Per l’avvocato il Tribunale ha basato il verdetto sulla relazione dei periti del giudice, che hanno concluso «per la piena capacità di intendere e di volere dell’imputato» pur ritenendo che Said «presentasse effettivamente dei disturbi della personalità». La sentenza non avrebbe tenuto in adeguata considerazione quanto, invece, affermato dal consulente della difesa, che concludeva «per la sussistenza di una infermità psichica inquadrata come disturbo paranoide della personalità, di intensità tale da determinare un vizio parziale di mente con alterazione significativa della capacità di intendere e di volere». Nel ricorso si evidenzia come Said, fin dal giorno del suo arresto - e prima ancora di consultarsi con un avvocato -, ha raccontato di sentire delle «voci».
Inoltre, molte testimonianze convergono su «un deterioramento delle condizioni psicologiche» di Mechaquat. «Dal quadro complessivo - si legge nel documento -, che dimostra un deterioramento progressivo delle capacità cognitive dell’imputato iniziato ormai da alcuni anni, deve ritenersi che il giudizio di piena capacità di intendere e di volere sia lacunoso e difettoso e debba essere rivisto, eventualmente anche attraverso l’acquisizione del materiale documentale, ovvero di nuova perizia psichiatrica».