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Quanto costa un cono gelato?

Quanto costa un cono gelato? Che sia in città o in provincia, ci sono costi fissi e variabili che un buon gelatiere non deve ignorare, pena il dissesto economico della sua attività. Nel 2022 gli aumenti vertiginosi di materie prime ed energia avevano alleggerito le tasche degli imprenditori, senza pesare sul prezzo al pubblico del gelato. Dopo aver provato a resistere, mentre l’estate sembra lontanissima a causa del maltempo, nel 2023 le gelaterie hanno dovuto ritoccare al rialzo i prezzi di coni e coppette. Ma quanto pesa ogni singola voce di costo di questa attività sui nostri coni gelato?

Fatturati (e rincari) in crescita
Secondo i dati diffusi da Sigep il comparto del gelato artigianale italiano ha visto un 2022 da record, con un aumento del 16% del fatturato rispetto al 2021, pari a 2,7 miliardi di euro, ripartito tra gelaterie, pasticcerie e bar con gelato. Nel 2021 si era fermi a 2,3 miliardi. Ma la crescita del fatturato nello scorso anno risentiva già dei rincari all’origine, era stato potenziato dal clima caldo e pesano l’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime. Ciononostante, nell’ultimo anno il numero delle gelaterie in Italia è cresciuto di 139 punti vendita, mentre è calato il numero di bar che offrono anche gelato artigianale. Questi esercizi sono l’ultimo anello di un’articolata filiera, che comprende varie attività tra cui l’industria delle materie prime e degli ingredienti, oltre a quella delle macchine e degli arredi. La leadership italiana nel settore degli ingredienti e dei semilavorati fa leva su 65 imprese e un fatturato pari a 1 miliardo di euro. La filiera italiana – composta da gelaterie, ingredienti, macchine, attrezzature, vetrine – ha generato nel 2022 un fatturato di 3,8 miliardi di euro, impegnando oltre 100.000 persone.

Rispetto al 2022, quest’anno il gelato arriverà a costare fino al 23% in più. Secondo un’analisi Coldiretti condotta su dati dell’Istat, a pesare sui listini è il balzo dei costi per l’energia e le materie prime usate nelle preparazioni, dalle uova (+17%) al latte (+21%) fino allo zucchero (+54%) di cui l’Italia è fortemente deficitaria. A condizionare questi incrementi è anche la guerra in Ucraina.

I conti dietro coni e coppette
Nicolò Patrick Borelli ha 37 anni e un passato nella finanza alle spalle. Dopo aver lavorato nel marketing e nel mondo della consulenza fiscale, stanco di trascorrere sette giorni su sette in ufficio, il burn out a un passo, risponde il richiamo dell’attività di famiglia. Borelli torna a Stradella, in provincia di Pavia e prende le redini della gelateria artigianale di famiglia, Sibille. Inizia a studiare con Gianpaolo Valli, docente della Carpigiani Gelato University, che aveva a sua volta istruito sua madre. Da lì riscrive tutto il ricettario di famiglia per ridare un nuovo significato al progetto. Crea una catena, mettendo al centro del progetto il cognome di famiglia. Nasce così Borelli, impresa che oggi comprende tre punti vendita. «Abbiamo studiato ricette senza lattosio, adatte a una clientela vegana, aggiungendo anche ricette senza zuccheri aggiunti, che permettono di avere un carico glicemico fino a dieci volte inferiore al gelato tradizionale». Oggi Borelli è docente del corso online su Conto economico e controllo di gestione di Carpigiani Gelato University. Per lui un cono gelato di alta qualità non può costare meno di 2,50 euro Iva inclusa (che è pari al 10% del prezzo).

Nicolò Patrick Borelli

Questo prezzo – che può anche arrivare a 3 euro – è composto da costi fissi, costi variabili e utile. Nei costi variabili rientrano il food cost e gli accessori (cucchiaini, spatole, vaschette, coppette, ecc.). Questa voce di costo dovrebbe incidere in media per il 20% e mai superare il 30%. Durante l’ultimo anno l’aumento dei prezzi delle materie prime e l’obbligo di avere materiali compostabili ha pesato sul conto economico delle attività. «Dunque considerato un fatturato di 100 mila euro l’anno, se una gelateria supera i 30 mila euro per food cost e accessori non avrà abbastanza margine per coprire i costi che un gelatiere deve affrontare e spesso dimentica». Si può livellare il food cost, selezionando accuratamente prodotti e fornitori. Se produrre un chilo di gelato costa in media tra i 4 e i 5 euro, 50 centesimi di questi costi variabili finiscono sul cono. Poi c’è l’energia. Prima non se ne parlava mai, ora invece non è raro interpellare il proprio fornitore per chiedere il prezzo del kW e bloccarlo per non avere brutte sorprese in bolletta.

