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Obbligazioni societarie “essenziali per un portafoglio bilanciato”: parla Simoncelli (Invesco)

Negli ultimi due mesi si è assistito a un cambiamento di rotta rispetto alle previsioni dell’autunno scorso e ora “le probabilità del verificarsi di una recessione profonda sono oggettivamente diminuite”, dice Luca Simoncelli, strategia di Invesco. Il rischio principale in questa fase di mercato sta in un “movimento in controtendenza nel tasso di inflazione” dopo un periodo di calo. Le “obbligazioni societarie, investment grade ma anche high yield, sono uno strumento molto importante” nella costruzione di un portafoglio bilanciato e offrono un’alternativa con un profilo di rischio/rendimento interessante. Per i governativi meglio le scadenze brevi, per l’azionario meglio i mercati europei e asiatici.

Nell’autunno scorso si facevano previsioni molto cupe per il 2023 che includevano ancora rialzo dell’inflazione, con prezzo del gas ancora alle stelle, utili delle aziende in calo, recessione, piazza Affari molto debole. Abbiamo invece iniziato l’anno con un panorama del tutto diverso: borsa tonica, bond corporate e reddito fisso pure, inflazione cedente e una crescita economica dignitosa. Come ci si deve orientare con i nuovi dati?

“I dati macroeconomici degli ultimi due mesi hanno evidenziato una resilienza dell’economia negli Stati Uniti come in Europa. In Europa, infatti, si è sviluppata una solida tendenza di dati economici che hanno sorpreso in positivo le aspettative del mercato. Le probabilità del verificarsi di una recessione profonda crediamo siano oggettivamente diminuite”.

Valuta il nuovo trend solido o solo un rimbalzo tecnico sui minimi? È il rally che spesso si è visto nel mese di gennaio?

“I recenti sviluppi sul quadro macroeconomico hanno generato una revisione al rialzo nelle attese di crescita e sottolineato la tenuta dei fondamentali economici a livello globale. Pensiamo alla spesa dei consumatori alla luce di un ribasso dei prezzi energetici in Europa, alla riapertura delle filiere produttive in Asia ed alla solidità del mercato del lavoro negli Stati Uniti. In termini di profitti delle società quotate, chiaramente il rallentamento è in atto e la contrazione dei margini operativi ben evidente. Tuttavia questo movimento viene accompagnato da un rialzo nella propensione al rischio degli investitori che già hanno avuto tempo per anticipare uno scenario molto difficile per l’attività economica”.

Quali sono le vostre previsioni sui vari fronti economici?

“Non abbiamo un processo di investimento basato su previsioni puntuali di crescita ed inflazione. Tuttavia, ci focalizziamo sul determinare quale regime macroeconomico possiamo aspettarci come predominante nei prossimi tre-sei mesi e soprattutto nell’individuare i punti di flessione ed inversione di tendenza. Crediamo che già un paio di mesi fa si sia verificata una di queste transizioni, instaurandosi sul mercato un regime di ‘ripresa’ sia economica ma soprattutto nell’appetito per il rischio degli investitori. Il rialzo dei mercati azionari e delle obbligazioni societarie è secondo noi giustificato. Il rischio principale in questa fase di mercato risiede in un movimento in controtendenza nel tasso di inflazione, soprattutto in Europa, dove cioè dopo tre mesi di ribassi l’inflazione non continui a scendere e anzi rialzi la testa”.

Come è meglio che si orienti l’investitore? Meglio la borsa o il reddito fisso? Il breve o il lungo termine?

“Crediamo che le obbligazioni societarie siano uno strumento molto importante nella costruzione di un portafoglio bilanciato, consigliamo quindi un sovrappeso sul segmento investment grade, ma anche high yield. Sulla componente governativa, che comunque ritorna ad offrire una copertura al rischio recessione, manteniamo una duration bassa ed una preferenza sul mercato USA, mentre un sottopeso sull’Europa. Ovviamente l’azionario si sposa bene con la nostra lettura del contesto attuale di mercato. Tuttavia suggeriamo un approccio attivo sia in termini di asset allocation regionale e settoriale, sia con una preferenza per fondi gestiti attivamente da specialisti nella selezione dei titoli. Al momento la nostra preferenza va sui mercati di Europa ed Asia, mentre a livello settoriale bilanciamo un’esposizione più difensiva su consumi di base e farmaceutici con posizioni a più alto beta, quali tecnologici americani e minerari europei”.

Riguardo al reddito fisso in particolare, se si dovesse allentare la stretta monetaria ci dobbiamo aspettare una riduzione dei rendimenti? Come si stanno comportando le curve, rimaste invertite per lungo tempo?

“Sì, l’allentamento della stretta monetaria porterebbe ad un ribasso dei tassi di mercato, tuttavia questo non è il nostro scenario base. Il primo movimento di riduzione dell’inflazione da livelli molto elevati fino a circa il 3,5% – 4% ci appare ormai in atto e del tutto raggiungibile, tuttavia il secondo step del ribasso, cioè dal 3,5%-4% fino al target del 2% richiederà maggiore pazienza. Le curve dei tassi hanno infatti la possibilità di rimanere invertite per alcuni trimestri, al momento le banche centrali stanno comunicando l’instaurarsi di un periodo di pausa nella politica monetaria una volta raggiunto un livello dei tassi di riferimento sufficientemente restrittivo. Il mercato obbligazionario non crede del tutto al messaggio della FED e nelle proiezioni implicite nel mercato “forward” un taglio sarebbe già parzialmente scontato”.

Il recente bond Eni ha visto una domanda enorme. Come lo spiega? Che cosa cercano gli investitori?

“In generale, posso confermare che le condizioni finanziarie attuali sono favorevoli all’inclusione in portafoglio di asset class in grado di generare rendimento e flusso cedolare, questo credo sia ben rappresentato dall’interesse degli investitori. La fase di mercato in cui un approccio puramente “growth” sia l’unica strategia vincente è ormai alle nostre spalle, le obbligazioni societarie offrono ora un’alternativa con un profilo di rischio/rendimento ben più interessante”.

Negli Usa si sta dicendo che la ripartizione di portafoglio 60-40 pare superata. Che cosa ne pensa? In Europa è lo stesso?

No, il portafoglio bilanciato 60/40 non è superato. Periodi di medio termine in cui le correlazioni tra le asset class non aiutano la diversificazione di portafoglio, non sono assolutamente una rarità sia in USA che in Europa. Con il passaggio, sicuramente non indolore, ad un regime di tassi d’interesse reali positivi e una politica monetaria che deve tornare a gestire anche il freno dell’economia e non solo l’acceleratore, un approccio più di tipo ‘total return’ è fondamentale. Oggi è di nuovo possibile costruire portafogli bilanciati nelle caratteristiche di crescita in conto capitale e flusso cedolare. Abbiamo apprezzato nel recente passato il potenziale di diversificazione che gli investimenti alternativi possono apportare, crediamo che una maggiore allocazione sia giustificata. Tuttavia, le caratteristiche della liquidità dell’investimento devono essere considerate con cautela”.

Quali eventi economici/monetari si aspetta dai paesi esteri che possano cambiare la situazione in Italia, al netto del conflitto in atto?

“Il rischio di una stretta monetaria eccessiva e l’eventuale gestione di una possibile risalita dell’inflazione, pongono sicuramente la Banca Centrale Europea sotto i riflettori. La ripresa economica in Cina ha il potenziale di contribuire a maggiori profitti di aziende soprattutto in Germania e Italia”.