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Non solo la sonda meteo: le tensioni Usa-Cina dietro lo stop al viaggio di Blinken a Pechino

nuovi sviluppi / Cina

Il segretario di Stato Usa, che era atteso nella capitale cinese dal 5 al 6 febbraio, ha deciso di far slittare il suo arrivo a Pechino. La sua priorità? Non permettere che l'incidente domini i suoi previsti incontri con i vertici cinesi

Sarebbe stata una difficile trasferta quella del segretario di Stato Usa Antony Blinken in Cina, dopo che Washington ha rilevato un pallone "spia" cinese nei cieli statunitensi. Il caso è troppo importante per non mettere in stand-by il viaggio di Blinken, che era atteso nella capitale cinese dal 5 al 6 febbraio. A poche ore dalla sua partenza, il segretario di Stato ha deciso di far slittare (a data da definirsi) il suo arrivo a Pechino, per evitare che l'incidente domini i suoi previsti incontri con i vertici cinesi.

E questo nonostante i tentativi di Pechino, che ha rassicurato Washington sul caso dell'aerostato individuato nei cieli dello stato del Montana. La Cina ha ammesso la paternità del pallone "civile", che però viene usato per scopi di ricerca, principalmente meteorologici. "Colpito dai venti di ponente e con limitate capacità di autogoverno, il pallone ha deviato di molto dalla rotta pianificata", si legge in una nota  del ministero degli Esteri cinese scritta in lingua inglese. Oltre alle ammissioni, dal gigante asiatico arrivano anche segnali concilianti. 

La parte cinese, specifica la nota, "si rammarica per il suo ingresso involontario nello spazio aereo statunitense per cause di forza maggiore. La parte cinese continuerà a comunicare con quella Usa e gestirà adeguatamente questa situazione imprevista causata da forza maggiore". 

La cautela degli Usa

I funzionari statunitensi si muovono comunque con cautela, ma ribadiscono l'intenzione di mantenere aperti i canali di comunicazione e diplomatici con i suoi omologhi cinesi. Il luogo dell'individuazione del sistema di monitoraggio cinese fa riflettere. Il pallone aerostatico è stato individuato in Montana, lo stato che ospita una delle basi missilistiche balistiche intercontinentali dotate di armi nucleari degli Stati Uniti.

Non mancano quindi le condanne dal Dipartimento di Stato Usa, che bolla la presenza del pallone cinese nello spazio aereo statunitense "una chiara violazione della sovranità americana". Condanne rafforzate da una rivelazione del Washington Post, che ha sottolineato come la decisione di annullare il viaggio di Blinken sia "una drastica indicazione della gravità che l'amministrazione attribuisce" alla vicenda del pallone spia cinese che sta sorvolando gli Stati Uniti. Ma è anche un segnale "di quanto l'amministrazione sia preoccupata dalla possibilità di apparire soft nei confronti di Pechino", rilancia su Twitter il giornalista del Post, John Hudson, sottolineando che "Biden è sensibile alle critiche che stanno arrivando dai repubblicani" con alcuni esponenti del Gop che gli hanno chiesto di cancellare del tutto la missione di Blinken.

Non è la prima volta che Pechino invia palloni aerostatici da ricognizione nei cieli americani, ma l'episodio ha proceduto di due giorni l'attesa visita di Blinken a Pechino, la prima di un segretario di Stato statunitense oltre la Muraglia dall'ottobre del 2018 (l'ultimo, in ordine cronologico, è stato il suo predecessore Mike Pompeo che fece brevemente una tappa a Pechino di ritorno dai colloqui con il leader nordcoreano Kim Jong-un a Pyongyang). E, considerato il clima di tensione tra le due superpotenze, l'incidente non sarebbe stato di buon auspicio per il dialogo bilaterale. 

Il tentativo di Blinken di creare un confine tra dialogo e strategia

Nella capitale cinese, Blinken avrebbe avuto colloqui con il neo ministro degli Esteri Qin Gang e lo zar della diplomazia Wang Yi. Il segretario di Stato avrebbe dovuto anche incontrare il presidente cinese Xi Jinping: secondo il Financial Times, che ha citato diverse fonti, Blinken sarebbe stato il primo segretario di Stato americano a incontrare il presidente cinese da almeno cinque anni. Il faccia a faccia sarebbe stato cruciale perché dal 2018 le frizioni tra i due paesi sono aumentate: oltre alla guerra commerciale, la pandemia di Covid e la posizione ondivaga di Pechino sulla guerra in Ucraina, pesano soprattutto le mire del gigante asiatico su Taiwan. 

Il tanto atteso viaggio di Blinken in Cina, concordato durante l'incontro del presidente Joe Biden con il leader cinese Xi Jinping a margine del G20 in Indonesia, non avrebbe comunque innalzato le già basse aspettative sui rapporti bilaterali tra le due superpotenze. Blinken ha sempre sostenuto le azioni dell’amministrazione Biden nei confronti della Cina, compreso quelle sui controlli delle esportazioni di tecnologia dei semiconduttori. Al contempo, il segretario Usa ha appoggiato l'idea di Biden di mantenere aperti i canali di comunicazione con la Cina. 

