare lavoro – l’azienda in cui era impiegato entra in crisi come molte altre – e iniziare un nuovo percorso come istruttore di immersioni nella più nota delle isole dell’arcipelago pontino, a un paio di ore di nave da Formia, sulla costa laziale.

I ritmi lenti: una delizia che per alcuni può trasformarsi in croce

Oltre alla natura, quando pensiamo alla vita sulle isole visualizziamo una quiete e un ritmo lento che ormai nelle città sono dati per spacciati. Per alcuni può essere sfidante abituarcisi inizialmente, ma le tre persone con cui abbiamo parlato non hanno dubbi: dopo un grande passo come questo, ciò che manca di meno è lo stress delle grandi città.

Ne è convinta anche Margherita che dopo molti anni lontana da Ustica, l’isola in cui è vissuta fino a 13 anni, ha scelto di tornarci in pianta stabile. E lo ha fatto dicendo addio al cosiddetto «posto fisso», licenziandosi dal Ministero dell’Agricoltura, dove aveva vinto un concorso. Sono anche le piccole cose in queste scelte a risultarci insopportabili a un certo punto; nel suo caso, sorride, «il badge e il cartellino da timbrare». Insieme al compagno decide così di lasciare la capitale e rilevare l’azienda di famiglia, l’unica realtà che – oltre all’accoglienza turistica – vinifica sull’isola di Ustica.

Però, attenzione, perché, come ci spiega Elise, che da Parigi, dove ha lavorato nel mondo nella moda prima e come illustratrice poi, si è trasferita ad Alicudi nell’arcipelago eoliano, «vivere in città ti dà regole e ritmi, mentre in un’isola come Alicudi obbedisci solo a te stessa. Se hai un tuo equilibrio e una disciplina può funzionare, se no rischi di restare a letto tutto il giorno. Se sei strutturato ce la fai, se no può essere pericoloso».

Dall’impersonalità dei grandi network all’umanità di una piccola comunità

Anche le reti sociali sono un tema fondamentale quando si prende in considerazione di andare a vivere su un’isola remota. Da una piccola comunità come quella isolana bisogna innanzitutto farsi accettare. Anche se la sua famiglia è in parte ponzese, Andrea ci racconta con un sorriso che «ancora oggi mi chiamano o’ milanese»; eppure le poche persone che vivono stabilmente sull’isola lo fanno sentire più in compagnia che in città: «non c’è neanche bisogno di darsi appuntamenti e si creano situazioni conviviali».