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Pd, una Schlein per il fine vita politico. Salvini: quota 9 per andare in pensione. Un Conte per i lazzari 4.0

Per il Pd sconfitto un "buttarsi a sinistra", magari con una Schlein segretario per il fine vita politico. Per Salvini quota 9 per cento per andare lui in pensione. Per Meloni regina del voto "la rivincita di Coccia di Morto" e un trono che è una sedia di Ikea avvitata male.

Pd, una Schlein per il fine vita politico. Salvini: quota 9 per andare in pensione. Un Conte per i lazzari 4.0
Pd, una Schlein per il fine vita politico. Salvini: quota 9 per andare in pensione. Un Conte per i lazzari 4.0

Pd, una Schlein per il fine vita politico. Salvini: quota 9 per andare in pensione. Un Conte per i lazzari 4.0 FOTO ANSA

Pd, al tempo dell’invasione degli ultracorpi alieni (Renzi-Jobs Act-Buona scuola-riforme istituzionali) raccolse alle elezioni 2018 il 18,8 per cento. Pd, dopo la cacciata degli invasori, la purificazione della contaminazione liberista riformista, la riconquista dell’identità e dopo la ritrovata unità e fierezza, alle elezioni 2022 ha raccolto il 19 per cento (compresi i voti di Leu che ai tempi di Renzi era fuori). Il tentativo di tenere insieme, in un immaginifico tavolo di concertazione elettorale, chi ritiene il rigassificatore un polmone per la società e chi ritiene il rigassificatore una sorta di zyklon b per i polmoni della gente è fallito.

La reazione sarà, già è “buttarsi a sinistra”. Solo che a sinistra non c’è né la socialdemocrazia e neanche il socialismo, a sinistra c’è il neo corporativismo sindacale alla Landini, il neo laurismo alla Conte, il lobbysmo nobile delle identità che fanno e sostituiscono la cittadinanza. Per il Pd bastonato dal voto e afflitto dalla malattia terminale dell’impossibilità di essere partito delle riforme perché a base elettorale e ancoraggio culturale statalista-assistenziale, c’è una Ely Schlein, magari come segretario, per il fine vita politico. Quella Schlein che perimetrato il culmine della sua cittadinanza nel “sono una donna, amo una donna”. 

Salvini quota 9

Chissà se una nota dei futuri studi storici sull’Italia di questi tempi assegnerà qualche riga ad una delle più nocive e al tempo stesso inutili riforme-bandiere della Lega: quota 100 per le pensioni. E’ costata un sacco di soldi, ha agevolato chi di agevolazioni non aveva bisogno, non ha prodotto nuovi assunti in cambio di nuovi pensionati. Altra quota, altri pensionati: quota 9 per cento di voti raccolti alle elezioni pensiona Matteo Salvini. E lui il perdente nel gruppo dei vincitori.

Un Conte per i lazzari 4.0

A Napoli M5S intorno al 40 per cento dei voti, nel Sud che ha votato poco tra quelli che hanno votato moltissimi hanno votato per Conte. Fino a portarlo al 15 per cento abbondante, fino a dargli la possibilità di una offerta pubblica di acquisto di tutto lo sparpagliato pacchetto azionario della sinistra purché sia e diventi e si converta alla formula statalista-antagonista. Se il Pd si pente potrà essere accolto, il Pd si sta già pentendo, è già pieno di officianti della liturgia del pentimento: Bettini, Provenzano, Zingaretti, Orlando…

La rivincita di Coccia di Morto

L’ha definita così un amico e consigliere di Giorgia Meloni, Angelo Buttafuoco: il 26 per cento dei voti alla Meloni è per l’intellettuale della destra soprattutto una rivincita di una antropologia sociale contro un’altra, la rivincita di Coccia di Morto contro Capalbio. Dell’homo capalbiensis si conoscono e si deridono i vezzi, lo snobismo, il birignao, il sopraggiunto millantato credito nell’accreditarsi come classe dirigente. Della gens cocciamortiana andremo a conoscere e praticare non il suo cattivo gusto ma il suo orgoglioso cattivo sapere, la sua genuina fede nel non sapere. Vedi l’esplicito definire da parte della Meloni “apprendisti stregoni” ogni dotato di scienza che ci ha protetto/salvato dalla pandemia, la Meloni che orgogliosamente diceva: “mia figlia non la vaccino!”.

L’unica gioia: Casini 44-Sgarbi 26

Non tanto e non solo per uno dei pochi collegi in cui il candidato Pd ce l’ha fatta, non tanto e non solo per chi ha vinto. Quanto per chi ha perso. Sgarbi che “io da solo valgo il 3 per cento a livello nazionale”, Sgarbi convinto di essere una reincarnazione al tempo stesso di D’Annunzio, Rodolfo Valentino e Caravaggio, Sgarbi bocciato l’unica gioia per un umano timorato della realtà.

Di Maio, ecco il premio: 0,5% e a casa

Sia di memento a chi dovesse immaginare simile percorso. Passare dal balcone dove si dichiara abolita la povertà alla amministrazione reale della cosa e della finanza pubblica, passare dall’apriremo lo Stato come una scatola di tonno alla tutela degli interessi nazionali, passare dal teatro di piazza e di tv allo studio e maneggio dell’economia, trattati e alleanze internazionali, passare dalla lingua dei social a quella della geopolitica è stato premiato dall’elettorato con un tombale 0,5 per cento. E a casa, non in Parlamento, così impara.

Calenda-Renzi: un buon 8 (quasi) quasi perfettamente inutile

Non è male il quasi otto per cento preso alle elezioni dal Terzo Polo (in realtà quarto) di Calenda-Renzi. Solo che è quasi perfettamente inutile, di fatto è un voto di testimonianza, testimonianza che il riformismo progressista e liberale in Italia al 10 per cento neanche ci arriva.

Come eravamo

Per misurare occorre conoscere le dimensioni precedenti al misurare. Fratelli d’Italia quattro anni fa raccolse il 4,35%. Ora ha il 26 per cento. Pd aveva allora il 18,8. Ora ha il 19 scarso. Lega aveva 17 per cento. Ora ha il 9. M5S aveva il 33 per cento. Ora ha il 15. Forza Italia aveva il 14 per cento. Ora ha quasi l’otto. C’ è un vincitore tra i perdenti ed è Conte, un perdente tra i vincitori ed è Salvini. Un sopravvissuto anche a questa ed è Berlusconi. Uno sconfitto che non poteva vincere ed è Letta. Ci sono due che pareggiano una partita ininfluente per la classifica: Calenda e Renzi. E una regina del voto: Giorgia Meloni. Il problema è che il trono della presidenza del Consiglio è, di fatto, una sedia di Ikea avvitata male.