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Terremoto in Molise, Claudio Chiarabba dell'Ingv: "Necessario monitorare con attenzione"

"L'attività sismica è in decadimento, e la situazione si avvia alla normalità: però bisogna monitorare con attenzione ciò che accadrà nei prossimi giorni" rassicura, pur invitando a una ragionevole cautela, Claudio Chiarabba, direttore del dipartimento terremoti dell'Ingv, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

Quali possono essere le cause del terremoto delle 23.52 di ieri, con epicentro a Montagano, in Molise?

"È un terremoto che è avvenuto in una zona di passaggio tra la parte più sismica, la catena appenninica -  e infatti nelle vicinanze c'è stato un terremoto storico molto importante nel 1805 - e una zona invece più esterna in Adriatico. In questa zona di passaggio si verificano dei terremoti di magnitudo anche superiore (ad esempio nel 2002 il terremoto di San Giuliano di Puglia), che avvengono per una cinematica trascorrente, tipica di questa zona. Ovvero lungo la faglia una parte scivola orizzontalmente rispetto all'altra".

L'evento sismico ha avuto una meccanica simile a quello del 2002?

"Sono eventi simili, nel senso che sembrano definire lo stesso tipo di movimenti e lo stesso processo. Nel 2002 le profondità di questi eventi sono state paragonabili, attorno ai 16-20 km di profondità. Questa profondità fa sì che l'energia si propaga in maniera più efficiente anche a distanze maggiori, e le scosse vengono avvertite a distanze maggiori di quanto sarebbe accaduto se fosse avvenuto più in superficie. Più l'evento è profondo, più la propagazione diventa efficiente a maggiori distanze. Per cui anche i risentimenti possono diventare maggiori a distanze più grandi. Con dei limiti: se l'evento fosse estremamente profondo, allora sarebbe assorbito pressoché tutto dalla propagazione verticale. Ma non è stato questo il caso".

Cosa si intende per meccanismo trascorrente?

"Nel terremoto di tipo di trascorrente la faglia è verticale, o subverticale, e c'è un movimento principalmente orizzontale tra i due lati. Il classico esempio è la faglia di San Andreas in California, in cui una placca scivola lateralmente rispetto all'altra".

Questo terremoto è in qualche modo un'eredità di quello del 2002?

"No, la distanza nel tempo e anche nello spazio - ci sono diversi chilometri di sfasamento laterale -  è significativa, per cui non credo a una relazione diretta tra i due. Sono eventi simili, come dicevo, ma non direi che sono collegati".

Si possono escludere ulteriori scosse, magari di magnitudo maggiore?

"In questi casi la prima considerazione da fare è che il terremoto di ieri non è quello che ha raggiunto la magnitudo massima in quella zona: lì sono avvenuti eventi come quello del 2002. Quello a cui assistiamo ora è una sequenza di aftershock, di repliche che sono di magnitudo inferiore e che definiscono un decadimento normale di questa attività legata all'evento di ieri. Per cui non ci sono particolari indizi che l'attività sia diversa e che si verifichi una ripresa più forte. Però sappiamo sempre bene che le faglie interagiscono tra di loro, e a volte c'è la possibilità che un evento di magnitudo paragonabile o maggiore possa accadere".

Lei parlava delle repliche di magnitudo inferiore (avvenute all'1.53 e alle 6.43, con magnitudo da 2 a 2,4 gradi). Cosa ci indicano?

Sono repliche di magnitudo molto inferiore. Solitamente c'è un tipo di distribuzione di queste repliche nello spazio e nel tempo in funzione della magnitudo. Non sono sempre decrescenti in maniera perfetta, però di solito seguono una distribuzione che mostra un decadimento esponenziale dell'attività, che è il decadimento a cui stiamo assistendo in queste ore. Però è ancora presto per capire se invece la sequenza dovesse rianimarsi in maniera differente da quello che vediamo adesso, che sembra un normale decadimento".

Quindi gli indizi sono di un ritorno alla normalità almeno nell'immediato?

"Nell'immediato la sequenza sismica sta seguendo questo schema di progressivo decadimento. Monitorandola continuamente vedremo come evolverà nelle prossime ore e giorni".

L'energia liberata dalla scossa delle 23.52 di ieri potrebbe attivare faglie vicine?

"C'è sempre una possibilità che questo avvenga e che l'energia liberata possa aver caricato strutture adiacente. O potremmo anche vederla all'inverso: ovvero può esserci un livello di carico regionale su una zona più ampia e quello di ieri potrebbe essere il primo di una serie di altri eventi. Queste possibilità ci sono sempre ed è questa la difficoltà di riuscire a capire come evolvono poi le sequenze, e sviluppare scenari di previsione".