Poi ci sono i costi fissi. Il personale ha un peso importante sul conto economico di una gelateria, considerando lo stipendio di dipendenti e banconisti e, soprattutto, la tassazione. «Se si incassano 1.000 euro al giorno, si deve considerare che 200 euro sono da destinare al personale. Quindi il 20-30% del costo di un cono gelato va destinato alla retribuzione del personale. La percentuale resta fissa, anche se può variare il numero di dipendenti, legato al fatturato».

Capitolo affitti. I costi non dovrebbero superare il 10-15%, tetto spesso sforato, specie se si è agli inizi, non si sa trattare con gli agenti immobiliari o si è scelto di lavorare in una grande città. Il marketing e la comunicazione, che tanti sottovalutano, dovrebbero incidere sul prezzo di un cono per circa l’1%. «Bisognerebbe investire circa 500 euro al mese per la stagione estiva fissando obiettivi misurati e misurabili». Da non dimenticare anche i costi di commercialista e consulente del lavoro (tra i 4 mila e i 5 mila euro all’anno), e l’assicurazione. In totale, questi costi incidono per il 5-6% sul prezzo di ogni gelato.

Anche la formazione di un gelatiere va inclusa nel prezzo del cono. «Bisogna continuare a formarsi per non rimanere indietro e per avere prodotti capaci di intercettare nuove nicchie di mercato, dove non c’è concorrenza e si può chiedere un prezzo più alto per aumentare il margine sul fatturato. Prima il gelatiere imparava solo a fare il gelato, mentre ora si sta rendendo sempre più necessaria una formazione di tipo economico, per avere nozioni sui costi e apprendere come estrarre i dati economici che ci dicono come si sta lavorando. Se si considera un corso completo, che può aggirarsi attorno ai 5 mila euro in un arco di 5 anni, questa immobilizzazione immateriale peserà sul costo di un cono per l’1%».

C’è anche da considerare l’investimento iniziale. Anche se fatto una sola volta, ha un peso importante. Fra laboratorio e punto vendita non si scende mai al di sotto dei 100 mila euro e si arriva anche a 200 mila. Per ammortizzare questo investimento ci vogliono circa 5 anni. In quel periodo il costo del cono sarà composto anche da un 6% legato ad attrezzature e impianti.

Considerati tutti questi costi, resta un utile del 25%, che su un cono da 2,5 euro è pari a circa 63 centesimi. Se si considera che circa il 50% serve per pagare le tasse, non restano che 31 centesimi. Parte di questo utile va accantonato per far fronte agli imprevisti come la rottura delle attrezzature.

L’importanza della luxury experience
Quelli ricostruiti con Borelli sono dati medi, che possono variare da città a città, ma anche da città a paese di provincia. Tuttavia, il fatturato medio di una gelateria artigianale risente poco del luogo di apertura della gelateria. «Molte gelaterie artigianali di provincia registrano utili più alti di tante gelaterie di Milano. Infatti, ci sono negozi che non hanno aggiornato i prezzi nonostante gli aumenti per non perdere clientela, quindi fatturano ma senza produrre utile. In provincia i costi fissi, come personale e affitto, incidono meno. Spesso sono imprese familiari che sono proprietarie dei locali e che impiegano solo i componenti del proprio nucleo».

Il fatturato risente anche delle luxury experience, sempre più diffuse nei negozi contemporanei. «L’obiettivo è aumentare il prezzo al cliente. Le ultime statistiche di settore spiegano che rinnovando il proprio locale si ha un aumento di fatturato immediato del 30% senza ritoccare i prezzi. Ciò detto la luxury experience rende più accettabile un prezzo alto perché aumenta la qualità percepita del gelato».