L'obiettivo della sua trasferta - anche se posticipata - rimane chiaro: evitare un rapido deterioramento delle relazioni bilaterali e cercare di raggiungere un'intesa almeno sui temi meno sensibili, come il cambiamento climatico e la regolarizzazione dell'emissione dei visti. 

Blinken non avrebbe tentato di instaurare un dialogo solo su questi dossier. Il segretario Usa probabilmente avrebbe affrontato anche il tema della posizione della Cina in merito al conflitto in Ucraina. Proprio a pochi giorni dal previsto arrivo di Blinken in Cina, il ministero degli Esteri russo aveva parlato di una trasferta di Xi nella capitale russa per incontrare Vladimir Putin in primavera o proprio nel giorno del primo anniversario della guerra russa in Ucraina. Il viaggio (non ancora confermato dalla Cina) convaliderebbe un ritorno di Pechino sulla vecchia posizione di "neutralità filorussa", dopo un raffreddamento degli scorsi mesi. 

Perché Pechino usa toni concilianti?

Il rinvio del viaggio del segretario di Stato Usa è un duro colpo per le parti impegnate a costruire un dialogo costruttivo, logoratosi ulteriormente dopo il viaggio a Taiwan dell'ex Speaker della Camera Nancy Pelosi.

Oltre la Muraglia si moltiplicano le accuse contro gli Usa e i paesi occidentali per la narrativa legata al caso del pallone aerostatico, ma è comunque forte l'intenzione di stabilizzare la relazione bilaterale con gli Stati Uniti. Un'intenzione che deve essere letta come un modo per rilanciare l'economia cinese, martoriata dalla politica Zero Covid abbandonata lo scorso dicembre. 

Nei mesi scorsi, il presidente cinese Xi ha incontrato i leader mondiali, cercando di riallacciare legami e appianare dissapori. Ma al numero uno del Partito comunista cinese preme risolvere l'affair commerciale, dopo l'ulteriore stretta di Biden su Huawei e sulle esportazioni di semiconduttori e macchinari per la produzione di microchip alla Cina, a cui si sono aggiunti anche Giappone e Olanda. Pechino però non resta ferma a guardare e minaccia di bloccare l'export della componentistica per i pannelli solari. 

Resta alta la tensione nell'Indo-Pacifico

In questo clima, si aggiunge la recente visita in Corea del Sud e Giappone del Segretario generale, Jens Stoltenberg, nel tentativo di contenere la minaccia militare cinese nel Mar cinese meridionale e nello Stretto di Taiwan. Intervistato da Nikkei Asia, il numero uno del Patto Atlantico ha ribadito che "qualsiasi tentativo della Cina di provare a cambiare lo status quo di Taiwan, avrà conseguenze per l'Asia orientale, ma anche per gli alleati della Nato e la sicurezza globale". 

In questi giorni, i commentatori in Cina stanno interpretando il rafforzamento della partnership degli Usa con Corea del Sud e Giappone e la prevista visita a Taiwan nel nuovo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, come un segnale di un irrigidimento delle posizioni di Washington verso Pechino.

Pechino - che critica Washington e i suoi alleati per i tentativi di stabilire una "alleanza anti-cinese in Asia" e formare una "Nato asiatica" - si sente accerchiata dagli alleati Usa nella regione. Sensazione aumentata dopo l'annuncio dell'accordo con le Filippine per l'accesso a un totale di nove basi militari. 

L'intesa è stata raggiunta durante la visita a Manila del segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, che ha incontrato nella giornata del 2 febbraio il presidente Ferdinand "Bongbong" Marcos jr., e rientra nell'Enhanced Defense Cooperation Agreement (Edca) del 2014, "pilastro" dell'alleanza tra Washington e Manila, la cui espansione renderà "più forte e resiliente" il rapporto tra i due paesi, dopo l'allentamento delle Filippine dagli Usa durante la presidenza - più filocinese - di Rodrigo Duterte. La mossa è chiara: puntare a contenere le mire di Pechino sul Mar cinese meridionale e al monitoraggio delle manovre nello Stretto di Taiwan. 

L'intesa è giunta a solo poche ore dall'annuncio del Dipartimento di Stato Usa della riapertura, dopo trent'anni, dell'ambasciata alle Isole Salomone: la mossa certifica il ritorno di Washington in un angolo del Pacifico su cui aveva puntato Pechino lo scorso anno, con la firma di un accordo per la sicurezza a poco più di due anni dall'allacciamento delle relazioni diplomatiche con Honiara, spinta così a recidere i legami diplomatici con Taiwan. 

La tensione è alta nell'Indo-Pacifico e un dialogo tra le due superpotenze potrebbe (ancora) rappresentare uno strumento per evitare una più complessa escalation.